Jamila - Parte 2 -

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Era appena nata nel cielo la luna nuova di Ràjab susseguente al ricorrere del ventesimo Malwid dalla nascita del Profeta – Muhammad sia lodato – che mi trovavo, al tempo umile mercante, a spronare il mio cammello attraverso il deserto in direzione della città di Tayma.

La Luna era una scheggia sottile quanto una lacrima nel forziere del cielo, e le montagne lontane solo un'ombra di notte senza stelle. Onde di sabbia coprivano il mondo, fino all'orizzonte. Il sole del mattino sarebbe tornato a rendere il deserto incandescente come il piatto di una scimitarra appena estratta dalla forgia, ma la notte era tanto fredda da mordermi le ossa e ormai bramavo di scorgere un segno del luogo dove avrei potuto trovare riparo. Passata un'alta duna lo vidi, ma al piacere si mischiò il disappunto perché un fuoco balenava nell'oscurità, disegnando ombre arancioni sulle palme e gli arbusti dell'oasi di Al-Aksa.

Il viaggiatore del deserto sa che l'ospitalità è una regola sacra tra i credenti che affidano il proprio destino al mare di sabbia, ma l'uomo saggio sa che anche in un cesto di frutti succosi può celarsi uno scorpione. Eppure siamo tutti creta nelle mani di Allah, e dunque incitai la mia cavalcatura a raggiungere quella che era l'unica oasi della regione. Con cautela attraversai il primo filare di palme, ed ecco che così fui accolto:

– Che il cielo mi crolli addosso, risparmiando per beffa le mie quattro mogli, se quello spunta tra le ombre non è il muso di Ayman al Dely su un cammello, anche se mi è difficile distinguere chi dei due monti l'altro.

Finsi di esaminare, dubbioso, il volto che intravedevo tra gli scherzi delle faville, ma già avevo riconosciuto la voce che m'irrideva.

– Nasim, vecchio spergiuro! Non pronunciare falsi voti: il cielo non è abbastanza vasto da poter schiacciare in un sol colpo tutte le tue grasse mogli.

Nasim chinò la testa con fare greve.

– Anche questo è vero – mormorò. Si sollevò dal tappeto sul quale riposava e ci abbracciammo con gioia.

Poco dopo stavamo dividendo le vivande al bivacco, conversando delle ragioni che ci avevano guidato a quell'incontro inaspettato, nel luogo dove per eccellenza l'uomo è solo con i suoi fantasmi.

– Temevo d'incontrare uno scorpione – sentenziai – e invece davvero trovo una mela nel cesto, anche se brutta e pure bacata.

– Ancora a perdere tempo con i tuoi motti, vecchio bigotto? Eppure in questa notte pure la tua malsana presenza mi dà gioia e sollievo.

Nasim si era fatto serio: vedevo in lui la reticenza ad affrontare un argomento che pure sentiva il bisogno di condividere.

Conoscevo bene il gusto di Nasim per le storie di Ifrit e Jinn, che spesso avevano sollazzato bivacchi composti di ben più nutrite compagnie: storie che si chiudevano con una risata e scacciavano la paura che il silenzio immoto del deserto può generare anche nello spirito più saldo, lodando al contempo l'astuzia degli spiriti e la maestosità dei poteri in una muta richiesta d'indulgenza. Anche in quella notte nera, quindi, incitato dall'allegrezza del fuoco e lieto per aver incontrato un vecchio amico, lo invitai incautamente a parlare. Prima d'iniziare Nasim sospirò debolmente, come se il raccontare fosse stavolta per lui un tormento al quale non sapeva sottrarsi, e questo m'inquietò.

– Nei tuoi viaggi presso Tayma – disse – hai mai udito il nome della principessa Jamila?

– Ne ho sentito parlare, e in un'occasione ho avuto modo di poggiare lo sguardo sulla sua bellezza, tale da riempire la vita di un uomo o da distruggerla.

– Saprai dunque che ella era la prediletta moglie dello sceicco Abdel Karim, giusto signore di quelle terre, e che a lui aveva donato due figli: un maschio e una femmina, fonti di gioia e orgoglio.

– Perché ne parli al passato? È forse morta?

Nasim fece per rispondere ma le parole morirono in un fiato tanto stanco che neanche smosse la cenere nell'aria. Abbassò lo sguardo tra le fiamme e, senza più guardarmi, riprese a parlare.

– Lo sceicco la adorava come un marito assennato e lei certo doveva ricambiarlo. Eppure strane voci circolavano nelle bettole: parole colte da servi ciarlieri e riportate frettolosamente sulle soglie posteriori delle regge, dove si affaccendano mercanti e fornitori. Si diceva che la principessa fosse una creatura ambigua e sfuggente, il cui sguardo indulgeva spesso a perdersi in lunghe contemplazioni, dalle quali talvolta si riaveva sussurrando incomprensibili parole, dal suono che richiamava lingue antiche bandite dal Profeta stesso. E, dato il suo passato, tali comportamenti erano fonte d'inquietudine e sospetto.

– Cosa intendi dire?

– Racconti sgradevoli circolavano riguardo le circostanze che avevano portato lo sceicco a prendere Jamila in moglie, e di certo molti dei suoi consiglieri gli avevano consigliato di desistere, ma niente avevano potuto le sagge parole contro una tale ossessione. Si diceva che la madre di Jamila si fosse concessa a quei poteri che solo la parola di Muhammad aveva potuto relegare nelle cavità del mondo dove la luce di Allah non vuole giungere perché, per sua stessa volontà, deve esistere tutto e il contrario di tutto.

– È mai possibile?

– Quello che posso dirti, poiché ho conosciuto una serva che in quella casa aveva lavorato, è che la madre di Jamila morì per mano del padre stesso. Fu a seguito di quel terribile evento che Abdel Karim colse l'occasione per offrirsi a Jamila, che a lungo aveva corteggiato senza successo, e la fanciulla non poté certo rifiutare.

– E il padre? Qual è stato il suo destino?

– Lo sceicco volle graziarlo. Forse non intendeva macchiare le sue nozze con un delitto, o forse aveva avuto ragione di avallare le azioni dell'uomo, altro non saprei. Di certo la sua clemenza fu la peggiore delle punizioni, poiché il padre di Jamila era ormai caduto preda della pazzia, che lo consumò fino a straziarlo.

– E Jamila? Amò il marito nonostante eventi tanto tragici fossero stati alla base della loro unione?

Nasim spalancò gli occhi, come se nel fuoco avesse visto qualcosa di sconvolgente.

– Di certo mai indulse in comportamenti tali da suscitare alcun dubbio, e lo sceicco fu un marito premuroso e paziente. Accadde però, molte lune or sono, che un viaggiatore giungesse dal deserto alle porte di Taymat, annunciato dai venti freddi dello Shità. Aveva con sé un grande seguito e portava doni sontuosi alla soglia dello Sceicco. Chi lo vide sostenne che era altero e ben vestito. Le donne narrarono a lungo di un viso perfetto e di occhi sottili da gatto, che ghiacciavano il cuore e scaldavano il ventre.

– Continua –     

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