Marzo 28, 2014

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Stasera, più delle altre volte, ho sentito quanto fosse diverso.

Toccare la sua pelle mi ha sempre calmato e rilassato. Ma stasera, mentre era nudo, su me, toccarlo è stato come passare la mano su una lastra di marmo. I capelli neri e ancora bagnati dalla doccia, grondavano le loro gocce d'acqua sul mio viso, intanto che le nostre bocche fingevano di non volersi toccare di proposito, perché andava bene così, piuttosto che per un desiderio che, in realtà, provava ad essere rianimato da qualche gemito un po' più spinto. Ho provato ad avvicinarlo, stringendo le gambe dietro la sua schiena. Ma sembrava assorbito dal suo piacere, gli occhi socchiusi, seppur fossimo in penombra. Credo sentisse più di me che non fosse lo stesso. Che noi non fossimo più gli stessi.
Nessuna parola. Non che fossimo dei chiacchieroni, ma rimanere in silenzio, lasciando che l'altro capisse la mossa successiva con un solo sguardo, non faceva per noi.
Non sono state le sue labbra socchiuse o il petto nudo e abbronzato sotto le lunghe ciglia nere a raggiungere l'apice di quel momento sfinito, quanto il vederlo uscire, indietreggiare con le ginocchia sul materasso, stringermi i fianchi con forza e voltarmi, senza dire una parola. Senza chiedere se mi andasse.
Disteso a pancia in giù, con lo stesso erotismo di chi fa le parole crociate, l'ho sentito dimenarsi con rabbia -l'ennesimo tentativo di riportarmi indietro. L'ennesimo fallimento- senza nemmeno preoccuparmi di fingere che fossi preso anche solo la metà di quanto lo fosse lui.
E la cosa peggiore è che entrambi sapevamo. Sapevamo pur senza dir nulla. Sapevamo che ci stavamo sfaldando fra quelle lenzuola. E che fosse inevitabile. Chissà da quanto lo sapevamo.
Ha stretto tanto forte da farmi urlare -seppur fosse un altro tipo di urlo- e spinto, più che mai, rauco, con quei gemiti gravi e colmi di insofferenza.
Non mi son nemmeno sforzato di toglierlo di dosso. Di preparare un tè e mettermi a pensare davanti alla finestra. Approfittando di quel momento per pensare alla revisione dell'ultimo caso.
Era lì che, perfino in quei momenti, la mia testa vagava ininterrottamente da un po'. E mi son perso tanto da non accorgermi che aveva finito e si stava alzando, mormorando qualcosa alle mie spalle.
Il rumore di un'altra doccia. Il mio corpo steso, ancora nudo, ricoperto dal suo sudore mischiato all'acqua. Ha avuto il tempo di concludere e sdraiarsi. Ed io ancora immobile.
Ha avuto il tempo di addormentarsi. Ed io mi sono alzato e son venuto fin qui, alla finestra.

Se solo mi fermo a ripensare alla passione con cui ci amavamo anni fa, mi sembra di vedere due persone differenti. L'età non c'entra. Eravamo più giovani, ma non per questo ci amassimo senza ragione, spinti solo dalla voglia di far sesso. Proprio no. Forse, sarebbe meglio ammettere che, in realtà, eravamo davvero differenti.
Due persone che non si sarebbero mai immaginate che la loro relazione avrebbe preso una strada del genere.
Ma chi può mai immaginare una cosa del genere?

E so perfino cos'è cambiato. Da quando è cambiato, almeno.
Seppur abbia solo intravisto l'aura ambrata e bruna di Kaleb, non riesco a pensare che...

Guarda. Non riesco nemmeno a scriverlo.



W. B., Letters from Nowhere [🌈LGBT+ STORY]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora