Bussarono alla porta del mio appartamento, non avevo voglia di alzarmi dal mio caldo letto e lasciare in sospeso la puntata della serie TV che avevo iniziato quella mattina. Non ero andata all'università, la sera precedente avevo fatto molto tardi e quella mattina, nonostante la sveglia avesse suonato di continuo, non ero riuscita ad alzarmi dal letto e andare a lezione. Non avevo avvertito Harry di quella mia decisione e mentre nelle ore mattutine riprendevo il mio sonno sentivo il mio cellulare squillare nella borsetta che avevo portato con me alla festa; anche in quel caso non riuscii ad aprire gli occhi e tirare la catenella della pochette che si trovava poco distante dal mio letto. Soltanto quando all'una il mio stomaco cominciò a brontolare decisi che avevo dormito abbastanza ed era ora di alzarmi per mangiare qualcosa e forse dopo rimettermi a dormire.
Qualcuno continuava a sbattere il proprio pugno sul legno dell'uscio creando un gran rumore nella mia testa, a malincuore scostai le coperte calde da sopra il mio corpo e strusciando i piedi a terra, senza neanche a indossare le pantofole, mi spinsi con la poca forza che avevo ad aprire a chiunque fosse alla porta. Già immaginavo chi potesse essere a quell'ora del pomeriggio a venirmi a trovare e dentro di me percepii il mio cuore aumentare di qualche battito ad ogni passo che facevo verso la porta.
"Un momento" dissi ad alta voce avvicinandomi allo spioncino per vedere chi fosse, vidi una chioma di capelli verdi e ricci, il viso della donna dall'altra parte non riuscii a vederlo e nonostante cercavo di vivere una vita tranquilla presi la pistola dal cassetto e andai ad aprire la porta di legno poiché la persona che stava attendendo continuava a battere forte con il pugno sul legno scuro e stava facendo così tanta confusione che in un momento o l'altro la signora anziana del piano di sopra avrebbe chiamato la polizia.
Aprii la porta, la mano con l'arma era dietro la mia schiena per non farla notare immediatamente a chiunque fosse alla porta ma i miei occhi non poterono credere a chi avevo davanti, in pochi secondi mi ritrovai due braccia intorno al corpo che mi stringevano fortissimo e io ricambiai, abbracciandola forte e stringendola a me. Posai il mento sulla sua testa e qualche ciocca verde mi oscurò la visuale, i miei occhi erano un po' offuscati dalle lacrime di felicità, ci staccammo dopo minuti passate a tenerci l'una a fianco all'altra come non potevamo fare ormai da tempo."Ma cosa ci fai qui?" fu la prima cosa che le chiesi, la voce leggermente più alta del solito per l'emozione.
"Neanche mi fai entrare che mi fai il terzo grado?" domandò ridendo sporgendosi verso l'interno del mio appartamento, prese un borsone che non avevo notato prima e lo portò dentro.
La feci entrare e subito si mise sul divano, posai la pistola sul mobile vicino alla porta e i suoi occhi si spostarono da me all'arma nera "le vecchie abitudini non muoiono mai" disse con una nota di tristezza e preoccupazione nella voce.
"Eh già! Cosa posso farci?" domandai sapendo la risposta alla mia domanda, mi avvicinai a lei e mi sedetti al suo fianco "allora che fai a New York?"
Si osservò intorno guardando i libri che avevo sistemato all'interno del salottino e si soffermò sulla finestra che mostrava la grande città, le tende erano aperte così la vista del primo pomeriggio era spettacolare; si vedevano i palazzi alti che sembravano toccare il cielo e le nuvole bianche autunnali nascondevano il sole pallido e freddo di quel periodo dell'anno.
"Sono qui per la settimana della moda, mi sono laureata l'anno scorso e ho trovato subito un lavoro nel campo della moda, domani sera faranno sfilare due dei miei vestiti e vorrei che tu venissi a vederli" i suoi occhi verdi brillavano di felicità e il suo sorriso si faceva mano a mano più grande per ogni parola che pronunciava, si vedeva che era fiera di quello che stava facendo ed ero così felice per lei che i suoi sogni si stavano realizzando.
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Dark Lives H.s.
FanfictionCi avevano insegnato ad uccidere a sangue freddo ma non ci avevano insegnato a non innamorarci del nemico. Venice e Harry