capitolo 56

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“Megan prendi la scatola con le tende e cose varie!” parlò Louis sofferente a causa del pesante pacco che stringeva nelle mani colmo di piatti e tazzine, e che se l’avesse fatto cadere Eleanor l’avrebbe come minimo trucidato a forza di porridge e farina d’avena ad alto rischio di diarrea.

“Quale è?” mi affacciai con il volto verso le scale che il ragazzo stava percorrendo.

“Quella con scritto tende e cose varie, non credi?!” ridacchiò Niall alle mie spalle, caricandosi una delle ultime buste del corredo natalizio.

“Giusto!” ritirai le labbra in dentro, leggermente imbarazzata per la gaffe, cercando tra la decina di scatoloni.

La casa era praticamente vuota, a parte per le scatole e i mobili della cucina aperta sull’entrata dell’appartamento usurato.

Il salotto era tre volte quello che sembrava arredato, con il parquet rovinato dalla presenza dei mobili e dalle macchie di umidità.

Sì, la casa cadeva a pezzi, era maleodorante e conteneva miliardi di segreti disgustosi che non vedevo l’ora di non sapere; ma sapevo che, nonostante mi stessi per trasferire in una casa migliore e talmente spaziosa che sarebbe riuscita a contenere tutta la nostra grande famiglia allargata, mi sarebbe mancato.

Mi sarebbe mancato lo scricchiolio del parquet sotto i piedi nudi; mi sarebbe mancato il bagno ammuffito con le piastrelle che cadevano dai muri e che Louis riattaccava con la colla in modo che El non se ne accorgesse; mi sarebbe mancato il rumore del letto della camera padronale, anche se sapevo che l’avrei sicuramente risentito, ed anche molto spesso aggiungerei; e , soprattutto, mi sarebbe mancato l’ansimare di Abygail, che oramai era diventato come una ninna nanna per me .. più che altro mi sarebbe mancata Abygail in sé e per sé, anche se l’avevo vista tre, quattro volte quando ci chiedeva lo zucchero per fare i dolci che ci avrebbe portato.

“Ma quando la smette di scopare questa?!” rise malizioso Liam rientrando nella casa e rifornendosi le braccia del peso degli scatoloni, riferendosi ai rumori molesti che provenivano dall’abitazione di Aby, alla quale passava davanti nei numerosi viaggi per caricare le macchine e il camion dei traslochi.

“Me lo chiedo ogni santissima notte!” esclamai sorridente , prelevando la busta dall’angolino e caricandomela tra le mani.

Varcai attentamente la porta, cercando di non sbattere a destra e manca e di non ammaccare l’oggetto grande e pesante che trasportavo con fatica.

Le voci di Eleanor che cercava di guidare i quattro ebeti, si univa all’ansimare imbarazzante che proveniva dall’abitazione sottostante.

Harry mi passò di fianco con le maniche del maglione grigio arrotolate fino ai gomiti; mi sorrise con quel sorriso che solo lui poteva sfoggiare, risaltando le fossette ai lati delle guance e la fronte imperlata dalle goccioline di sudore.

Scesi uno scalino, rimanendo con un piede su quello precedente, e mi girai verso la nuca riccia a capo della muscolosa figura.

“Harry” lo chiamai piano, saltellando su un piede, cercando di mantenere l’equilibrio e di non cadere rovinosamente, spaccandomi l’apparecchio.

Si girò velocemente, puntando gli occhi interrogativi e audaci sui miei, mettendomi al corrente della sua attenzione alle mie parole.

“Sì, Meg?” chiese accennando un sorriso.

“Dov’è Flame?” pronunciai a bassa voce, preoccupata per la ragazza che fin dal giorno prima non si era fatta sentire.

“Be’, non so se lo sai, ma oggi aveva quella che dovrebbe essere la penultima udienza. Ma stasera ci sarà, non temere!” si girò per tornare a camminare tra gli scalini.

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