Capitolo tre.

11 6 3
                                    

"Per un bambino perdere la propria mamma o il proprio papà deve essere una delle esperienze più tristi che si possa immaginare. Potrebbe volerci molto tempo prima che superi ed elabori la perdita. Purtroppo, ci sono poche occasioni in cui si ricorda delle cose riguardo la persona venuta a mancare e quando queste si verificano possono crearsi delle situazioni abbastanza commoventi..." spengo la tv immediatamente. Perché al Tg devono sempre trasmettere queste cose così deprimenti e metterci quelle solite frasi da quattro soldi? Loro non possono sapere il dolore, non possono saperlo e non possono capirlo se non lo vivono sulla stessa pelle.
Che ipocrisia.
Poi boh, non si può parlare di sport? Cronaca rosa? Della regina Elisabetta, o che caspita ne so, del successo di Cameron Dallas? No ovviamente. Sempre e solo cronaca nera.
Sbuffo alzandomi dal divano e andando in cucina a prendere un succo di frutta.
Guardo l'orologio appeso sopra la porta e sono le quattro. Sospiro e mi dirigo in bagno per farmi una doccia.
Mi spoglio, apro la fontana della doccia per far diventare l'acqua calda. Tolgo i tappetini per non bagnarli. Passa qualche minuto, e quando vedo il vapore capisco che è più che calda, bollente. La regolo ed entro nella vasca.
Penso a ieri pomeriggio, a quanto mi sia divertita insieme alle mie amiche. Penso alla mamma, alle cose che m'ha detto, ai soldi e al lavoro. E se lavorassi anch'io? Insomma, con i soldi guadagnati da me, e i suoi, di certo ce la potremmo fare. Mi sciacquo e prendo l'accappadoio. Esco dalla vasca e noto il vetro della toilette appannato. Ridacchio. Forse l'acqua era troppo calda. Con il phon mi asciugo addosso, fatto ciò, asciugo i capelli.
Vado verso la mia camera nuda e prendo l'intimo. Con una velocità pazzesca, manco qualcuno stesse facendo il video, lo infilo.
Vado di nuovo in bagno e prendo il panno per asciugare il vetro e le mattonelle della doccia, poi prendo l'aspirapolvere per i capelli caduti mentre li asciugavo. Poso tutto e rimetto i tappeti al loro posto.
Ritorno in camera mia e prendo un jeans a vita alta con un maglioncino nero. Dal cassetto, prendo i calzini per poi mettere le Stan Smith bianche e rosse.
Dal cassetto della scrivania prendo il borsello del trucco e metto il mascara.
Mi guardo allo specchio indecisa su come aggiustare i miei capelli. Decido di passarci la piastra e lasciarli così.
Sono le cinque e mezza.
Vado nella stanza della mamma e metto un pó del suo profumo. Se lo scopre mi ammazza.
Bussano il campanello, e prima di andare ad aprire prendo il mio cellulare dal salone.
"Hello" mi saluta Nicla entrando.
"Sei pronta. Un miracolo" mi prende in giro.
Le do uno schiaffo leggero sulla nuca.
"Smettila!"
Ridiamo insieme.
"Andiamo?" continuo.
Annuisce.
"Mi hai fatto fare nove scalini inutilmente. Potevo stare ad aspettarti benissimo giù" dice col broncio mentre scendiamo le scale.
Rido ancora.
"Dai, nove scalini non sono niente. Ringrazia che non sono dell'ultimo piano".
La sento sbuffare.
"Ma l'ascensore non è stata creata per hobby".
Chiudo la porta del cancello dietro di me, e la raggiungo.
"Beh, come vedi nel mio palazzo non c'è" la ressegno.
Sbuffa ancora.
"Maledetto".
"Dov'è che ci aspettano le altre due?" chiedo, avendo dimenticato il punto di incontro.
"A piazza Plebiscito".
Piagnucolo.
"Oddio, dobbiamo farci tutta quella strada?"
"Dai, non è molta strada" alza gli occhi al cielo.
"Dobbiamo andare per via Toledo. Capisci?" continuo a mugnare.
"Se andiamo per piazza Trieste facciamo prima".
La guardo male.
"Ma dai".
Buoni 15 minuti passano e siamo arrivati. Mi fanno già male i piedi.
"Ti consola almeno sapere che abbiamo fatto prima a piedi che con qualsiasi altro mezzo di trasporto?" chiede sorridendomi, trattenendo una risata.
La guardo male di nuovo.
"No".
Rosa ed Elda sono sotto il colonnale ad aspettarci. Le raggiungiamo e ci salutiamo. Io continuo a lamentarmi del fatto che mi facevano male i piedi, e che il mio corpo in questo momento ha bisogno di nutrirsi.
"Come cazzo fai ad essere così magra io non lo so" fa una smorfia Elda.
Le sorrido.
"Metabolismo veloce".
Fa un broncio.
"Ho fame anche io" si lamenta a ruota Rosa.
Nicla schiocca la lingua.
"Mangerete dopo. Piuttosto, guardate quei ragazzi lì" dice con aria sognante.
Ci voltiamo verso il gruppo indicato e riconosco una chiama nera tra esso.
"Ma quello non è Tony?" chiedo socchiudendo gli occhi per vedere meglio.
Elda annuisce.
"Il mio Tony".
"Attenta che ti si fanno gli occhi a cuoricino" la prende in giro Nicla.
Elda ha sempre avuto una cotta per il mio amico, ma non ha mai avuto il coraggio di dirglielo per non "rovinare" la loro amicizia.
"Andiamo?" chiedo.
Senza aspettare risposta mi avvicino verso di loro. Con la coda dell'occhio le vedo raggiungermi, sorrido.
Saluto tutti con il solito "uè".
Tony mi guarda sorridendo.
"Ma ciao piccola Heidi".
Lo guardo male, e gli altri scoppiano a ridere.
"Ma ciao, Peter" ricambio con un falso sorriso.
Lui scoppia a ridere e senza che nessuno gli dicesse niente, mi presenta ai suoi amici.
"Ragazzi, lei è Eleonora Cacciapuoti".
I ragazzi ricambiano con un semplice "ciao".
Finite le presentazioni delle mie amiche, iniziamo tutti a parlare.
"Allora bella, quanti anni hai?" mi chiede un tizio dai capelli castani in dialetto.
"Quarantasette".
Ride e borbotta un "divertente".
"Peccato. Io ne ho diciassette, sei troppo grande per me" dice divertito.
Annuisco finta dispiaciuta.
"Già. Che peccato".
Ride di nuovo e sorrido.
"Mi chiamo Antonio" si presenta.
Nessuno ti ha chiesto niente però.
"Già sai come mi chiamo" rispondo divertita.
Annuisce.
"Quindi, quanti anni hai?"
Sorrido.
"Te l'ho detto".
Lui si morde il labbro e scuote la testa.
"Nah, sei troppo bella per avere quarantasette anni" dice sorridendo.
Lo guardo sgranando gli occhi.
Boccheggio senza parole, cosa che lo fa ridere di nuovo.
"È un modo per fare conquiste?" scherzo anche io.
Arriccia il naso e apre la bocca per rispondermi ma Tony lo interrompe.
"Heidi, sai che Luigi frequenta la tua stessa scuola?"
Io lo guardo. Lui mi guarda. Guardo gli altri che ci guardano.
"Ma chi è Luigi?" chiedo confusa guardandolo stranita.
Scoppiano a ridere, e mi domando cos'ho detto di tanto divertente.
"Sono io sono io" dice un ragazzo in dialetto, ridendo e alzando la mano.
Lo guardo con indifferenza.
Quindi? Io cosa dovrei farci?
"E allora?"
Ride e fa spallucce.
"Così."
Faccio una smorfia con le labbra e guardo ancora questo ragazzo, scuotendo la testa. Questi sono proprio stupidi.
Rosa ride.
"Lei è così. Non ci far tanto caso" dice con aria da civetta.
La guardo alzando le sopracciglia, dato che di alzarne solo uno non ne sono capace.
"Scusa Rosa ma che vorresti dire con "lei è così non ci far caso"? Se hai qualcosa da dirmi fa pure e non ti sbattere solo perché ci sono ragazzi" ribatto fredda guardandola.
È una mia cara amica da due anni, ma quando le persone, soprattutto le ragazze, fanno così solo perché ci sono persone sconosciute per farsi divertenti e socievoli mi fanno incazzare male.
Mi guarda male come ad intimarmi di smettere. È già successo una volta perché lei, amica e buona, diventa una civetta appena ci sono ragazzi nei paraggi.
Elda finge una tosse e ci guarda imbarazzata.
"Che ne dite di una pizza?"
Antonio annuisce.
"Certo, c'è quella pizzeria al lungomare di Mergellina che le fa ottime".
"Siamo a Napoli d'altronde, se non è buona qui..." borbotto.
Mi sorride divertito e mi poggia il braccio sulle spalle.
Lo guardo senza dire nulla.
Ma quanta confidenza si prende sto qua?
"Hai ragione carissima".
Sforzo un sorriso.
"Lo so, carissimo".
Guarda il mio sorriso, poi i miei occhi, e sospira guardando davanti a sé.
Bah.
Sento un fischio dietro e mi giro per guardare Nicla con un'espressione per niente normale.
Alzo gli occhi al cielo ridendo e Antonio mi segue a ruota.
"Mio dio, che stupida" le urlo contro ridendo.
Fa uno strano verso facendomi ridere ancora.

Resta ancora un pó.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora