10 A cena da Hatsy

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Un isolato a nord della piazza del centro di Dullsville si trovava la trattoria “Da Hatsy”,
un caratteristico ristorante anni Cinquanta completo di separé in pvc verde-azzurro e
bianco, un pavimento di piastrelle a scacchi bianche e nere, insegne al neon della Coca-Cola, e un menu di cheeseburger, patatine fritte atomiche, e dei frullati al cioccolato più
grossi in città. Le cameriere indossavano uniformi da ristorante rosse, mentre i camerieri
erano vestiti come i barman anni ’50 che preparavano bibite frizzanti shakerando gelato
e soda. Di tanto in tanto io e Niall frequentavamo questo ristorante dopo la scuola,
quando riuscivamo a scroccare una quantità di spiccioli sufficiente da coprire un ordine
di anelli di cipolla e una mancia mediocre.
Io e Harry giungemmo da Hatsy. Qua e là c’erano alcune famiglie e giovani coppie
sedute ai tavoli per la cena. I calciatori stavano già tracannando birre e mangiando
patatine fritte seduti a due ampi tavoli. Tutti gli occhi si volgevano verso di noi, man
mano che camminavamo attraverso quel pulito, lindo e luminoso ristorante avvolti nella nostra consueta oscurità.
Un improvviso brivido di eccitazione mi attraversò: mi sentivo come un principe
gotico al braccio del suo bel principe gotico, anche se sapevo che gli sguardi erano
suscitati dalla derisione, piuttosto che dall'invidia.
Harry esaminava con attenzione i dischi incorniciati di Bobby Darrin, Ricky
Nelson, e Sandra Dee, troppo preso a studiare il suo nuovo ambiente per sentirsi a
disagio.
Liam e Niall erano seduti da soli ad un tavolo dietro un separé d'angolo.
"Ehi, ragazzi, siamo qui," esclamò Niall.
Io e Harry entrammo nel separé. "Pensavo che vi sareste seduti con il resto della squadra di calcio," sottolineai mentre
prendevamo i menu appoggiati dietro il portatovaglioli d’acciaio.
"Abbiamo pensato che sarebbe stato più intimo se fossimo stati solo noi quattro", disse Niall.
Una cameriera alta, con il corpo a forma di clessidra, i capelli neri pettinati a nido d’ape
e un paio di occhiali bianchi che sembravano gli occhi di un gatto, si avvicinò al nostro
tavolo, masticando rumorosamente un pezzo di gomma da masticare rosa.
"Ciao, il mio nome è Dixie", disse, facendo schioccare la gomma. Estrasse un taccuino
per gli ordini dal suo grembiule bianco. "Cosa vi posso portare?"
"Due frullati alla vaniglia e una porzione di patatine fritte atomiche", disse Liam.
"Per noi lo stesso, ma preferiremmo due frullati al cioccolato, per favore", disse
Harry.
Dixie soffiò una grande bolla di chewing-gum e la fece schioccare con gli incisivi.
Poi si allontanò con andatura seducente verso la cucina. Tutti i ragazzi della cena la
fissavano intontiti, compresi Harry e Liam.
"Quando sarò grande, voglio essere sexy come lei," dissi ad Harry.
"Lo sei già", disse lui, cingendomi con un braccio e stringendomi a sé.
Gli occhi di Harry si illuminarono quando vide il juke-box d'epoca appoggiato su un tavolo. "E’ bellissimo", disse, scorrendo l’elenco di brani degli anni cinquanta. "Ho visto
cose così solo nei film."
Avevo dimenticato che il mio ragazzo aveva trascorso gran parte della sua vita nascosto
in soffitta, lontano dai costumi mondani di noi mortali. Avevo la pelle d'oca nel vederlo
così affascinato dal suo nuovo ambiente, mentre esaminava con interesse l'elenco dei
titoli e degli artisti.
"Elvis è un vero mito", disse, euforico.
Rovistai con la mano nella mia borsa e misi un quarto di dollaro nel jukebox.
Un attimo dopo, le note di "Love Me Tender" cominciarono a diffondersi dagli
altoparlanti.
Harry sorrise con un sorriso dolce e mi strinse la mano. La sua gamba sfiorava la
mia, e io sentivo che, sotto il tavolo, lui batteva gli anfibi a ritmo di musica.
"Cosa avete fatto di recente voi ragazzi?" chiese Liam.
"Siamo andati a caccia di bare", rispose Harry.
Niall e Liam ci guardarono in modo strano.
"Come è nostra abitudine," aggiunsi io, sorridendo.
Liam e Niall risero.
"Allora, come è andata la partita?" Harry chiese a Liam mentre si sistemava il
tovagliolo sulle ginocchia.
"Abbiamo sfondato a calci la rete. Ma solo perché ha giocato Zayn."
"Non è vero," disse Niall protettivo. "Hai segnato anche tu."
"Pensavo che Zayn fosse malato," dissi.
