Heaven pt.1 ~ Suho

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Era uno schifoso martedì di Settembre e la mia vita era la solita noiosa routine da quando ero stato messo in prigione per trasporto di sostanze illecite.

In poche parole mi avevano trovato con della droga addosso. Il bello, però, era che quella non era nemmeno mia.

Mi ero fatto una dose da bravo idiota, la mia prima e ultima volta.

Senza che me ne accorgessi qualcuno aveva messo la sostanza nella tasca del mio giubbotto.

Sfortuna e gente di merda si combinarono, facendo in modo che la polizia mi beccasse con quella dose che bastava per farmi mettere in prigione per ben 3 anni.

E da quel momento la mia vita finì:
dissi addio alla carriera da cantante che sognavo, salutai qualsiasi probabilità di diventare un famoso idol e, cosa più importante, mi marchiai a vita.

Ragazzo di 23 anni beccato con della droga mentre era mezzo fatto: chi si sarebbe mai avvicinato ad una persona del genere?

La mia famiglia mi aveva abbandonato ed ero rimasto solo.
Se mi avevano lasciato loro, le persone che mi avevano cresciuto, chi mi avrebbe mai voluto?

In un certo senso li capivo perché mi avevano cresciuto ed io avevo sbagliato.

Essere soli, era veramente una merda: porta a pensare e ad inoltrarsi nella parte più inconscia di te.

In pratica ero diventato un fottuto complessato.

In seguito agli anni infernali passati in una cella di 2 metri quadri con persone totalmente sconosciute e decisamente più violente di me, uscii totalmente devastato.

Non sapevo più chi ero, cosa volevo e potevo avere dalla vita, e chi si ricordasse di me.

Il vecchio Suho era sparito, facendo spazio ad una insulsa ameba che ormai rispondeva al richiamo "2567".

Quello era il mio numero e tutto quello che ero diventato.

In cella mi ero fatto un amico: Sehun.
Un ragazzo molto più innocente di me considerando che arrivò al mio ultimo anno e rimase lì per quella durata.

Era stato rinchiuso per una rissa in un bar: aveva picchiato un gruppo di 3 ragazzi che stavano molestando la sua ragazza.

Accecato dalla rabbia aveva reagito senza pensarci due volte e li aveva gonfiati di botte. Aveva ragione nel suo caso, ma ebbe lo stesso una punizione.

Poi la sua ragazza, una vera e propria stronza, lo lasció. Cosa aveva provocato in lui questo?

Un terribile pessimismo nei confronti della vita, il quale mi aveva avvicinato a lui.

Questo ragazzo mi aveva ancorato alla mia vita passata continuando a chiamarmi Suho nonostante tutti mi appellassero con il numero di riconoscimento.

Lì facevano tutti così.

Entrambi fummo rilasciati lo stesso giorno e inseriti in un programma che prevedeva il vivere in una casa comune ad altra gente sfortunata quanto noi: senzatetto, emigrati, mentalmente disturbati, persone licenziate, persone che il governo voleva tenere nascosti, e infine i carcerati meno violenti.

Avremmo dovuto vivere lì finché la società non avrebbe deciso che eravamo in grado di essere integrati come prima: questo probabilmente significava un anno in una nuova cella più lussuosa.

Erano, infatti, passati sei mesi da quando eravamo arrivati in quella casa comunitaria e, secondo la direttrice Anne, ci sarebbero voluti minimo altri sei mesi per finire tutto.

In quel nuvoloso martedì di Settembre in cui ero seduto sulla sedia a dondolo in giardino con la musica nelle cuffie, qualcosa cambiò.

Ero ad occhi chiusi quando sentii un corpo sedersi accanto a me, fermando il dondolio che mi stava cullando.

Exo ~ One shotDove le storie prendono vita. Scoprilo ora