Red Shoes

96 22 53
                                    

Suono di tacchi, come punte di spillo dentro le orecchie.
Impossibile da sopportare.
Un tarlo insidioso.
Lento e inesorabile.
Perforava i pensieri dentro l'anima sua.
Cacciò un urlò svegliandosi di soprassalto.
Portò le mani al viso madido di sudore e terrore.
"Giorgiana" Un lieve sussurro al suo orecchio.
Ricordo di una voce passata.
Alito di vita e di morte.
Come un brivido lungo la schiena carico di elettricità.
00.04
Le venne da ridere.
Convulsamente.
Quando sarebbe finito quel fottuto incubo?
Voleva solo riposare, dormire, svegliarsi alla luce del mattino, scendere da quel letto...
Scendere.
Dal.
Letto.



"Giorgiana... è così che ti chiamerai!"
Labbra rosse.
Piene e lucide, sfiorare i suoi dolci e teneri lobi.
Dita sottili accarezzarle i lunghi capelli.
Parole sussurrate appena.
Come un penitente al suo confessore.
Una nenia di dolore e lacrime.
Di incertezze e di cose incompiute che non si sanno spiegare.
Continuava a sentirle.
Scivolare sul corpo freddo e immobile.
Le accoglieva una ad una mentre venivano pronunciate.
Sgranate come un rosario detto di nascosto.
Al buio.
Al riparo da occhi indiscreti e maliziosi.
Da orecchie malsane, avide di peccati altrui.
Da bocche che si sfamano solo di sconfitte e partite perse.
Le aveva sentite.
Una ad una.
Entrare nella sua pelle, scorrerle nelle vene, pompare inchiostro e vita.
Rendere il suo corpo caldo.
Adagiato con delicatezza sul letto.
Vicino al cuscino.


Spalancò gli occhi.
Urlando.
Con tutto il fiato possibile.
Le mani sul viso, nella frenetica speranza di spostare i capelli appiccicati da sudore e lacrime.
Era un sogno.
Un incubo.
O un ricordo...
Cos'era?
"Ero io, Giorgiana!"
Alzò lo sguardo, terrorizzata.
Una voce di bimba.
Perduta nei pressi di un viale alberato.
Seduta su una poltrona di fronte al suo letto.
Gambe a penzoloni.
Troppo piccole per arrivare a toccare per terra.
Scarpette rosse ai piedi.
Un peluche a forma di cane tenuto stretto come il bene più prezioso.
Regalo di un compleanno.
Un cappottino di quelli che non si usano più.
Due occhi grandi come fari e scuri come fondi di caffè.
Affamati di risposte che non arriveranno mai.
"Chi sei?" Domandò Giorgiana in un soffio.
La bimba socchiuse appena lo sguardo.
Un sorriso lento e irriverente curvò la piega sottile delle sue labbra.
"Che domanda stupida da fare. Chi vuoi che sia?"
La fissò confusa.
"Non lo so" Disse scuotendo la testa.
"Sì che lo sai..." Replicò scoppiando in una risata.
I vetri della finestra, alle sue spalle, esplosero in mille frammenti affilati, oltrepassandola come fosse fatta d'aria e affondando direttamente nella carne di Giorgiana.
Piccole ferite insanguinate.
Ovunque sulla pelle.
Urla di dolore e terrore.
La fissò ridere, sconvolta.
E ridere ancora.
Mentre lei moriva inesorabilmente dentro il suo stesso sangue.


Un urlo.
Il suo.
Lacerare la quiete della notte.
00.04
Strinse forte gli occhi nella speranza che riaprendoli qualcosa potesse cambiare.
Che il tempo avrebbe ripreso a scorrere.
Che tutto sarebbe stato dimenticato.
"Ma cosa vuoi dimenticare?"
Una voce.
Di bimba.
Consumata dalle crepe della vita.
"Niente si scorda, ma tutto rimane, indelebile come macchie d'inchiostro sulla pelle." Disse allungando il suo piccolo dito verso di lei e indicandole i fiori comparsi sul braccio sinistro.
"Domani mattina mi sveglierò e di tutto questo non rimarrà che un vago ricordo." Le rispose con aria di sfida Giorgiana.
La bimba strinse gli occhi fino a farli diventare due piccole fessure.
Di nuovo la morbida piega delle sue labbra si curvò in un sorriso divertito e beffardo.
"Domani mattina è di te che non resterà più niente, povera illusa" La derise.
"Che vuoi dire?"
"Che morirai..."



Una risata pungente nell'aria.
Sogni sbiaditi.
Incubi pronti a infierire.
Come iene impietose su carcasse di animali morti.
Spalancò gli occhi.
Il cuore che martellava feroce nel petto.
Pronto a fracassarle il torace per fuggire via.
Il più lontano possibile.
Il pensiero di voltarsi a controllare l'ora le fece mancare il fiato.
Trovare il coraggio e pentirsene un secondo dopo aver posato lo sguardo sul quel maledetto aggeggio digitale.
00.04
Sospirare sconfitta.
E arrendersi priva di forze.

"Un, due, tre, muoio io o muori te!
Quattro, cinque, sei, chi è che muore non saprei...
Sette otto e nove, non so quando e non so dove!
Un, due, tre, a morire tocca a te!"

La vide saltellare la corda canticchiando quell'odioso ritornello, intorno alla poltrona.
I capelli come onde rimbalzanti.
Lo sguardo attento.
Non voleva perdere il ritmo.
"Perché sei qui?" Domandò Giorgiana interrompendo il suo gioco.
"Questo dovresti dirmelo tu." Una pausa prima di continuare. "Sei tu che mi hai portata qui." Riprese a saltare.
Il suono dei tacchi delle scarpette rosse, come secondi scanditi dalle lancette di un orologio che non contava più il tempo.
Giorgiana la fissò confusa, fino a che una folata di vento, giunto non si sapeva bene da dove, investì la bambina facendola disperdere nell'aria come i semi impauriti di un soffione.


Un urlo.
Ma non era il suo.
Non stavolta.
Il corridoio stretto di una casa che non sapeva di chi fosse.
Voci.
Arrabbiate. O forse solo troppo stanche.
"Voglio andare da mamma!"
"No. Non puoi."
"Perché?"
"Perché no!"
"Perché no, non è una risposta!" Rispose stizzita colpendo il pavimento con un piede.
"Voglio. Andare. Dalla. Mamma. Tu non mi piaci!" Gridò un'ultima volta prima di divincolarsi da quella stretta e fuggire oltre la porta passandole accanto come se non l'avesse vista.
La seguì con lo sguardo correre impazzita per non farsi acchiappare.
La ragazza molto più grande, che era con lei fu più veloce. Le si parò davanti.
Mettendo il chiavistello alla porta d'ingresso
Con una crudeltà feroce si chinò alla sua altezza e le sentì dire "Se provi a scappare ancora ti farò portare via dall'uomo nero, piccola stronzetta!"
Giorgiana si fece avanti per osservare meglio la scena.
Gli occhi della bimba erano pieni di lacrime, mentre stringeva forte il labbro inferiore per impedirsi di cedere a quel pianto che non chiedeva altro che trovare sfogo.
"Ti odio!" Le urlò.
"Mai quanto io odio te!" Disse la giovane afferrandola per i capelli e trascinandola di nuovo nella stanza.
Il rumore della porta che si chiudeva alle loro spalle, la fece tremare come una foglia.



00.04
Si mise a sedere sul letto.
Osservandola saltare senza alcuna allegria quella corda colorata.
"Perché sono qui Giorgiana?"
"Forse perché volevi raccontarmi qualcosa... o solo farmela vedere" Ipotizzò a voce alta.
La bimba si voltò a guardarla interrompendo il suo gioco.
"Ti piacciono le mie scarpe?" Chiese mettendosi in posa per fargliele vedere meglio.
"Moltissimo. Non ne ho mai avute di così belle."
"Diciamo che non ne hai mai avuto e basta!" Le rispose ironica.
Giorgiana ci pensò su un istante provando a ricordare il suo ultimo paio di scarpe.
"Visto? Ho ragione io..."Le si avvicinò così tanto da permetterle di ammirare estasiata l'azzurro intenso di quel piccolo sguardo così fiero e deciso.
"Ora devo andare Gi. Il mio tempo è finito. Ti ricorderai di me?" Le chiese per la prima volta in modo gentile e delicato.
"Non so nemmeno come ti chiami."
"Il mio nome non ha importanza..." Iniziò a saltare di nuovo intorno alla poltrona.
"Cosa è successo dentro quella stanza alla fine?"
La bimba si voltò.
Il viso cupo.
"Ho conosciuto l'uomo nero..." Rispose un attimo prima di disperdersi nell'aria come i semi leggeri di un soffione.



00.04
Occhi sbarrati pieni di angoscia.
Il ricordo di parole lontane.
"Giorgiana... è così che ti chiamerai!"
Scarpe rosse che non avrebbe mai indossato.
Una bimba che nessuno aveva avuto il coraggio di salvare.
Una filastrocca rimasta impigliata tra i fili della sua memoria...

"Un, due, tre, muoio io o muori te!
Quattro, cinque, sei, chi è che muore non saprei...
Sette otto e nove, non so quando e non so dove!
"Un due tre... questa bimba tocca a te...!"

E lei l'avrebbe ricordata...

Forget Me - NotDove le storie prendono vita. Scoprilo ora