"Beh, è riuscito a mettersi in mostra e a segnare qualche goal. Per quanto mi dispiaccia
ammetterlo, non siamo una squadra vincente senza di lui".
"E’andato a casa?" chiesi.
"No, è là," disse Liam, indicando qualcuno alle mie spalle.
Mi voltai. Zayn era in fondo alla tavola calda, e giocava a flipper.
"Non dovrebbe andarsene in giro di notte," dichiarai.
Niall mi guardò perplesso.
"Lo sto usando come progetto per il compito sulla salute. L'aria della notte non fa bene a
un raffreddore. Scusatemi, tornerò tra un secondo," dissi, uscendo goffamente dal
separé.
Mentre attraversavo la sala, sentivo gli sguardi di tutti addosso, ma non per lo stesso
motivo per cui erano stati a guardare Dixie.
Diedi a Zayn qualche colpetto sulla spalla. "Che ci fai qui?"
La mia nemesi mi guardò e alzò gli occhi al cielo. "Si direbbe che io stia giocando a flipper".
"Sei malato. Non dovresti andare in posti dove puoi prendere altri germi".
"Credimi, con te accanto, ho già preso molte malattie", disse, premendo sul flipper con
gusto.
"Dovresti stare a casa," gli ordinai.
La pallina colpì un ostacolo, facendo illuminare il tavolo da gioco. "Hai lasciato il tuo
mostriciattolo per parlare con me?" chiese. "Sei stato a casa mia due volte. Sto
cominciando a pensare che…"
"Faresti meglio a non pensarci. Hai preso l’aglio?"
"Ho avuto una partita, non un appuntamento", disse, mandando la macchina in tilt.
"Dovresti essere a riposo".
"Parli come mia madre", disse, battendo sul flipper.
"Beh, forse dovresti darle retta".
"Perché, questo significa che lei può dirmi di non vedere Luna? Mia madre ha forse
parlato con te?"
"Lei non approva?" chiesi, curioso.
"Che ne dici?"
"Tua madre questa volta ha proprio ragione. Luna non è il tuo tipo. Hai bisogno di una
ragazza con un diadema, non con un tatuaggio".
"Ma davvero? Luna si veste come te e tu hai cercato di convincermi per anni di non
essere un mutante. Hai mai pensato che non era il tuo abbigliamento a indurre la gente a
pensare che tu fossi un mostriciattolo?"
"Allora, cosa ci vede in lei?" gli domandai.
"Lei è la nuova ragazza, bella e misteriosa. Le stesse cose che ti sono piaciute in Harry."
"E' completamente diverso. Harry mi piace perché è diverso da chiunque altro io
abbia mai incontrato ed è esattamente come me. Invece Luna non è il tuo tipo. È troppo
goth."
"Proprio come qualcuno di nostra conoscenza..."
"Metteresti a rischio la tua popolarità per lei?" Sussurrai con una fitta di gelosia.
Odiavo ammetterlo, ma in fondo mi chiedevo cosa Zayn vedesse in Luna che invece
non vedeva in me.
"Vuoi scherzare? Sarò ancora più popolare per aver conquistato la nuova ragazza goth,
piuttosto che quella vecchia."
Era come se avesse appena conficcato un paletto nel mio cuore.
"Ora lei e Jagger stanno con me tutto il tempo", continuò a dirmi in faccia. "Mi guardano
mentre mi alleno e durante le partite. Sono più popolare che mai, un re sia degli insider
che degli outsider".
"Te lo dico io, tua madre ha proprio ragione questa volta", cercai di metterlo in guardia.
"Beh, mia madre aveva ragione anche su Harry e la sua famiglia?" chiese, facendo
riferimento alle voci dilaganti sparse a Dullsville che gli Styles erano vampiri. "Lei
pensava che fossero strani solo perché erano diversi."
"Lo pensavi anche tu," sostenni.
"Lei diceva che erano vampiri", proseguì, colpendo di nuovo la pallina. "Tutta la città lo
credeva. Soprattutto tu."
"Sei stato tu quello che ha inventato e messo in giro quelle voci. Ma in questo caso,
forse dovresti crederci."
"Che Luna è un vampiro?"
Mi fermai.
Il ristorante divenne silenzioso.
Zayn lasciò che la pallina rimbalzasse sugli ostacoli e riscendesse lungo il flipper.
Proprio in quel momento sentii qualcuno dietro di me. Mi voltai. Jagger, con indosso una T-shirt bianca della Bauhaus mezza strappata e jeans neri, e
Luna, in un miniabito nero e rosa e calze a rete rosa, erano in piedi davanti a me, abbaglianti. Lei era bellissima. Sembrava una fatina gotica, con le braccia pallide e
magre da cui ciondolavano braccialetti di gomma nera, i capelli bianchi come cotone che
le ricadevano lungo le spalle e gli occhi azzurri scintillanti. Entrambi erano in piedi
davanti a me come se fossero pronti a trascinarmi fuori dal ristorante.
