Sbuffo frustrata mentre torno a casa. Come al solito ho perso l'autobus, Tony non è venuto a scuola e le mie amiche sono messe peggio di me.
"Ma domani che giorno è?" chiede Rosa accigliata.
"Sabato".
I suoi occhi si illuminano.
"Sabato? Quindi niente scuola?! Ah che bello, potrò dormire in pace!"
Nicla scuote la testa.
"Beata te che ne hai la possibilità. Io se non mi sveglio entro le nove mia madre è capace di pagare dei musicisti solo per svegliarmi in mal modo" sospira.
Io ridacchio.
"Posso capirti, con la differenza che mia madre anche il sabato mi sveglia alle sette, prima di andare a lavoro. É davvero palloso, perché su sette giorni non ho la possibilità di dormire fino a tardi".
"Neanche la domenica?" chiede sbalordita Rosa, con la faccia di una che sta per avere un infarto.
Annuisco.
Piagnucola.
"Non so tu come faccia".
Ci voltiamo tutte quando sentiamo qualcuno chiamarci. Una ragazza dai capelli rossi ci corre incontro con l'affanno.
"Dio santo, ma siete sorde?" boccheggia con il respiro accelerato, mentre si porta una mano al petto.
"Elda, non è colpa nostra se tu ci chiami da tre metri lontani" la rimprovera Nicla.
La ragazza in questione le manda un'occhiataccia mentre respira ancora affannosamente.
"Ma che hai corso la maratona?" scherzo.
Alza il dito medio facendomi ridere.
"Volevo invitarmi a casa mia, dato che è libera e mi annoio a star da sola. Poi oggi pomeriggio decidiamo dove andare" annuncia.
"Ma a mangiare? Cioè già da adesso?" chiedo.
Annuisce.
"Sempre se per voi va bene" aggiunge subito.
Non so.
Insomma, mamma torna verso le due ed è l'una e dieci, sicuramente non si cucinerà niente e farà il digiuno. Non me la sento poi di lasciarla da sola.
"Se volete io posso raggiungervi verso le quattro e mezza" dico.
Elda fa un segno di assenso.
"Come volete."
"Dammi il tempo di avvisare mia madre, io vengo" dice Rosa prendendo il telefono. Si allontana e inizia a parlare dopo quelli che sembrano due squilli.
"Neanche io posso. Devo aiutare mio fratello con una cosa, verrò in pomeriggio con Eleonora" sento dire da Nicla, mi volto verso di loro e noto che quest'ultima mi guarda come per continuare qualcosa.
"Oh ehm sì, verremo insieme" esclamo insicura.
Elda annuisce e fissa la sua attenzione su Rosa che si è appena avvicinata.
"Ha detto di si" dice.
"Voi che fate?" chiede poi rivolta verso me e Nicla.
"Verremo oggi pomeriggio" diciamo all'unisono io e la mia amica.
Annuisce.
"A oggi allora" salutano entrambe sorridendo e svoltando viale.
Con Nicla al mio fianco cammino verso i quartieri.
"Sei sicura di dover fare qualcosa con tuo fratello?" chiedo guardandola negli occhi marroni.
Fa spallucce.
"Sì, ma comunque non avevo voglia di andarci..."
"Capisco" dico annuendo.
Non dico nulla di più, nulla di meno, anche se penso che quello che ha fatto è stato stupido.
Gira verso il viale di casa sua, salutandomi con un bacio sulla guancia. Il mio è quello dopo, e in poco sono all'interno del mio palazzo. Mi faccio i nove scalini, fortunatamente abito al primo piano. Sospirando, prendo dal mio zaino la chiave della porta. Spingo quest'ultima con il piede e poggio lo zaino per terra per poi mettere la chiave nella serratura.
Vado in cucina e inizio ad apparecchiare. Sono già le due meno un quarto. Prendo dalla dispensa una pentola e ci verso dentro dell'acqua, per poi metterla sul fuoco. Prendo le pennette e aspetto che l'acqua si riscaldi per poterle versare nella pentola. Mi siedo e prendo il cellulare. Venti messaggi da tre chat di Whatsapp.
Apro l'applicazione ed ho quindici messaggi sono da parte di Tony. Sorrido e apro la sua chat. Questo ragazzo è terribile.
"Oddio El non puoi capire cosa è successo" dice il primo messaggio.
Curiosa lascio scorrere il dito e continuo a leggere.
"Stamattina mi sono svegliato tardi e mamma non si è incazzata... Come faceva di solito."
"Credo ci stia facendo l'abitudine."
"Tornando a noi, mi ha chiesto di andare dal macellaio"
"Quello più avanti dei quartieri spagnoli"
Dopo questa frase, sgrano gli occhi. I quartieri spagnoli non sono affatto raccomandabili. Spesso ci sono improvvise sparatorie, c'è giro di spaccio, insomma non c'è gente buona. Solo che c'è anche un lato positivo, non tutti sono coinvolti in questa schifezza, e molti sono soltanto vittime. Un pó come il Bronx a New York. Con una differenza: qui ci sono anche alcuni vicoli da evitare.
"Tipo decido di non andare con il motorino ma con la bici"
"Prendo la carne"
"La metto nel cestino"
"E convinto cerco di andare a casa"
"Ma una cosa me l'ha impedito: le ruote bucate"
"Non sai quanto mi sono incazzato"
"Ho trascinato quel catorcio fino a casa"
"Ma menomale che non avevo il mio spendore"
"Altro che ruote bucate"
"Non l'avrei proprio trovato il motorino".
Scoppio a ridere e digito:"Ma capitano tutte a te HAHAHAHA"
La risposta non tarda ad arrivare.
"Sisi ridi pure tu".
Mando la faccina che ride e decido di rispondere dopo agli altri messaggi.
Mi alzo e verso la pasta.
Sono le due meno dieci.
"Che cavolo" esclamo ad alta voce.
Prendo il pesto dal frigo e prendo un'altra pentola. Dieci minuti ed è tutto pronto. Prendo i piatti e metto le porzioni, per poi metterli a tavola.
Bussa il campanello e corro ad aprire. Sto morendo di fame.
Apro e sorrido alla mamma.
"Finalmente! Sto morendo di fame" esclamo chiudendo la porta dopo che lei è entrata.
"Attenta a non mangiarmi. Sono sudata, poi magari hai un'indigestione" dice ridendo.
Faccio una smorfia con le labbra.
"Sentivo una strana puzza" scherzo.
Mi guarda male.
Noto che non si toglie le scarpe prendendo le sue pantofole ridicole con i fiocchi rosa. Si siede a tavola e la raggiungo. La guardo sospetta per un minuto intero, tanto che lei rimane con la forchetta a mezz'aria per ricambiare lo sguardo.
"Perché mi fissi?"
Sto zitta e continuo a guardarla.
Sospira alzando gli occhi al cielo.
"Eleonora, sai che mi da fastidio quando mi si guarda senza dire una parola" mi dice in dialetto.
Prendo una forchettata di pennette.
"Mamma perché non ti sei tolta scarpe?"
Può sembrare stupido e/o banale, ma la conosco, le da fastidio indossare le scarpe mentre è a casa, ed io do molta attenzione alle piccole cose.
Abbassa lo sguardo sul suo piatto facendo una scrollata di spalle.
"Così. Non posso avere le scarpe?" chiede di rimando, sempre in dialetto.
Ingoio il mio boccone e poi le rispondo secca e in dialetto.
"Hai sempre detto che ti dava fastidio tenerle in casa."
Abbassa di nuovo lo sguardo e sta zitta mentre mangia.
"Mamma..." insisto.
Sbuffa.
"Devo andare a lavoro alle tre e mezza."
Mi acciglio e fisso e non fisso il mio piatto. Non è normale che abbiano aumentato improvvisamente gli orari... Me ne avrebbe parlato. Un'idea mi balena la testa.
"Ti sei fatta aumentare l'orario per avere di più a fine mese?" do voce ai miei pensieri.
Sta zitta. Interpreto il suo silenzio come un sì.
Scuoto la testa, frustrata.
"Mamma ma perché? Non è già molto tutto quello che fai? La sera torni qui distrutta!"
Si alza e poggia il piatto vuoto nel lavandino. Si gira verso di me e mi guarda con un piccolo sorriso.
"Non devi preoccuparti per me".
"Rispondi alla mia domanda".
Passa un minuto di silenzio, dove io guardo lei e lei non guarda me.
"È aumentato il pigione."
Ah.
"Ho capito..." sussurro.
Mi sorride e viene verso di me posandomi un bacio sulla fronte.
"Sono le tre, io scendo. Ci vediamo stasera" mi saluta.
Resto in cucina quando mi ricordo di Elda.
"Ah, mamma!" esclamo correndo all'entrata.
Mi guarda accigliata, chiedendomi con lo sguardo il motivo del perché urlo.
"Oggi devo uscire con le mie amiche".
Annuisce anche se io non le sto chiedendo il permesso, ma la sto semplicemente avvisando. Ma non glielo dico.
"A che ora?" mi chiede.
"Quattro e mezza. Torno verso le sette... Credo. "
Annuisce ancora.
"Devo portarmi la chiave?"
"Sì, ma non credo farò più tardi."
Prende la chiave di riserva e mi manda un bacio volante.
"Divertiti".
La porta si chiude dietro di lei ed io sbuffo.
Che situazione difficile.
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Resta ancora un pó.
Romance"Ma quando le cose non stanno andando per il verso giusto, non dimenticarti mai che Dio sa che cosa è giusto per te e alla fine tutto andrà bene."