"Buon compleanno" pt. 1

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Apro il mio borsone nero e dentro ci butto: delle mutande, lo spazzolino, dei vestiti sportivi, le scarpe e tutto l'occorrente che possa servirmi per domani mattina, in più gli metto anche il pigiama. A Mike gli è venuta la fantastica idea di dormire fuori per questa sera, nella sua casa di campagna.

Chiudo il borsone e lo metto sulla mia spalla, esco dalla stanza stando attenta a non fare rumore e scendo le scale. Sono mezzanotte e non ho intenzione di svegliare i miei genitori, è la prima volta che faccio una pazzia del genere, di solito non sono quel genere di figlia che "scappa la notte per poter dormire con un ragazzo", ma adesso le cose stanno cambiando. Chiudo anche la porta di casa mia alle mie spalle e raggiungo Mike dentro la macchina. «Buon compleanno». Dice allungandosi verso di me e dandomi un bacio sulla guancia.

Nel frattempo l'odore di acquolina invade le mie radici e mi sale fino al cervello provocandomi dei brividi in tutto il corpo.

Si è ricorda del mio compleanno, credo che l'abbia fatto apposta ad invitarmi, spero che non abbia qualcosa di strano in mente. «Grazie mille». Rispondo guardandolo con mezzo sorriso.

Poso il borsone nei sedili posteriori e ci incamminiamo con la macchina verso la sua campagna. Non ci sono mai stata e sinceramente non volevo nemmeno andarci, è stato lui ad insistere così alla fine ho ceduto.

Come si può resistere a due occhi azzurri come i suoi?

Metto la cintura e comincio a fissarlo, guardo le sue ciglia bionde, i suoi occhi puntati fissi sulla strada e seguo con gli occhi le sue braccia e infine le sue mani che sono strette sul manubrio. «Hai detto a tuoi fratello di dire hai tuoi che sei uscita prima per andare da Reese?». Mi chiede voltandosi verso di me.

Volto subito il mio viso da un altro lato e sento il calore sul mio viso, le mie guance stanno diventando rosse per l'imbarazzo, questo mi succede ogni volta che lo guardo troppo.

Per riuscire a trovare una scusa Mike gli dirà domani mattina ai miei genitori che non ci sono perché sono uscita prima di casa, questa è la scusa che abbiamo inventato. «Certo che l'ho fatto, lui però mi ha anche fatto l'interrogatorio, non era molto convinto di lasciarmi andare con te dentro una casa, da soli». Dico evidenziando di più le ultime due parole.

Owen è l'incoerenza in persona. Prima cerca di farmi stare con Mike, mi fa dormire con lui dentro una tenda e fa battutacce, poi però ad un tratto diventa un fratello geloso. «Non ti sto portando lì per scoparti». Dice ridendo.

Beh, non lo deve dire a me, ma a mio fratello che si fa strane idee in testa.

Guardo fuori il finestrino e noto che siamo arrivati in una zona poco abitata, svolta a destra immettendosi in una stradina non asfaltata e poco illuminata. Dopo dieci metri circa con gli abbaglianti della macchina riesco a vedere una piccola casa alla fine della strada. Si accosta la davanti e scende dalla macchina. Lo seguo, prendo il borsone ed entriamo dentro, non appena varco la porta sento un po' di freddo. Lui accende la luce così mi guardo attorno ispezionandola lentamente con gli occhi: c'è una cucina bianca fatta di legno, un divano al centro della stanza, una televisione di fronte ad esso, un piccolo tavolo con delle sedie dello stesso colore della cucina e delle finestre. Non è molto arredata. Le pareti sono colorate di arancione e il pavimento è in parquet. Ci sono anche due porte chiuse. «Quindi questa casa la condividi con Reese?». Gli chiedo curiosa.

Ieri quando mi ha chiesto di venire qua mi ha anche detto che questa casa è loro. «Si, è da un anno che è nostra». Dice buttando il borsone sul divano.

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