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Camila

<< Fai piano>> sussurrò l'uomo conducendo una mano ai capelli di Camila, la quale sorrise scuotendo la testa per poi tornare a muovere la mano.

<< Taci>> sussurrò con voce calda, alzandosi e sedendosi sulle gambe dell'uomo, il quale portò delicatamente le mani sulla sua schiena.
Mentre una mano era intenta a dare piacere, l'altra si soffermò sui muscoli del petto e l'uomo si lasciò andare ad un lungo sospiro soddisfatto, mandando la testa all'indietro.

<<Sta buono>> disse Camila furiosa, muovendo di più la mano sul membro, sperando che quel verme si sbrigasse a raggiungere l'orgasmo. A lei interessavano soltanto i soldi che le avrebbe lasciato, soldi che avrebbe poi usato per comprarsi la droga.
L'uomo sorrise, guardando Camila con uno sguardo perso e la ragazza fu costretta ad accarezzargli il collo con l'altra mano, per poi adagiare la labbra su di esso e morderlo piano. Aveva voglia di strappargli la carne a morsi, ma si limitò a leccarla con avidità, lasciandogli dei segni.

<< Sto per...>> disse quello mordendosi il labbro, e Camila assistette allo sfogo del piacere dell'uomo chiudendo gli occhi.
Senza degnarlo più di uno sguardo si alzò, poi si allontanò da lui e dalla camera da letto e si rinchiuse nel bagno, dove trascorse almeno dieci minuti.
Nel momento in cui i suoi occhi incontrarono quelli dell'immagine riflessa nello specchio, il disgusto che provò verso se stessa fu così forte da farla tremare. Si frizionò le mani con acqua e sapone almeno 100 volte, ma il senso di sporco e disagio non se ne sarebbero andati così facilmente.
Occorreva compiere uno sforzo maggiore.
Si risciacquò il viso, e prima di uscire dal bagno di asciugò quelle stupide lacrime che avevano iniziato ad uscire dai suoi occhi.
Quando tornò in camera da letto vide l'uomo in piedi al centro esatto della stanza, concentrato ad allacciarsi i bottoni della camicia,

<< Ciao>> disse sorridendo in modo cordiale, come se quello che era appena successo tra loro non avesse alcuna importanza. Camila non proferì parola, si limitò a cercare le sue chiavi ed il suo zaino nero. Quando li trovò li strinse con forza, cercando conforto.

<<Te ne vai già?>> disse l'uomo posizionandosi difronte a lei, interrompendo i suoi gesti.

<<Ho altri impegni. I miei soldi?>> disse Camila sollevando la mano.

Era così stanca, voleva soltanto i suoi soldi, cercare della droga e tornare a casa nel suo letto e dormire, staccando per poche ore il cervello dal resto del corpo. Ma quello non sembrava volerle concedere quel lusso, perché sorrise.

<< I soldi sono in salotto Camila. Ma vogliamo parlare di quelle pillole che nessun altro medico ti prescriverebbe mai?>> disse alludendo a qualcosa che purtroppo Camila comprese immediatamente.

La ragazza soffriva di una forte depressione, originata dopo l'omicidio del padre davanti ai suoi occhi, almeno tre anni prima. Suo padre era stato ucciso da uno degli spacciatori del quartieri, il quale aveva mentito al signor Cabello, sostenendo che l'avrebbe sempre coperto e protetto dalla polizia, che non avrebbe mai permesso che venissero a conoscenza dei suoi affari. Mentiva perché, durante una lite causata da un colpo finito male, un furto non andato a buon fine, l'uomo si era scagliato contro il padre di Camila tempestandolo di pugni e calci, sotto allo sguardo sconvolto della ragazza, appena sedicenne. Suo padre morì a causa di un colpo di pistola dell'uomo che diceva di essere uno dei suoi migliori amici.
Camila provò un dolore devastante come mai prima di allora, e tutta la sua vita si modificò, divenne violenta e fredda con chiunque, sino a non provare più alcuna emozione.
Camila aveva bisogno di pasticche per riuscire ad affrontare ogni singola giornata. Pasticche che erano troppo pesanti, condannandolo ad un'assunzione quotidiana che lo rendeva dipendente. Senza quelle si sentiva persa, erano le uniche che l'aiutavano a reggere, a mantenere la calma, a non morire.
Uno dei suoi clienti, se così si possono definire gli uomini con cui aveva a che fare, era proprio il suo psicoanalista, l'uomo che aveva difronte, il quale gli prescriveva mensilmente quelle pasticche tanto bramate dalla ragazza.
Per averle Camila era costretta a cedere, a vendere il suo corpo a quell'uomo gentile che tanto l'amava. Si erano conosciuti meglio dopo tre sedute, lo psicoanalista si era affezionato fin troppo a quella ragazza magra e triste seduta davanti a lui, e aveva provato un forte senso di frustrazione nel vederla così lontana. Soltanto una stupida scrivania la separava da lui.
Voleva toccarla, voleva essere amato da lei, voleva tenerla al sicuro, proteggerla, e quando Camila gli disse che aveva bisogno di soldi per potersi comprare anche solo un paio di scarpe, perché la madre l'aveva completamente abbandonata a se stessa, l'uomo si prese l'impegno di dargliene di persona. In cambio voleva soltanto il suo amore.
Camila non poteva farlo, non se la sentiva, ma dopo un bacio davanti alla porta spalancata dello studio, il suo corpo stretto tra le braccia dell'uomo, una piccola lampadina si accese nella sua testa.
Il vendersi ad altri uomini era cominciato da lì, ma a lei non l'aveva mai detto, perché sapeva benissimo che l'avrebbe soltanto fatto soffrire, e non era nelle sue intenzioni.
Quell'uomo era l'unica persona sulla faccia della terra ad amarla.
Camila sbuffò, lasciando scivolare a terra le chiavi e lo zainetto, e quando condusse le mani al petto dell'uomo quello si inumidì le labbra compiaciuto.
Non ne aveva mai abbastanza.

***

Con il cuore lacerato, Camila lasciò la casa dell'uomo, nascondendo il volto dietro la sciarpa nera, cercando in tutti i modi di non scoppiare in un pianto disperato. Ne aveva bisogno, avvertiva un profondo malessere nel cuore, gli occhi erano così pesanti, le lacrime erano in procinto di uscire.
Ma Camila non l'avrebbe permesso, così si portò una mano al volto dandosi uno schiaffo violento.

<< Piantala>> disse a se stessa scuotendo la testa ed iniziando a scendere le scale del condominio che l'avrebbero condotta all'uscita.

Con i soldi ricevuti si sarebbe procurata una dose di cocaina, non prima di essersi bevuta una birra. Non aveva voglia di spenderli tutti subito, così pensò bene di rubare una bottiglia al supermercato.
Sorrise aumentando il passo e dopo essere uscito dal condominio scese in strada, diretta al centro della città.
Era sera ormai, poteva tranquillamente entrare in un supermercato aperto tutta la notte e rubare una bottiglia di birra o due, ma prima di tutto desiderava accettarsi di essere in grado di trovare uno spacciatore che le vendesse la droga.
Imboccò una via secondaria, svoltando poi in un vicolo circondato dai dei bidoni dell'immondizia, e dopo essersi accertata di essere sola portò una mano alla tasca dei pantaloni ed estrasse il cellulare.
Chiamò uno dei suoi spacciatori di fiducia, uno dei pochi che non abusava di lei. Lo fece proprio perché non se la sentiva di ridursi ancora in quello stato pietoso, lasciando che un uomo usasse il suo corpo per il suo piacere.
Non dopo quello che era successo poche ora fa.
Il ragazzo dall'altra parte del telefono le annunciò che sarebbe arrivato da lì a dieci minuti, e anche se a Camila non piaceva per niente aspettare, si sistemò accanto al muro, adagiando la schiena alla superficie.
Dopo essersi accesa una sigaretta portò le braccia davanti al petto e le incrociò, chiudendo gli occhi.
Era stanca morta, pregò che il suo amico si sbrigasse, in modo da sniffare, sballarsi, riprendersi e poi rubare un po' di alcol al supermercato.

"Non c'è che dire." pensò.

"La mia vita fa decisamente schifo.

5 luglio 2017

The sin of the unclean virgin Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora