6 - Mistakes

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What the hell did I do?
I'm the life of the party



Il risveglio di quella mattina, nonostante fossi sobrio e non avessi Michael e Luke intenti a discutere e poi a sbaciucchiarsi sotto i miei occhi, fu ben più traumatico di quello della mattina precedente. E lo fu perché mi risvegliai con la consapevolezza di aver appena combinato un grosso, grossissimo guaio. Non avrei dovuto portarmi Matt a letto se Ashton ancora affollava i miei pensieri; avrei dovuto pensarci meglio, riflettere di più sulle mie scelte, invece di fare ciò che mi dettava l'istinto e di cacciarmi nei guai – cosa che succedeva puntualmente sempre. E stavolta non potevo neanche rifugiarmi nella scusa dell'alcool: era solo ed esclusivamente colpa mia se era successo ciò che era successo. E Matt era la povera vittima che avrebbe sofferto delle conseguenze delle mie scelte sbagliate e potenzialmente distruttive.

Mi voltai cauto, trovando il ragazzo intento a dormire tranquillo accanto a me. Sorrisi leggermente; nonostante tutto, era davvero carino. Non mi sarebbe dispiaciuto essere di più per lui, ma vivevo con la consapevolezza che non sarei stato più niente per nessuno, dopo Ashton, e quindi il pensiero di portare avanti qualsiasi cosa fosse successo tra noi due era destinato a morire presto. Non era stato niente di più di una notte, una notte semplice ma abbastanza complicata – beh, almeno per me. Ma per me ormai persino respirare era diventato complicato.

Sempre senza far rumore mi alzai dal letto e cercai le mie cose per terra; avevo il cellulare intasato di chiamate perse da parte di Luke. Le ignorai; gli avrei spiegato tutto non appena l'avrei visto, cosa che avrei fatto molto presto dato che avevo intenzione di vestirmi e scappare di lì prima che Matt si fosse svegliato per chiedermi di restare (nonostante fossi dell'idea che non l'avrebbe fatto. Del resto aveva ottenuto tutto ciò che poteva sperare di ottenere da me). Me ne sarei tornato in albergo e avrei continuato a vivere la mia solita vita, dimenticando quella notte – non sarebbe stato difficile, quello, alla fine era stata solo una scopata insignificante. Se me ne fossi andato in quel momento sarebbe stato tutto ancora più facile, poi.

«Te ne vai così, senza salutare?».

Mi passai una mano in faccia mentre mi voltavo, dicendo addio ai miei sogni di gloria. Matt era seduto sul letto ora, coperto soltanto dal lenzuolo che aderiva perfettamente al suo corpo ancora acerbo, ma di per sé attraente. Doveva avere poco più di ventuno anni... ero davvero stato con un ragazzo più piccolo di me di dieci anni? Ero proprio senza speranze.

Ed ero senza speranze soprattutto perché ero stato colto con le mani nel sacco e non sapevo come uscire illeso dalla situazione. «Uhm... quindi sei sveglio», mi ritrovai a dire spiazzato e senza la più pallida idea di cosa dire. Non ero proprio bravo ad improvvisare, ecco.

Matt rise. «Io sono sveglio e tu sei stupido, se proprio vogliamo dire i fatti», mi prese in giro, facendomi arrossire, «Perché volevi andartene così di soppiatto? È... ho fatto qualcosa che non andava?».

Io ridacchiai, scuotendo la testa. «Matt, non faccio sesso da talmente tanto tempo che ieri notte sarebbe stata stellare anche se avesse fatto completamente schifo – cosa che non ha fatto, tra l'altro. Anzi, è stato fantastico», spiegai, sorridendo malizioso quando Matt arrossì.

Il ragazzo mi sembrò più confuso dopo il mio sproloquio idiota ed inconcludente. Vedevo le miriadi di domande che avrebbe voluto farmi riflesse nei suoi occhi acquamarina, domande di cui ne scelse solo una alla fine, la più difficile ovviamente. «E allora perché volevi andartene così, senza darmi una spiegazione?».

Sospirai prima di sedermi accanto a lui, rispondendo con l'unica cosa che sentissi vera al momento, l'unica cosa che poteva giustificare il mio bisogno di scappare via dopo qualcosa di così intimo, qualcosa a cui davo peso da quando mi aveva condannato a soffrire come un cane, a bruciare tra le fiamme di un inferno che avevo creato apposta per me.

«Perché andarsene è la cosa più giusta da fare, in casi come questo. Andarsene senza lasciare un saluto ed una spiegazione, certo, ma andarsene per non affezionarsi troppo. Ho vissuto in prima persona cosa il sesso può fare, come può cambiare una persona portandola alla pazzia e come può distruggere un rapporto. Non farò gli stessi errori un'altra volta, e comportarsi da codardo tagliando subito i ponti è il modo migliore per non ripetere la storia, nonostante sia la cosa peggiore da fare».

Ci furono istanti di silenzio dopo le mie parole, un silenzio pesante che avvolgeva entrambi come una nube opprimente che copre il sole e fa piombare tutto nell'oscurità. Quasi sentivo il mio respiro pesante, ed ero sicuro che Matt sentisse il mio cuore battere furioso nel mio petto. Quando finalmente il silenzio si ruppe, fu perché Matt decise di parlare, sbattendomi l'amara verità in faccia.

«Dici così soltanto perché hai paura che ciò che ti è successo quella volta possa capitarti di nuovo, e lo capisco. Capisco anche la tua scelta, quella di andartene il prima possibile senza lasciare tracce di te. È un meccanismo di difesa che hai e che ti sei costruito con il tempo, dopo esserti reso conto che tenere la guardia abbassata non ha fatto altro che distruggerti. Eri convinto che sarebbe stato solo un gioco e invece hai finito per innamorarti dell'ultima persona che ti saresti mai aspettato, ma dell'unica persona di cui ti saresti mai potuto innamorare. E nonostante tutto, che ancora ami così tanto che il tuo cuore si rifiuta di provare altri tipi di amore pensando di non meritarli, di meritare soltanto il suo. Anche stanotte, in un certo senso, eri assente, non eri del tutto coinvolto. Avevo il sospetto che fosse per questa cosa che ti sto dicendo ora, e tu me  l'hai confermato con i tuoi gesti».

Ormai piangevo, praticamente, colpito profondamente da quelle parole che mi avevano ferito come mille coltelli affilatissimi – anche se sentivo di aver avuto bisogno di quelle parole, a dirla tutta. Aspettavo soltanto che qualcuno afferrasse la realtà della situazione complicatissima che stavo vivendo, tragica ed insostenibile, che qualcuno avrebbe il coraggio di sbattermi la realtà in faccia. Ed ero grato a Matt per ciò che aveva fatto quella mattina.

«Oddio, però io non volevo farti stare così», sbottò all'improvviso, facendomi scoppiare a ridere tra le lacrime.

Cercai di asciugarmi le guance. «Sta tranquillo. È solo un riflesso. Ti ringrazio, per avermi capito», dissi, sorridendogli grato.

Matt alzò le spalle. «È facile leggerti, Calum. Quindi, uhm... adesso te ne vai? O resterai almeno per la colazione?», mi chiese, guardandomi timoroso.

«Credo proprio che resterò, sì. Non ho fretta», risposi, annuendo convinto.

Matt mi sorrise. «Perfetto. E se... ti chiedessi di uscire con me, invece? Come amici, ovvio. Ho voglia di psicanalizzarti ancora per un po'».

Alzai un sopracciglio. «È una richiesta azzardata ma... okay, sarei più che felice di uscire con te».



***



[A/N] Questo capitolo è davvero corto, e lo so, ma è abbastanza coinciso lol. Spero vi piaccia lo stesso nonostante sia cortissimo, e ci vediamo domani con il prossimo capitolo!❤

Santa Cruz || Cashton (Too Close sequel)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora