The Laughing Man

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"I pensieri non si possono bloccare...
Ma tu puoi lasciarli andare...
A volte per sempre..."




21.13 p.m.

Palmi intirizziti contro fredde mattonelle.
Testa china, come per ricevere l'ultima benedizione.
Non arriverà Lucrezia.
Acqua gelida sulla pelle tremante e vibrante.
Immobile a subire rabbrividita quel momento di frastornante solitudine.
Gocce sulla pelle.
Come spilli ghiacciati.
I capelli sul viso.
Oltre le spalle.
Come alghe marine.
Come tentacoli.
Il respiro affannato, scalpitante.
Un urlo fermo nella gola.
Nessuno deve sentire.
Nessuno deve vedere.
La debolezza ricoprirla da capo a piedi e che abilmente aveva imparato a nascondere.
Lacrime amare.
Quello stringersi forte, senza calore, senza alcun amore.
Quei vuoti incolmabili, profondi come baratri al centro della terra.
Quel senso di ribrezzo.
Di sconfitta.
Di essere nessuno.
Per nessuno.






Aprì gli occhi, riprendendo lentamente il controllo di sé.
Chiuse energicamente il rubinetto, uscendo dalla doccia e indossando il morbido accappatoio.
Strofinò i capelli e con una mano pulì la superficie dello specchio.
Trattenne il respiro.
Occhi color miele per un breve attimo.
Solo una visione fugace.
C'era solo lei.
Nessun altro.



Entrò nella camera da letto, dirigendosi direttamente nella cabina armadio.
Si guardò intorno.
Abiti firmati, scarpe lussuose, accessori eleganti e raffinati. Tutto perfetto, in ogni piccolo particolare.
Non mancava niente lì dentro.
Niente.
Tranne la sua vera pelle.
Si tolse con rabbia l'accappatoio, iniziando a frugare nel fondo di un ripiano dimenticato.
Sfiorò con le dita la superficie liscia di una valigia per poi afferrarla decisa.
La trascinò sul pavimento aprendola con la stessa gioia di un bambino che scarta i regali a Natale.
Da quanto tempo non indossava dei jeans? E da quanto non metteva delle british knight ai piedi? Troppo.
Si guardò allo specchio.
Il respiro trattenuto a stento in fondo alla gola in un nodo di lacrime e dolore.
Per la prima volta dopo molto tempo...
Sorrise.
Un sorriso vero.
Di quelli che aveva dimenticato di possedere.
Dolce e gentile.
Illuminare il nero profondo dei suoi occhi, scuri come carboni ardenti.

Qualcuno bussò alla porta proprio in quel momento, spezzando la magia.
"Sì?" Disse. Il tono improvvisamente brusco e irritato.
La testa tremante di Jamina fece capolino nella stanza.
"Madame, volevo avvisarla che Mr. Voelkle è appena rientrato. Ha chiesto di lei. Vuole che lo raggiunga in sala da pranzo."
L'espressione sul viso di Lucrezia cambiò ancora.
Serrò la mascella, trattenendo l'istinto di urlare ancora una volta.
La cameriera la fissava immobile, sconvolta come se stesse guardando un fantasma spuntato dal buio. Le ci volle qualche secondo per rendersi conto che la sua confusione derivava esclusivamente dagli abiti che stava indossando.
Il cuore accelerò.
Piacevolmente sorpreso.
Sorrise.
Sconvolgendola ancora di più.
"Digli che lo raggiungo subito"



Spostò una ciocca di capelli dietro l'orecchio entrando nella sala da pranzo.
La stava aspettando in piedi, fermo davanti a quel mostruoso e orribilmente moderno camino.
Anche se ancora le dava le spalle, poteva immaginare fin nei minimi dettagli, l'espressione corrucciata del suo viso.
Il modo in cui, quasi con noncuranza, si stava accarezzando il mento non presagiva niente di buono.
Lo sapeva.
Otto anni trascorsi insieme le avevano sufficientemente insegnato a percepire i segni dell'arrivo inaspettato di una tempesta.
Era pronta.
Forse no.
Non lo era mai.
Ma quella sera, un po' di più.


Lo vide voltarsi verso di lei.
Stupito di trovarla lì.
Probabilmente il fatto di non aver preannunciato la sua entrata dal familiare rumore dei tacchi a spillo lo aveva disorientato.
Occhi verdi come prati dopo un acquazzone improvviso, le si piantarono addosso palesemente irritati.
"Che cos'è questa messinscena?" Domandò indicandola con un gesto di palese ribrezzo della mano dall'alto verso il basso.
Le parole morirono lentamente nella sua bocca prima ancora di averle pronunciate.
Sarebbe stato un fiume in piena da quel momento.
Incontenibile.
Inarrestabile.
Trascinando con sé chiunque si fosse messo di mezzo tra lui e la sua furia.
"Spiegami perché non ti sei presentata a quello stupido vernissage. Cosa ti ha impedito di farlo ed evitarmi una pessima figura con Bersky e la sua equipe?" Il dito indice puntato contro, con fare minaccioso.
Aveva già dimezzato la loro distanza.
Un passo indietro.
Il cuore forte nel petto.
"Cosa?" Le chiese ancora. Il tono perentorio. Sottilmente incollerito.
La vena pulsante al centro della fronte.
"Non mi sentivo bene." Rispose in un sussurro.
Per un attimo pensò di aver detto la cosa giusta.
Il tempo di un battito di ciglia.
Lo vide passarsi una mano nervosamente tra i folti capelli neri.
Scuotere la testa.
Allentare il nodo della cravatta.
Stringere le labbra sottili in un ghigno divertito.
Puntare lo sguardo dentro il suo e inevitabilmente pensare ancora una volta a quanto fosse affascinante.
Incredibilmente bello e crudele.
Il viso di un angelo, dannato, perduto, caduto.
"Non ti si chiede di fare un grande sforzo, mi pare. Dovevi solo indossare uno dei tuoi costosissimi vestiti, agghindarti per bene e andare a fare il tuo fottuto dovere con un bel sorrisino." Il primo colpo.
Ancora più vicino.
"Ma non sei brava nemmeno a fare questo..." Afferrò il suo mento, come un'aquila con la preda. "Non sei brava a fare nulla... Lucrezia." Il secondo colpo.
Iniziò inconsapevolmente a tremare.
Irrigidendo i muscoli.
Sapeva cosa sarebbe accaduto.
Lo guardò un'ultima volta.


Eccolo lì.
L'uomo che rideva.
Che si prendeva ciò che voleva, quando voleva e dove lo voleva.
Eccolo lì.
L'amore dimenticato. Fatto di meraviglie.
Di menzogne disperate. Di verità nascoste.
Di vestiti luridi di sangue e fango.
Eccolo lì.
L'uomo.
Che non lo era mai stato.
Che si faceva forte delle debolezze altrui, non riconoscendo le proprie.
Eccolo.
Il pagliaccio scatenato.
Il mostro.
La bestia dagli occhi verdi che si divertiva a violentarla di sproloqui fatti di carne e parole.
Eccolo.
L'infame che amava metterla in mostra come un trofeo di caccia.
Vestirla di saliva lasciva.
Vomitando insulti.
Obbligandola a una vita non sua.
Eccolo.
Il flagellatore.
Il dispensatore di consigli non richiesti.
Il distruttore di anime e sospiri.
Di sogni.
Di desideri.
Eccolo lì.
Strofinarsi le mani.
Prepararsi a una battaglia impari, dove vincere sarebbe stato facile.
Carnefice.
Colpo su colpo.
Godere di ossa rotte, spezzate, frantumate.
Lividi.
Labbra spaccate.
Cicatrici insanabili di dolore e amarezza.
Eccolo provare piacere come un orgasmo consumato in modo frettolosamente proibito.
Piegare carne e volontà secondo i desideri di quelle mani luride e insanguinate.
Eccolo lì.
Quel fottuto bastardo.
Ridere.
Folle.
Nel vederla affogare in un mare di desolazione.


Lucrezia, vide la sua immagine riflessa attraverso uno degli specchi della sala.
Il volto riverso a terra.
Occhi gonfi di lacrime e dolore.
Incapace di parlare, di dire qualsiasi cosa.
Come morta.
Ma in fondo non lo era già da tempo?
Un guizzo al di là.
Occhi.
Grigi.
Un viso dolce e sorridente. Di una giovane donna come lei.
Allungare una mano.
E lei fare altrettanto.
Anime ritrovate.
Eccola lì.
La luce illuminarle la via.



"Non mi sentivo bene..." Si sentì dire.
Per un attimo si guardò intorno confusa e incerta.
Lo vide farsi avanti. "Cosa?" Il tono perentorio. Sottilmente incollerito.
Un piacere primitivo nascerle in fondo al cuore.
Non arretrò di un solo passo.
Ogni muscolo teso in uno sforzo sovraumano.
Rabbia nascosta tra le pieghe di tessuti epidermici cicatrizzati troppe volte.
Strinse i pugni.
Alzando il mento con aria di sfida.
Se il colpo fosse arrivato...
No. Non stavolta.
Sorrise.
Impunita.
Spavalda.
Pronta ad affrontarlo.
Senza paura. Senza panico disordinato. Ferito.
Lesse la sorpresa nel suo volto.
Eccolo lì...
Quel povero, piccolo, inutile, insignificante essere.
Che quasi le faceva pena.
Che non meritava più nemmeno uno sguardo.
Né tutte le pagine bagnate di pioggia.
Di lacrime.
Di inquietudine.


Gli voltò le spalle lasciando che continuasse a fissarla sbigottito.
"Domani ci sarà l'inaugurazione del mio nuovo Dipartimento alla Pierpont Morgan. Pensi di venire? E di vestirti decentemente?" Le domandò come per trattenerla ancora.
Lucrezia si bloccò, girandosi elegantemente sulle sue comode British Knight verso di lui.
"Chi lo sa? Non lo sai quante cose possono succedere in una notte? Tutto può cambiare. A volte bastano solo tredici minuti..." Rispose con un'ultima intensa occhiata.
Fissarlo.
L'amore di un tempo perduto.
L'uomo che rideva.
Eccolo lì.
Ora.
Povero e solo.
Non sorrideva più.

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