Why?!

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Le sue urla squarciavano l'aria, ma nessuno poteva sentirlo, continuò a distruggere le cortecce degli alberi e le sue nocche, correva cercando di sfogarsi, sbraitava, si dimenava, urlava al celo, mentre gli stormi fuggivano, calciava i rami, e li calpestava con forza e irritazione, ansimava per lo sforzo, mentre il Nero(il lupo.)
Ringhiava e abbaiava verso di lui, il suo pelo si mimetizzava nel buio, mentre i suoi occhi sembravano piccoli fasci di luce in quell'oscurità.
Il sottobosco, era completamente rovinato, in alcuni punti, l'erba il muschio i fiori erano stati sradicati con forza, lasciando piccoli fossi tutt'intorno.
E sbraitava, strizzava gli occhi, la sua gola bruciava ma non smise, aveva la lingua secca e ardeva, mentre lui si sforzava, si mise le mani nei capelli e li tirò con forza, si diede pugni alle ginocchia, alle braccia, sulla nuca, qualsiasi cosa era diventata il suo bersaglio.
Si trovava patetico.
Chi non lo sarebbe stato in quelle situazioni?
Aveva avuto una vita di merda e ci aveva trascinato affondo anche gli altri.
Odiava tutto e tutti, vivi e morti, oggetti e persone, animali o piante.
Ma più di tutto odiava se stesso.
L'essere così patetico, l'essere così inutile da non saper far altro che uccidere.
In torno a lui si era formato un enorme cerchio, dove l'erba era inesistente, si accasciò a terra, e iniziò a scavare, non c'era niente da trovare, ma lui scavava, sentiva le piccole pietre infiltrarsi tra le sue falangi conficcandosi con forza,sradicava le radici degli alberi che un tempo erano piantati lì.
Batteva a pugni chiusi le mani al terreno, cercava conforto.
Non l'avrebbe avuto.
Non lo meritava.
E con questi pensieri continuò, a scavare, ormai i suoi vestiti erano completamente sporchi di fango e erbaccia.
Smise dopo un ora.
La luna era ancora in cielo che lo fissava, mentre le stelle se ne stavano lì ad osservare il suo essere patetico, mentre il Bianco(il lupo.)vegliava sulla casa e sull'ospite.
E il Nero, accovacciato sotto un albero rimaneva immobile, aspettando che il ragazzo si alzasse.
Il vento solleccitava gli alberi e le sue foglie, emanando fruscii e spezzando qualche ramo troppo debole.
Il ragazzo sporco di fango si alzò, con lui anche il guardiano sotto l'albero poco distante.
Aveva la testa bassa, e camminava, camminava e basta sensa una vera direzione, cadendo ogni 2 minuti inciampando su pietre o radici.
I capelli gli ondeggiavano da una parte all'altra, mentre lui barcollava.
Si ritrovò dietro una casa, una casa che quasi cadeva a pezzi.
Alzò lo sguardo e iniziò a parlare da solo.
-AHH GIUSTO TU SEI LA MIA CASA, LA MIA UNICA E SOLA FOTTUTA CASA.- lo stava gridando, ma la sua voce non era per niente minacciosa anzi, sembrava sul punto di una crisi nervosa.

Per un attimo il suo cervello gli giocò un brutto scherzo, e vide un uomo dai capelli corvini e la pelle candida affacciarsi sulla finestra del bagno,gridandogli minacchioso di smettere di urlare come un pazzo e di entrare in casa.
Il suo sogno finì subito, e si resse ad un albero lì vicino per non cadere, le sue gambe tremavano e di lì a poco avrebbero cedute.
Parlò di nuovo,non gridava,stavolta mormorava.

-Perchè devo essere cosi...? Eh?
Perchè lui è in quelle condizioni...?
Perchè non ci sono io al posto suo?
Perchè l'ho fatto soffrire così tanto?-

Il suo viso rivolto verso l'alto, i capelli tirati indietro, gli occhi verdi fissavano il nulla, mentre il suo viso era il viso, di uno che stava per soccombere.
Lo stava chiedendo alla luna, la sua risposta fù il silenzio assoluto.
In quel momento tutto stava tacendo, persino il rumore del vento, o quello delle foglie, o degli animali notturni.
Si sentì solo un ululato, e dopo di questo ce ne fù uno proveniente dalla casa.
Fece il giro della struttura ed entrò, non tolse i vestiti e salì le scale, all ultimo gradino, sfilò le Marlboro dalla tasca, ne prese una dal pacchetto sporco e accartocciato.
Aprì la porta, e tutto era come lo aveva lasciato.
Odiava quella cosa, sperava che il ragazzo disteso sul letto fingesse di stare male, di stare in coma,e che quando lui si assentava lui ripuliva la camera, perchè vederla sporca lo irritava.
E che tutto fosse un gioco.
Fosse tutta una farsa, automaticamente chiuse la porta, con il lupo alle calcagna, e si rimise al solito angolo della stanza.
Come sempre.
Prese il suo solito accendino, poi il suo solito posacenere a forma di cocco, e fece tutto ciò che prima di incontrare quel ragazzo faceva.
Ovvero fumare più che poteva fino a sentirsi vuoto.

Sono Un Mostro. [Ereri/Riren.]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora