Giorgiana voltò lo sguardo verso il comodino alla sua destra.
Certa che ormai non sarebbe più stata in grado di riposare.
Fissò quel dannato orologio.
00.11
Mille domande si fecero prepotentemente strada nella sua mente.
Cosa sarebbe successo ancora?
Quale volto misterioso avrebbe accompagnato il prossimo sogno?
O incubo.
O ricordo.
Come rimanere sospesa nel vuoto.
Nell'ansia di un'attesa infinita, fatta di dolore e lacrime.
Come lama affilata nella carne.
"Vorrei dormire" Sussurrò esausta ascoltando il suono della sua voce vibrare solitaria tra le pareti.
"Anche io..."
Rispose qualcuno dall'angolo opposto della stanza immerso nell'oscurità.
Una voce che ricordava.
Che aveva pronunciato molte volte il suo nome quella notte.
Era Lei.
Finalmente.
Sospirò mettendosi a sedere sul letto.
"Vieni qui" La invitò allungando un braccio per accoglierla.
Dei piedi spuntarono dal buio.
Lentamente tutta l'esile figura si fece avanti mostrandosi sotto la luce della luna che filtrava placidamente dalla finestra.
Giorgiana immerse il grigio del suo sguardo dentro quegli occhi neri, profondi come pozzi senza fine.
Rimasero a fissarsi senza dire nulla.
Forse non c'era poi molto da dire.
Forse si erano già dette tutto.
O forse no.
"Ci siamo già incontrate, non è così?" Le domandò pur conoscendo la risposta.
"Molte volte in realtà. Anche se avevo forme ed età differenti. Ero sempre io." Un timido sorriso curvò la dolce linea delle sue labbra.
"Perché sono qui?" Chiese Giorgiana quasi in un sussurro.
"Perché ci sono ancora delle cose che devi vedere. Ricordare. Perdonare. O semplicemente dimenticare..."
"Quali cose?" Domandò confusa.
"Shhhhhh"Si ritrovò in un lungo corridoio dal pavimento di legno lucido.
Nell'aria un profumo di fresco, gelsomino appena fiorito.
Leggero come un sogno d'inizio estate.
Una bimba le passò davanti senza notarla neppure.
La vide salire i gradini di una scala tre alla volta.
Stringere al petto un libro e un peluche a forma di cane.
La seguì curiosa di capire dove fosse diretta con tanta fretta.
Mansarda al terzo piano.
Parquet lucente color miele.
Piedi nudi.
Una piccola finestra con una rientranza piena di morbidi cuscini dove potersi sedere per guardare fuori, ammirando la città senza essere visti, o le stelle la sera tardi, quando i sogni fanno fatica ad arrivare.
Una scrivania piena di colori, matite, tempere, pennelli. Fogli, tele, stracci.
In fondo un grosso armadio a due ante.
Uno di quelli che sembrano beffare il tempo con la loro solida presenza.
Uno di quelli che sanno un sacco di storie.
Perché le hanno sentite indisturbati.
Ascoltate. Da qualcuno che le ha raccontate.
Conservate. Come tesori nascosti.
La vide.
Ferma lì davanti.
Fissare quell'armadio senza età, con la stessa tenerezza con cui si guarda una persona amata.
Aprire l'anta destra.
Scomparire al suo interno.Buio.
Silenzio.
No.
Un frugare tra le tasche.
Luce.
Una pila illuminare il viso.
Sorriso di bimba felice.
Seduta su strati di soffici coperte a gambe incrociate.
Aprire il libro tenuto stretto come il tesoro più grande al mondo.
"Vuoi sapere il titolo?" Le chiese facendola sobbalzare.
"Mi piacerebbe" Rispose.
"Alice nel Paese delle Meraviglie. Oggi è il mio compleanno." Rispose senza neppure sollevare lo sguardo dalle pagine.
"Auguri allora. Quanti anni hai compiuto?"
"Quattro" Sorrise.Buio.
Silenzio.
No.
Bisbigli appena accennati.
Dentro l'armadio.
"Perché venivi qui?" Sentì chiedere alla bimba.
"Perché era il mio nascondiglio preferito quando avevo la tua età." Rispose una voce di donna.
Spigolosa e soave al tempo stesso.
Il cuore iniziò a martellarle nel petto, mentre si avvicinava all'anta socchiusa.
Le vide.
Teneramente abbracciate.
Occhi negli occhi. Come di chi sa e vuole perdersi in quell'universo infinito.
Capelli dello stesso colore.
Fierezza di tempi passati.
"E tu perché ci vieni?"
"Perché ci sento dentro il tuo profumo"
Soffici baci d'amore sulla pelle.
Scambio di promesse che ogni cosa sarebbe rimasta immutata.
Che sarebbe stata eterna.Spalancò gli occhi ritrovandosi nella sua stanza dentro il letto.
00.11
Niente era cambiato.
Tranne Lei.
Sdraiata al suo fianco, intenta a fissarla.
Allungò una mano per sfiorarle il viso.
Una dolce carezza sulla pelle bianca che le provocò un brivido lungo tutta la schiena.
Cercò di trattenerlo.
Inutilmente.
Chiuse gli occhi.Li riaprì su un corridoio vuoto, all'alba di una domenica mattina.
Crocevia di anime andate, maledette.
Dove non c'è posto per i ma e per i se.
La vide.
In piedi.
Poco lontano da lei.
Darle le spalle e parlare con un uomo dall'aria grave.
Correre.
Via.
Lontano.
Per non ascoltare più.
Non sentire.
Ancora una volta quelle parole.
Che sarebbe rimasta sola.
Di nuovo.Buio.
Silenzio.
No.
Rumore di lacrime salate.
Dentro un armadio.
Al terzo piano di una casa bianca.
Dove nessuno poteva trovarla.
Dove le coperte sanno essere soffici e tutto ha ancora il suo sapore.
Quel profumo di gelsomino fresco.
Come il ricordo di un estate che non tornerà mai più indietro.
Come una fotografia che si guarda con nostalgica sofferenza.
"Se n'è andata anche lei..." Eco lontano di un cuore distrutto in mille pezzi di vetro."Non li ho mai perdonati davvero ..."
Aprì gli occhi trovandola ancora accanto a lei.
Fragile e bellissima.
Pelle diafana di luna piena.
Liscia come seta.
Capelli scarmigliati sul cuscino.
Labbra rosso vermiglio.
Socchiuse appena.
Fissarla senza tregua alcuna con quegli occhi scuri, intensi e affamati d'amore.
Solo quello.
"Perché?"
"Perché mi hanno lasciata troppo presto. Troppo in fretta. Troppo sola."
Improvvise ombre oscure alle sue spalle.
Dense come nuvole cariche di pioggia, l'avvolsero in un abbraccio crudele.
Inghiottendola con avidità brutale.
00.11
Lei era scomparsa.Spalancò gli occhi trattenendo un urlo in fondo alla gola.
Terrorizzata. Come se le mancasse l'aria.
Di nuovo in quella mansarda.
Testimone silenziosa in un angolo remoto.
Una coppia di anziani davanti all'armadio.
Lei con in mano un vassoio.
Un bicchiere di latte caldo e biscotti.
Lui con la fronte poggiata sull'anta.
Sembravano in attesa.
Come di chi aspetta il passaggio della processione di un Santo che non arriva mai.
"Esci da lì!"
"No!"
"Mangia qualcosa!"
"No!"
"Non puoi rimanere lì per sempre..."
No. Non puoi.Giorni e notti a rincorrersi come bimbi felici in un prato.
Giorgiana ferma ad osservarli mentre tutto rimaneva immutato.
Stessa casa bianca.
Al terzo piano.
Dentro un armadio dove tutti gli dei del creato avevano smesso di esistere.
Dove non c'era più spazio per respirare.
Per esistere.
Per dimenticare.
In quella stanza.
Ancora muta testimone.
Al calar della sera quando le ombre diventano più scure.
E gli angeli gridano pietà.
Quel dolce uomo pazientemente seduto su una poltrona, davanti ad un armadio silenzioso.
"Per sempre è molto tempo." Gli sentì sussurrare tristemente, poggiando per terra un piattino colmo di dolcetti caldi appena sfornati.
"Facciamo così, se mangi almeno un biscotto ti comprerò un libro. Scegli tu quello che più ti piace. Andrò a Portobello Road e te lo prenderò!"
Il rumore di un'anta appena socchiusa.
Un'esile speranza nell'aria.
Una voce leggera domandare "E se ne mangio due?"
Un sorriso sollevato, bagnato dalle lacrime.00.11
Ritrovarla al suo fianco.
Gli occhi colmi di lacrime.
"Non sono mai stata brava a dire addio alle persone." Le sentì confessare. "Per questo lascio scegliere a loro se rimanere o no. Ma vorrei che rimanessero tutte."
Giorgiana la fissò con un'improvvisa certezza.
"Ma rimangono." Disse senza più alcun dubbio.
"Dove?"
"Nel tuo cuore." Sorrise sentendo un meraviglioso fiore sbocciare profumato sulla propria pelle.
Lei sciogliersi nel vento accompagnata da un leggero odore di gelsomino nell'aria.
Ricordo di quell'ultima estate insieme a pregare il destino.
Un sorriso luminoso.
Bello come pochi.
Un bacio.
L'ultimo.
Indimenticabile.
Il suo ricordo impresso nella pelle.
Nei suoi occhi.
Scuri. Profondi come gli abissi di un mare inesplorato.
"E tu perché ci vieni?" Eco di una voce lontana, persa tra le tavole di un vecchio armadio.
Nella mansarda di una bianca casa inglese.
Al terzo piano.
"Perché è lì che sento ancora il tuo profumo... mamma."
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Forget Me - Not
General FictionQuanti incubi è capace di combattere l'animo umano? Quanti dolori e quante cicatrici siamo in grado di sopportare? Le vite di Lucrezia e Giorgiana si scontreranno, trascinandoci dentro l'abisso di una notte , lunga e oscura, in cui tutti i mostri...