L'ODORE DI QUEL RAGAZZO

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Qualche goccia di pioggia solitaria sfuggì ad una nuvola, colpendo Tori in pieno volto e mescolandosi alle sue lacrime.
Il dolore nel petto che provava l'avrebbe probabilmente uccisa se non ci fosse stato Ryan a stringerla. Non disse niente, si limitò a fare l'unica cosa di cui Tori aveva bisogno, proteggerla.
Il calore emanato dai loro corpi stava lentamente sciogliendo la barriera di ghiaccio che ricopriva il suo cuore.

Stavo ascoltando il mio respiro, ormai regolare, quando Ryan si staccò da me, distogliendomi dai miei pensieri. Piccole goccioline di pioggia erano intrappolate nei suoi capelli spettinati del colore della terra. Non mi ero nemmeno resa conto che avesse iniziato a diluviare.
In lontananza il mare in burrasca. Chissà, forse l'oceano stava soffrendo per me. Forse stava lottando per salvarmi. Dopotutto noi esseri umani siamo parte di lui, quando piangiamo, piangiamo la sua acqua salata. Siamo fatti della stessa sostanza. Risi amaramente a quel pensiero.
Ryan, di fronte a me, mi stava guardando così intensamente che pensavo che se avessi fatto un passo avanti sarei affondata nell'azzurro dei suoi occhi.

Sentii in lontananza dei passi veloci, regolari, che lentamente si avvicinavano. Mi voltai di scatto, trovandomi davanti Alexander. Il suo occhio sinistro era nero, le nocche spaccate. Un senso di vomito prese il sopravvento per qualche secondo.

"Cazzo Tori, stai bene? Ti...ti ho cercata ovunque...io,io".Si fermò appoggiando i palmi sulle ginocchia per riprendere fiato.

"Portami a casa." fu tutto ciò che riuscii a rispondere a mio fratello. La voce rotta quasi impercettibile.

Tori si sedette sul letto con una calda tazza di the ai frutti di bosco tra le piccole mani tremanti. La sua pelle era ancora impregnata dell'odore di quel ragazzo, quel fottuto ragazzo, che in pochissimo tempo era riuscito a sconvolgere tutto il suo piccolo mondo.

Un leggero bussare alla porta annunciò l'arrivo di mio fratello, che entrò a passo svelto chiudendosi la bianca porta alle spalle. Mi guardò di sottecchi, aspettando un qualche segno da parte mia ad invitarlo ad accomodarsi.
Mi scostai svogliata per fargli spazio sul letto, e lui si precipitò accanto a me. Tenni lo sguardo fisso sul pavimento, sentendo i suoi grandi occhi grigi scrutarmi con attenzione.

"Tori...porca puttana, io non sono bravo in queste cose." imprecò sottovoce strofinandosi le mani con fare nervoso.

Lo guardai. I suoi occhi avevano assunto una tonalità più scura, simile al mare in pieno inverno, segno che era di cattivo umore. Provai pena per lui in quel momento, ma poi mi ricordai tutto ciò che mi aveva fatto, e assunsi quindi un'espressione severa. Lo cacciai sgarbatamente dalla camera, sentendo le lacrime salate bruciarmi in gola.
No, non potevo piangere ancora. Presi dal comodino le chiavi di casa e iniziai a scendere frettolosamente le scale, con le lacrime che minacciavano di uscire.
La porta di casa sbatté violentemente alle mie spalle, ma non me ne curai più di tanto. Mi fermai, appoggiata allo stipite, ascoltando il rumore della pioggia e guardando l'orizzonte, dove il sole sarebbe a momenti tramontato. D'un tratto sentii mio padre urlare, ancora una volta. Decisi per una fottuta volta di non fermarlo. Ero troppo stanca di tutto questo, volevo solo andarmene il più lontano possibile. I miei pensieri e il mio cuore presero il sopravvento sulla ragione, e i piedi iniziarono a muoversi. Passo dopo passo, stavo correndo.

La gelida pioggia non dava segno di cessare, rigando insistentemente le guance di Tori. La ragazza si fermò non appena sentì sotto di sé la piacevole sensazione della fredda  sabbia. Si sedette in tutta fretta, senza curarsi minimamente di sporcarsi i vecchi pantaloncini jeans strappati. Guardò il mare in burrasca.

Le sfumature celesti avevano lasciato posto ad un freddo color ghiaccio mischiato a del grigio.  Qualcuno lo avrebbe trovato tenebroso, ma io lo trovavo fantastico. Appoggiai il mento sulle ginocchia, assaporando ancora una volta il profumo di Ryan, che sembrava non voler abbandonare la mia pelle. Le lacrime iniziarono a scorrere calde al ricordo di quella notte, rigandomi le guance. Quando dovevo piangere, sin da bambina, aspettavo il temporale, per piangere insieme al cielo, e non da sola.
Quella notte la passai immersa nella pioggia dolce, nel mare salato e nelle lacrime amare.

Tornai a casa, ma qualcosa non andava. Mancava la macchina di mio padre, e mio fratello era accovacciato sui freddi gradini di marmo. Un soffio d'aria scostò temporaneamente i suoi capelli, mostrando ciò che cercava disperatamente di nascondere. Stava piangendo.
Lo sorpassai velocemente spalancando la porta e trovandoci solamente...un silenzio di tomba. Non capivo. Iniziai a ispezionare velocemente la casa, ma quando arrivai al bagno il mondo sembrò crollarmi addosso. Le gambe sembravano cedere e mi dovetti afferrare allo stipite della porta. Davanti a me, mia madre. Guardai il suo volto, inespressivo, pieno di lividi ancora caldi. Non potevo crederci. Un senso di vomito prese il sopravvento, ma svanì velocemente, lasciando posto al buio totale.

Col profumo del mareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora