Un tunnel di pura luce mi condusse verso un ricordo sbiadito e misterioso, qualcosa che era rimasto impresso nella mia anima anche dopo la morte.
Mio figlio che correva verso di me attraversando l'immenso campo di grano di fronte alla mia vecchia casa.
Un vento caldo che mi cullava tra le sue braccia insieme alle nuvole bianche sopra il cielo, una mano fragile che stringeva la mia.
Mia moglie mi sorrideva dicendomi di controllare che Pedro non facesse qualcosa di avventato.. Ecco quale era il suo nome.. Pedro, mio dolce e amato figlio, mia vera ragione di vita.
L'amore che provavo per lui era qualcosa di indefinibile, essenzialmente unico.
Sin da quando sono nato, ho sempre concepito l'amore come qualcosa di semplice, logico, che rientra in degli schemi mentali già prestabiliti.
Ma quando Nacque Pedro, mi resi conto di quanto fosse assurdo cercare di inserire un così grande sentimento all'interno di una parola che appartiene ad un linguaggio finito,
Concreto, troppo tangibile.
L'amore necessita di un spazio vitale, perché senza di esso, si comprime irrimediabilmente fino a diventare un semplice sostantivo con un significato altrettanto semplice e frivolo.
Mia moglie invece, è sempre stata il palliativo della mia esistenza.
Con lei ho sempre avuto un'affinità incredibile, che calzava perfettamente con il concetto di "Due corpi ed una sola anima".
Mentre ero immerso nel sonno e nella riflessione, un forte rumore mi riportò alla realtà, facendomi svegliare di soprassalto con il cuore che sembrava quasi voler evadere dalla prigione del mio corpo.
Pronto a combattere, mi alzai in piedi cercando di scrutare nell'oscurità la presenza di Vincent o di qualche suo scagnozzo ma non vidi nulla. Era stato un falso allarme.
Decisi comunque di mettermi in marcia per evitare di rimanere troppo tempo nella zona accanto al castello di quello strano individuo.
Dopo un'ora di cammino, arrivai in una piccola e strana cittadina, che pullulava di gente vestita in modo assurdo, quasi fiabesco, con magliette e calzoni di tutti i colori e un portamento degno dei giullari del mio tempo.
Gli edifici intorno a me erano piccoli e ben curati.
Le strade, prive di sporcizia, erano attraversate con passo svelto dalle persone.
Camminando ai lati della strada cercai un posto dove poter recarmi per parlare con qualche individuo e scoprire dove mi trovassi.
Provai ad entrare in uno strano posto, chiamato "Super-Market", ma quando tentai di comunicare con un'anziana signora che si aggirava tra due enormi scaffali, lei non capì ciò che dicevo.
Io comprendevo perfettamente ciò che diceva ma lei sembrava non recepire nessuna delle mie frasi.
-"Deve essere una qualche magia che Vincent ha usato su di me." Pensai.
Mentre mi aggiravo per i corridoi di quel piccolo Market, sentii improvvisamente un forte boato e affacciandomi verso l'entrata vidi che un grande carro metallico aveva sfondato il muro travolgendo il commerciante e varie persone che si trovavano vicino esso.
Dall'auto, scese rapidamente una donna con i capelli rossi e gli occhi azzurri, vestita con un abito leggero, che faceva intravedere le curve del suo splendido corpo.
-"Zacarías, Salga in auto e venga con noi, ora!" Disse con tono secco e diretto non dando possibilità di replica.
Non avevo via di fuga in quanto l'ingresso era ostacolato da quello strano macchinario chiamato dai presente "Auto" e così fui costretto ad assecondarla.
All'interno della macchina mi stava aspettando un uomo sulla settantina che mi incappucciò e aspettò che salisse in auto la bella donna dall'Abito blu, per poi ordinare al conducente di partire.
-"Bene, Zacarías, ora lei mi condurrà nel luogo in cui ha nascosto gli oggetti che conducono ad Atlantide." Disse l'uomo anziano accanto a me.
-"Non so chi sia lei e come faccia a capirmi.. Ma non la porterò mai in quel luogo!"
-"Vedo che ci sono molte cose che Vincent Bell ancora non le ha spiegato, il solito Scansafatiche. Se lei non vuole collaborare, la costringerò con la forza!"
La macchina si fermò dopo una mezz'ora di cammino e, fatto scendere con violenza, fui portato all'interno di un edificio che doveva essere evidentemente molto alto perché salimmo molte rampe di scale impiegandoci svariati minuti.
L'anziano signore mi fece sedere su una sedia molto scomoda premendomi la mano sulla testa, come se volesse incollarmi ad essa. Poi, uscì dalla stanza.
Stette fuori 5 minuti, ma a me sembrò un'infinità.
Il tempo non passava mai, era come se fosse congelato da un qualche sortilegio.
Avevo paura perché non sapevo cosa mi stesse succedendo e dove fossi.
Mi trovavo in una situazione pericolosa e probabilmente ero stato catturato per lo stesso motivo per il quale Vincent mi aveva resuscitato: Svelare il segreto per arrivare ad Atlantide.
Mentre speravo di liberarmi dalla sedia alla quale ero legato, sentii la voce dell'anziano signore ed il rumore della porta che si chiudeva lentamente.
-"Bene, passiamo alle presentazioni! Io sono Tawamura Hideaki e studio la città di Atlantide da secoli e secoli. Vorrei che lei mi dicesse dove ha nascosto le
Chiavi e la mappa della città perduta.
Se si dimostrerà poco collaborativo, sarò costretto a punirla severamente."
-"Studia Atlantide da Secoli e secoli...?"
-"Crede di essere l'unico uomo sulla terra ad esser tornato in vita grazie agli strani sortilegi dei maghi? Beh.. Si sbaglia di grosso!"
-"Ora capisco.. Vincent Bell è un mago!"
-"Si, ragazzo. Vincent è un mago e grazie alle sue ricerche è riuscito a trovarti prima di me, ma, a quanto pare la fortuna mi sorride."
Sogghignò soddisfatto.
Mi tolse il cappuccio e vidi finalmente il volto del mio sequestratore, un uomo anziano di origine asiatica, probabilmente giapponese, che nonostante la sua età emanava una grande forza vitale.
Era vestito con una giacca, simile a quella che portava Vincent, ma di colore diverso.
In più, il signor Tawamura, indossava degli occhiali da vista neri che avevo visto indossare da più persone lungo le vie della città.
Il corpo dell'anziano, non era incurvato dal tempo e non aveva particolari segni di deperimento, probabilmente grazie all'incantesimo che lo riportò in vita tempo or sono.
Mi assestò improvvisamente un forte pugno sul volto, dimostrando di avere ancora molta forza in corpo e mi gridò di svelargli l'ubicazione degli oggetti proibiti.
Proseguì poi con un'altra serie di pugni sullo stomaco e sullo sterno, lasciandomi agonizzante sulla sedia, ma Io non parlai.
-"Vedo che sei un osso duro. Stanotte ci sarà da divertirsi allora!"
Il suo ghigno trasmetteva il piacere che provava a torturarmi e a vedermi perdere man mano la forza per resistergli.
Si allontanò da me, dopo aver messo a segno un'ennesima serie di pugni e con il volto sereno, quasi soddisfatto, mi disse:
"A stasera, Ragazzo."
Spense le luci e chiuse la porta, poi tutto si fece scuro.
Il cielo di fuori era sereno e lasciava intravedere una grande quantità di stelle.
La luce della luna entrava dalla finestra alla mia sinistra facendomi compagnia in quella notte buia e angosciosa.
Grazie a quella pallida luce, riuscii a scrutare l'interno della stanza con attenzione.
C'erano molti quadri appesi alla parete e varie fotografie sbiadite, apparentemente recenti, del signor Hideaki.
Una scrivania in ciliegio dominava sulla stanza e un grande tappeto persiano colorava il pavimento rendendolo un bagno di colori.
Uno stile di arredamento molto obsoleto per il ventunesimo secolo, ma suggestivo.
Di certo mi trovavo in una stanza di rappresentanza dove di solito Il Padrone di casa "accoglieva" i suoi "ospiti".
Avevo la sensazione che quel momento di quiete sarebbe finito fra un momento all'altro ed infatti verso le 3 di notte, il signor Tawamura tornò nella stanza con un tirapugni e dei coltelli, facendomi capire che non si sarebbe accontentato di una risposta negativa.
Il suo ghigno era parzialmente illuminato dalla luce della luna e i suoi abiti erano decisamente meno formali.
Era chiaro che stavo per essere torturato.
-"Ti dò un'ultima possibilità, Zacarías. Dimmi dove si trovano gli oggetti proibiti."
-"Mai!" Dissi con voce decisa, cercando di non far vedere la paura che cresceva dentro di me.
Sapevo a cosa stavo andando incontro ma non avevo altra scelta, dovevo proteggere Atlantide ed i suoi segreti ad ogni costo.
L'anziano signore per risposta si mise il tirapugni e mi diede un forte gancio sulla guancia destra.
Il dolore era insopportabile ed io avevo già capito che non sarei arrivato al mattino seguente.
Avrei difeso quel segreto fino alla morte perché così avevo giurato al Grande maestro dell'ordine e perché così voleva il Signore.
All'improvviso però, il vetro della finestra che manteneva illuminata la stanza, si ruppe.
Un proiettile attraversò da parte a parte la testa del Signor Tawamura, che, dopo qualche secondo, cadde a terra senza vita.
Seguì poi un grande boato ed infine la porta della stanza in cui ero rinchiuso venne abbattuta.
-"È un piacere rivederti, mio caro!"
Vincent era venuto a salvarmi, o perlomeno, a riprendersi la sua unica possibilità di arrivare ad Atlantide.
-"Mi dispiace molto, mio caro. Prima che tu fuggissi, mi sono scordato di dirti che ci sono molte altre persone dalle cattive intenzioni che ti cercano! Ahahahahah"
La sua risata in quel momento era totalmente inopportuna ma mi fece sentire sollevato.
Il Mago mi slegò dalla sedia e mi portò fuori dove ci stava aspettando l'uomo in giacca e cravatta che aveva tentato di fermarmi durante la mia fuga.
-"Ah, dimenticavo! È ora delle presentazioni! Quest'uomo possente è il mio fidato Maggiordomo che provvede alle questioni più.. "Manuali" per così dire. Ahahaha!"
Il maggiordomo ci fece salire su un'auto nera ed elegante e partì velocemente."
-"Mi dispiace di averti salvato in questo modo così fanciullesco, Mio caro, ma dobbiamo cercare di allontanarci il più possibile, prima che quel vecchio bacucco si
Risvegli. Ahahaha!"
-"Il signor Tawamura non è morto? L'ho visto cadere a terra con un buco nella testa!"
-"Si, mio caro, tecnicamente è morto ma essendo lui un redivivo come te, tornerà in vita dopo che la ferita si sarà rimarginata completamente."
Mentre eravamo seduti nei sedili posteriori, Vincent mise le sue mani intorno alla mia testa e recitò una strana formula magica per qualche istante.
-"Cosa mi hai fatto?!"
-"Ho tolto l'incantesimo che ti permetteva di comunicare solo con creature che avessero un tasso magico sopra il quaranta percento.
Ora potrai comunicare con tutti e capire ogni singolo vocabolo, nonostante tu stia parlando una lingua a te sconosciuta."
-"A proposito Signor Vincent, dove ci troviamo esattamente?"
-"In Inghilterra, Mio caro! Per l'esattezza in una campagna isolata ai confini con la Scozia. Ahahaha"
Probabilmente Vincent rise dopo aver visto la mia faccia sconcertata per quella notizia.
Come ero finito così lontano da casa?
Non mi ero mai allontanato così tanto dalla Spagna se non per la missione segreta durante le Crociate.
-"E ora dove siamo diretti?"
-"Ahhh, Mio caro, sii paziente, presto lo scoprirai!"
Poi il mago mi guardò dritto negli occhi e persi conoscenza.
STAI LEGGENDO
Eden: Il mago, il cavaliere, la chiave.
FantasyUn antico guerriero risvegliato da un sonno durato otto secoli, un mago dai poteri misteriosi e una chiave, che conduce all'eden. Un viaggio alla scoperta del ventunesimo secolo con gli occhi di un antico abitante della terra ed i suoi fantastici co...