L'ODORE DI TERRA

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Sembravano passati anni da quel momento. La vita si era presa gioco di me, ancora una volta. Tutti lo sapevano, in città, lo leggevo nei loro volti. Ma per una sola volta, non dicevano niente. E ringraziai un milione di volte il cielo per questo. Non volevo parlarne, ne allora ne mai.
Presi a pulirmi la terra che era rimasta sui miei logori jeans scuri, per poi asciugarmi nervosamente le lacrime sedimentate sulle mie guance con la manica della mia felpa. Il cielo minacciava di bagnarmi, quindi presi a camminare verso casa, lasciandomi il cimitero alle spalle.

La fredda matita si muoveva armonica sotto il tocco delle dita di Tori, tracciando linee nette e pure. Il paesaggio stava lentamente prendendo forma. Come colonna sonora le onde del mare, lente e regolari. A quel punto l'oceano aveva assunto una tonalità leggermente aranciata, segno che il tramonto si stava già avvicinando. Quel suo posto, in cima alla scogliera, era senza tempo. E faceva perdere a Tori la sua cognizione.

Un tocco caldo e forte mi provocò forti brividi in tutto il corpo. Sapevo chi fosse, e la mia anima bruciava dalla voglia di vedere il cielo che aveva negli occhi. Mi voltai lentamente, facendo ondeggiare al vento la mia chioma rossa, e trovandomi lui, proprio lui, davanti. Mi immersi nei suoi occhi profondi, e fui quasi certa che anche lui fece lo stesso. Una piccola lacrima salata scappò ai miei occhi, e io tentai invano di fermarla. Ryan la asciugò delicatamente, per poi sedersi accanto a me stringendomi tra le sue braccia.

"Vuoi parlarne Tori?" sussurrò accarezzandomi i lunghi capelli color fuoco.

Scossi la testa energicamente a quella domanda così innocente, ma che era riuscita a pugnalarmi il cuore. No, non volevo parlarne, e mai avrei voluto. Era accaduto, e parlarne non avrebbe sicuramente cambiato le cose. Non l'avrebbe riportata in vita. Presi a guardarmi le piccole sneakers che fasciavano i miei piedi, e i ricordi riaffiorarono alla mente.
Rividi il suo volto inespressivo, il cappio stretto intorno al collo, i piedi che non toccavano terra, la pelle ormai grigiastra, le guance incolori che ancora mostravano quei maledetti lividi. Il suicidio. Cosa c'è di più tragico e sincero? Si passa la vita all'inferno sperando di trovare il paradiso dopo la morte. Un folle desiderio di riprendere il controllo di sé stessi decidendo quando e come porre fine a tutto.
Non potei giudicarla per questo. Perché il medesimo pensiero balenò più volte anche nella mia di mente, ma non ebbi mai il coraggio di compiere un gesto così estremo. La giudicai perché ci aveva abbandonato per sempre, lasciandoci soli con quel mostro. La odiai non appena scoprii cosa aveva fatto, ma quell'odio si stava lentamente dissolvendo.

Ryan si alzò, mostrando inconsapevole gli addominali fasciati in quella sua maglietta di cotone azzurra. Rimasi incantata per qualche secondo, riprendendomi giusto prima che il suo sguardo si posasse sulla mia esile figura porgendomi la sua mano.

"Un tatuaggio eh?" scherzai malinconica asciugandomi le guance bagnate e accettando la sua mano.

"Vecchia storia." Sollevò il braccio mostrandomi una piccola e raffinata ancora sollevata da una sirena. Era bellissimo.

"Hai voglia di parlarne?" chiesi proprio come lui aveva chiesto a me.

Non disse niente, ma notai i suoi occhi velati dalle lacrime assumere una tonalità grigiastra. Mi incupii sapendo di essere stata io a far riaffiorare quegli amari ricordi.
Guardai il tramonto, ascoltando il soave rumore delle onde infrangersi sugli scogli. Non seppi come, ma mi ritrovai la sua mano nella mia, calda e confortevole. Lo guardai, stavamo entrambi piangendo, in piedi davanti a quel mondo fatto di acqua, solitudine e libertà. Ci lasciammo travolgere da quel dolce vento, da quella soave musica e da quel paesaggio mozzafiato.

Era notte fonda, ma il sonno non voleva saperne di invaderla. Lo pregò, lo supplicò, tremante, di prendersi tutti quei pensieri che le attanagliavano il cuore per regalarle dei dolci sogni. Ma le sue preghiere non vennero ascoltate quella notte.
Si alzò lentamente, la testa pulsante, per indossare una calda felpa e dei leggings neri. Scese in tutta fretta le scale, trovandosi davanti Thomas. I suoi occhi rossi le scrutarono l'anima, provocandole brividi di disagio sulla schiena. Tori stava sudando freddo.

"Mi fai schifo." sussurrai prima di uscire di casa, le scarpe ancora in mano.

Raggiunsi correndo e piangendo il cimitero, che sembrò accogliermi a braccia aperte. Corsi, buttandomi sulla terra umida, dove lei giaceva. Mi rannicchiai vicino a quella fredda lapide, l'odore di terra che mi invadeva le narici e impregnava la mia pelle. Le lacrime si mischiarono alla rugiada della prima mattina. Cos'ero? Solo una ragazza distrutta dentro, che stava velocemente affondando, unico testimone il cielo notturno, ricoperto di stelle.

Col profumo del mareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora