"Il segreto, cara Alice,
è circondarsi di persone che ti facciano sorridere il cuore.
È allora, solo allora, che troverai il Paese delle Meraviglie."La mattina seguente...
Lucrezia rimase per un attimo ferma sul marciapiede, ad osservare il nuovo ingresso della Pierpont Morgan Library & Museum, al 225 di Madison Avenue, un padiglione in vetro progettato dal famosissimo architetto Renzo Piano. Continuava a tenere stretto al petto un libro dall'aria sgualcita e piuttosto vecchia, come se si trattasse di un piccolo, grande tesoro.
"Il castello dei destini incrociati" di Italo Calvino. Lo aveva trovato sul tavolo della toeletta proprio quella mattina. Come se qualcuno se lo fosse dimenticato di proposito, dopo averlo letto per l'intera notte, stando lì seduto a osservarla sognare e sebbene ancora adesso non si spiegasse come fosse arrivato fin lì, non aveva potuto impedire al suo cuore di mancare un battito nel leggere la dedica scritta al suo interno.
"Il destino trova sempre la sua strada. Tu percorri la tua, senza mai voltarti indietro."
Avrebbe riconosciuto quella calligrafia ovunque.
Con la punta delle dita l'aveva brevemente sfiorata, per poi richiudere il libro e stringerlo a sé.
Lo sguardo aveva incrociato l'immagine riflessa allo specchio e, per un istante ancora, aveva creduto di dormire.
L'uomo dagli occhi color miele era lì.
A fissarla.
Senza dire niente.
Stringendo un libro al petto anche lui.
Dal titolo diverso ma così caro ai suoi ricordi.
E si era riscoperta triste e malinconica nel pensare che dopo tutto quel tempo trascorso a rincorrersi, erano ancora là. Nello stesso identico punto. Senza aver fatto un solo passo in avanti ma rimanendo statici a se stessi, come chiusi dentro una delicata palla di vetro.
Il mondo intorno aveva intrapreso mille direzioni, mentre loro bloccati in quella stanza non riuscivano a decidersi.
Eppure lei, una scelta l'aveva infine fatta.
Dopo quella notte dolorosamente infinita. Dove tutto le era apparso come un sogno oscuro, aveva aperto il libro e lo aveva girato nella sua direzione mostrandogli la dedica all'interno.
Lui aveva fatto altrettanto.
E i loro occhi si erano riempiti di lacrime troppo a lungo trattenute.
Era giunto il momento che ognuno percorresse la propria strada.
Quella che avrebbe reso entrambi felici. Seppur lontani.
E questo con l'amore o il destino poco aveva a che fare.
Si guardarono ancora un'ultima intensa volta, come una muta promessa di non dimenticarsi mai, prima che la sua immagine scomparisse per sempre.
Sapeva che non lo avrebbe mai più rivisto.
Ma non era triste e ora, che guardava davanti a sé la Pierpont Morgan Library, sapeva di aver fatto la scelta più giusta. Attraversò la strada con passo deciso e oltrepassò le porte.
Con lo sguardo vagò intorno alla ricerca di qualcuno.
"Bersky!" Lo richiamò ad alta voce appena lo vide. L'omino si voltò nella sua direzione e spalancò confuso gli occhi nel notarla.
Le si avvicinò di tutta fretta come se fosse particolarmente in imbarazzo. "Madame... io non credo che il suo, sia l'abbigliamento adatto a una serata come questa..." Sussurrò invitandola a seguirlo in un luogo più appartato.
Stava evidentemente facendo riferimento ai jeans che indossava.
Lucrezia ridacchiò, per nulla offesa da quello che le aveva appena detto. Frugò dentro la sua borsa di cuoio nero e pochi istanti dopo tirò fuori una lettera.
"Bersky non si agiti. Tolgo subito il disturbo. Ecco. Questa è per William. La prego di consegnargliela non appena lo vede."
L'uomo la fissò perplesso. "Madame... mi sta dicendo che stasera non parteciperà all'inaugurazione?" Deglutì a disagio e con fatica. "Esattamente."
"Mr. Voelkle ne sarà particolarmente contrariato." Si asciugò nervosamente il sudore sulla fronte.
Lucrezia si abbassò quel tanto che bastava per inchiodarlo con lo sguardo. "Gli dia la lettera." Il tono non ammetteva una seconda replica e nemmeno l'avrebbe aspettata.
Gli voltò le spalle senza il minimo cenno di saluto ripercorrendo i suoi passi e imboccando l'uscita. L'aria fresca della serata le riportò il sorriso sul volto.
Alzò una mano e un taxi giallo si fermò a pochi passi da lei.
"Dove la porto?" Domandò l'autista.
"Al John Kennedy. Grazie" Rispose accomodandosi nel sedile posteriore.
Le vie iniziarono a sfilare lentamente una dopo l'altra al di là del finestrino.
Come i pensieri che Lucrezia si stava lasciando alle spalle.
Una lettera sul tavolo della cucina per Jamina, accompagnata da ottime referenze per un nuovo posto di lavoro e un generoso assegno che le avrebbe permesso di vivere più che dignitosamente per diverso tempo.
Una per William. Breve. Sintetica. Concisa. Di un'unica parola. L'unica che forse si meritasse dopo tutti quegli anni trascorsi insieme. Un freddo "Addio", insieme alla fede nuziale, ricordo di un triste giorno passato.
"Mi scusi se la disturbo." L'uomo alla guida la riportò bruscamente al presente. "Che fiori sono?" Le chiese.
"Di quali parla?"Domandò guardando fuori dal finestrino nella speranza di capire a cosa si stesse riferendo.
"Dei suoi tatuaggi... Mi sembrano identici a quelli che piacciono tanto alla mia bambina e stasera glieli vorrei comprare..." Le sorrise attraverso lo specchietto, con fare gentile. Lucrezia rimase per un secondo paralizzata dalle sue parole. Poi lentamente abbassò lo sguardo sulla pelle del braccio sinistro.
Un leggero sorriso si fece strada sulle labbra.
"Forget me-not..." Gli rispose con un sussurro, sfiorandoli delicatamente uno a uno. "Non-ti-scordar- di- me...""Hai fatto un buon lavoro Giorgiana" Si congratulò l'uomo al suo fianco.
Le si era avvicinato silenziosamente mentre ferma sulla vetrina del negozio osservava il taxi giallo portare via Lucrezia.
"Non la rivedrò più. Non è così?" Sussurrò. La voce tesa e sottile, come se stesse trattenendo un singhiozzo.
"Già. Ma l'hai incontrata e questo ti deve bastare piccola mia. Lucrezia ha sempre posseduto un'anima speciale. Solo che si era dimenticata di averla... Ci hai pensato tu questa notte a ricordarglielo. Sono molto fiero di te. Ora però, coraggio, dobbiamo andare..." Spinse le ruote della carrozzella all'indietro.
"E dove?" Gli domandò confusa, seguendolo con lo sguardo.
"A caccia Giorgiana. Lì fuori è una vera giungla..." Le sorrise con un ghigno crudele, un attimo prima che tutto intorno a loro e loro stessi venissero risucchiati voracemente in un tornado nero e oscuro, circondati dagli incubi di un altro sognatore da salvare.
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Forget Me - Not
General FictionQuanti incubi è capace di combattere l'animo umano? Quanti dolori e quante cicatrici siamo in grado di sopportare? Le vite di Lucrezia e Giorgiana si scontreranno, trascinandoci dentro l'abisso di una notte , lunga e oscura, in cui tutti i mostri...