Prologo

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Questa opera è tutelata dal copyright, quindi VIETO e SCONSIGLIO la sua riproduzione TOTALE o PARZIALE ai fini di salvaguardare voi stessi. Testo e personaggi non possono essere copiati in alcun modo! Il plagio verrà punito penalmente.


Prima di lasciarvi alla lettura vorrei spendere alcune parole. La storia è stata completata, di conseguenza è in fase di revisione. Questo significa che man mano i capitoli verranno corretti e potranno subire qualche cambiamento.

A chi sta leggendo queste righe e deve ancora cominciare, spero che il mio racconto vi possa piacere, e sarei felice di ricevere le vostre opinioni, positive o negative che siano.

Vi auguro una buona lettura :*

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Dedicato a coloro che hanno toccato il fondo, che hanno sofferto e che non hanno mai smesso di lottare, di vedere la luce.

Dedicato a tutti coloro che non si credono speciali, ma che in realtà risultano essere le persone migliori.

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Prologo

La neve imbiancava il giardino e il mondo fuori dalla finestra era avvolto in una coltre scintillante. Il cielo di gennaio, era di un grigio plumbeo e la temperatura sotto lo zero.

Dovevo sbrigarmi. Avevo un'ora di tempo prima che lui facesse ritorno. Svuotai lo zaino dai libri ed infilai le poche cose che possedevo: due paia di jeans, due felpe ed alcune magliette. Mutandine e reggiseni, calzini ed una spazzola. Avevo ancora le guance rigate dalle lacrime e dovevo continuare a spostare il peso da un piede all'altro per tenere a bada il dolore ai reni, causato dalle violente percosse ricevute pochi minuti prima. In bagno, mi spogliai degli abiti sporchi e, nuda, mi guardai allo specchio: avevo le costole sporgenti e, le occhiaie nere, davano al mio viso un aspetto spiritato. Mi toccai i lividi sul petto e sul polso.

"Ti odio!" sibilai con voce tremante. "Una figlia non merita questa umiliazione!"

Piangevo mentre mi rivestivo, poi tornata in camera, recuperai da sotto il materasso, la busta con i soldi che avevo sottratto dal suo portafoglio. Mi ero tanto odiata per quel furto, e sapevo che era sbagliato, ma non avevo altra scelta; ormai era troppo tardi per tornare indietro.

Non potevo continuare a restare in quella casa e farmi maltrattare così. Mi ero convinta che, se fossi rimasta, avrei perso il lume della ragione.

Chiusi con forza la porta alle mie spalle e scappai via, a testa bassa, ignorando il vento gelido, animata da un senso di smarrimento, libertà e terrore. Avevo ripassato la scena mentalmente un migliaio di volte e procedevo spedita. Mi restava poco più di mezz'ora, poi Igor sarebbe rincasato, cercandomi invano in tutte le stanze e, non trovandomi, avrebbe iniziato subito a darmi la caccia.

Dieci minuti dopo raggiunsi la stazione, acquistai il biglietto e salii sul treno. Mi asciugai le lacrime con il dorso della mano, avanzai nel corridoio e scelsi un posto vuoto vicino al finestrino. Sull'altro lato c'era una coppia giovane, abbracciata stretta, entrambi con le cuffie alle orecchie. Dondolavano su e giù al ritmo della musica.

Allungai il collo per guardare fuori e, dopo troppo tempo, un piccolo sorriso mi incurvò le labbra. Mi sembrava di sognare, la città si stava dissolvendo in lontananza, grigia e fredda.

Non lasciarmi cadereDove le storie prendono vita. Scoprilo ora