"Che ci fai qui?" mi accusò.
All'improvviso, come un Superman gotico, Harry apparve al mio fianco. Non
appena Luna si chinò su di me, Harry si frappose coraggiosamente tra di noi.
"Addio, mostriciattolo", disse Zayn, prendendo Luna per mano. "Andiamocene,
Jagger".
Jagger lanciò ad Harry uno sguardo micidiale, poi seguì la strana coppia verso i
tavoli dove i calciatori snob stavano mangiando.
Mi appoggiai al flipper mentre Zayn si sedeva a capotavola con Luna e Jagger ai suoi
due lati. I calciatori snob si misero a una certa distanza come se i due fratelli rumeni
avessero la rabbia. I giocatori evitarono di incrociarne gli sguardi e mantennero la
conversazione tra di loro.
"Dobbiamo raggiungere la casa sull'albero," sussurrò Harry, "mentre Jagger e Luna
sono ancora qui".
Io e Harry ritornammo velocemente al nostro tavolo e trovammo il nostro ordine
appena servito.
"Che è successo?" chiese Liam.
"Dobbiamo andare", dissi mentre afferravo la borsa.
"Ma ci hanno appena portato da mangiare!" sottolineò il mio migliore amico.
"Niall e io non possiamo bere quattro frullati," osservò Liam.
Lanciai un'occhiataccia a Zayn. La stella del calcio brillava nei suoi riflettori, tornato
dopo un raffreddore per salvare la squadra. Una ragazza su un lato, il suo nuovo amico
dall'altro. La cosa mi disgustava. "Dobbiamo proprio andare-," dissi di nuovo.
"Per colpa di Zayn e di quei ragazzi laggiù, vero?" domandò Niall.
"Sì", dissi, "ma non per il motivo che pensi. Ti prometto che te lo spiegherò più tardi.
Fidati di me".
Harry mise sul tavolo un biglietto da venti e uno da dieci dollari. "Per favore, offro
io."
"E’ la nostra sera fortunata - ora possiamo ordinare degli hamburger", disse Niall
scherzando.
Mi misi a ridere e abbracciai velocemente il mio migliore amico.
Mentre tutti gli occhi erano incollati su Dixie mentre prendeva l'ordine di Jagger e di
Luna, io e Harry uscimmo furtivamente dal locale e, dopo aver superato il carro
funebre di Jagger, entrammo sulla Mercedes.
"Faremmo meglio a sbrigarci", dissi mentre ci lanciavamo attraverso il cortile della casa di Henry.
Io e Harry non sapevamo quanto tempo avremmo avuto a disposizione per
rimuovere le bare prima che Jagger e Luna tornassero.
Mi arrampicai su per la scala che conduceva alla casa sull'albero e Harry mi
raggiunse al suo interno. Quando aprii la tenda nera, ci apparvero le due bare disposte
esattamente come le avevamo viste giorni prima.
Harry si mise in piedi dietro la bara di Jagger. Poi cominciò a spingerla con tutte le
sue forze.
Ma il letto di Jagger non si mosse di un centimetro.
"Cosa c’è che non va?" chiesi.
"E' bloccata."
"C'è qualcosa dentro? Forse un cadavere?"
"Dovrebbero esserci centinaia di cadaveri. Questa cosa pesa una tonnellata".
Harry sollevò il coperchio. Tutto ciò che conteneva al suo interno erano una
sgualcita coperta nera e un cuscino bianco.
Richiuse il coperchio e cercò di nuovo di spostarla.
"Forse è ancorata a qualcosa."
Mi chinai sul lato opposto, e insieme provammo a spingere e a tirare con tutte le nostre
forze.
Ma la bara non si mosse.
"Proviamo con quella di Luna", disse Harry, scostando dal suo viso alcuni ciuffi di
capelli scuri.
Io afferrai un’estremità della bara rosa pallido e Harry prese l'altra. Ma non
riuscimmo a sollevare da terra la bara di Luna.
Io e Harry cercammo nel rifugio qualcosa da usare come leva.
"Guarda un po’ qua", dissi, indicando alcuni chiodi che giacevano accanto al borsone da
viaggio di Jagger.
"Quando penso che abbiamo pensato a tutto, così deve averlo fatto anche Jagger," disse
Harry, frustrato.
"Io non ho nessun attrezzo con me," dissi.
"Penso che lui contasse proprio su questo," osservò Harry, appoggiando una mano
sulla mia spalla.
Proprio in quel momento sentimmo il rumore di una macchina che risaliva la strada.
Io e Harry fuggimmo subito dalla casa sull'albero, non appena i fari del carro
funebre di Jagger illuminarono il vialetto.
"Ho sentito parlare di inchiodare il coperchio di una bara per chiuderla, ma mai di
inchiodarla tutta!" dissi, mentre fuggivamo via veloci.

ᴠᴀᴍᴘɪʀɪ ɪɴ ᴄɪᴛᴛà. Larry Stylinson Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora