Capitolo Cinque- Tristezza

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Cos'erano i sensi di colpa?
Aveva sempre pensato che il sentirsi male per qualcosa che si è fatto fosse impossibile, insomma, se sai che una cosa è sbagliata non la fai, no?
È elementare, a forza di manganellate sulle mani lo si sapeva fin da piccoli, inoltre era impossibile negare la realtà una volta sgamati.

Aveva preso la cosa con leggerezza, invece.
Non funzionava per nulla come aveva sempre pensato, forse il suo comportamento apparentemente pacato e 'da bravo ragazzo' non è che gli avesse fatto passare chissà quali guai di cui pentirsi o peggio, sentirsi in colpa.
Si, perché c'era differenza persino tra il pentimento ed il sentimento di colpa.
Lo capì quando, appoggiandosi col gomito contro il finestrino del bus,vide nel riflesso del vetro passare Onice.
Alzò automaticamente la testa e si voltò verso di lei, guardandola dal basso all'alto.
Ironico, era esattamente quella la sensazione che sentiva in quell'istante ed atmosfera, con l'immagine di lui nella merda e lei che lo guardava dall'alto del Paradiso,facendo girare le chiavi dell'Inferno e del Cielo tra le dita e con uno sguardo di puro gelo.

Sentì il sangue smettere di scogliergli nelle vene, tanto un essere vile e schifoso come lui non aveva bisogno affatto che passasse per il cervello, le parole morigli in gola e la colonna vertebrale piegarsi in due dai brividi.

La cosa peggiore fu, invece, il modo apatico e fermo con cui la ragazzina rimase ferma davanti a lui in quel nano-secondo, anche se poté giurare che in realtà fosse un secolo, a guardarlo senza la minima espressione o reazione.
Sembrava un robot dalle pile scariche, una crisalide priva di farfalla, una statua di cera, di quelle affascinanti ed inquietanti.

-Ciao.-
Quelle parole, quel movimento lento di labbra, fu come ricevere un pugno nello stomaco, parlò con un filino di voce, tanto basso che poté giurare di aver sentitò persino il battere della sua lingua contro il metallo della macchinetta ai denti.

Praticamente si sentì come merda secca pestata per strada, Onice si era dimostrata superiore con quel gesto, lui avrebbe continuato a tenere il muso in eterno, come con Marzia e Leo, invece quella ragazzina era riuscita a farlo sentire più schifo si quanto già a principio non si sentisse.
Rimase con la bocca semiaperta a guardarla andare in fondo a sedersi, come se non meritassero di respirare la stessa aria.
Effettivamente si, non se lo meritava, Simone era consapevole del fatto di essere in torto, per una volta.
Ma ugualmente non voleva ammetterlo a se stesso, ovviamente.
Troppo orgoglioso e stupido.

Era sempre stato bravo a criticare gli altri, era un'arte per lui.
Credeva di aiutare, così, non di essere un eroe, ma comunque di dare una mano a chi potrebbe fare di più.
La perfezione non esisteva e lui lo sapeva, quindi avrebbe sempre e comunque avuto da ridire su tutto e tutti, non sarebbe mai rimasto senza lavoro, no?
Eppure, aveva sempre criticato e sparato insulti su ogni cosa così tanto che, soltanto adesso, aveva realizzato che non aveva mai parlato con una persona.
Se stesso.

Ebbene, esisteva pure l'autocritica, ma non l'aveva presa mai in considerazione.
Non si credeva superiore, non era perfetto, al contrario, non aveva nulla di buono.
Ma aveva mai fatto qualcosa per cambiare, per migliorarsi, quello che secondo lui era lo scopo delle critiche?
No, mai.
Si era sempre considerato inutile ed orribile come persona, perché lo era, ma non aveva mai provato effettivamente a cambiare la sua situazione.
Era triste, per così tanto tempo aveva sempre pensato solo a muovere le labbra contro gli altri, senza mai riflettere su di se.
E, per quanto tutti gliel'avessero fatto notare, non se n'era mai reso conto.
C'erano voluti i sensi di colpa per fargli aprire un minimo la mente, invece si tenerla chiusa e sbarrata come le gambe di una suora di clausura.
Lui era triste, avrebbe fatto pena persino al barbone dietro il supermercato.

Appoggiò il gomito sul suo zaino ed, affacciandosi con lo sguardo, notò come i suoi pensieri gli avessero fatto perdere tanto tempo, erano arrivati già davanti alla scuola, era piuttosto sorpreso, aveva perso la cognizione del tempo davvero velocemente, aveva quasi paura di ritrovarsi improvvisamente invecchiato.

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