Prologo

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Quando sei giovane, i rumori della vita sono musiche da ballare, da vivere, da respirare. Melodie da intessere nei propri anni sapendo che sulle note di una canzone ci sarà sempre l'eco di un ricordo, che si mescolerà ad un altro ma senza mai emettere il suono del precedente perché ogni nota della vita è unica, specialmente quelle che colorano l'adolescenza.
Ci sono canzoni che ti dedicheranno ed altre che ti ricorderanno chi hai amato.
Sul portico di legno della mia hopeland, guardo la spiaggia e mi avvicino lentamente al moderno marchingegno per alzare il volume col semplice tocco di un dito nell'aria.
You are mine.

Una canzone che apre la porta alla macchina del tempo per farti tornare li, seduta su una scogliera deserta, illuminata solo dal pallido sorriso di una luna estiva che mai più bagnerà quella notte del tuo compleanno per i tuoi diciassette anni, perché la vita é fatta di momenti unici che non torneranno mai.
Quando sei alla fine di questa lunga ma breve meraviglia chiamata esistenza, riesci ad ascoltare i silenzi che da giovane non sopportavi. Nei silenzi, senti l'eco di rumori vissuti e ogni suono va a posizionarsi nella culla del suo ricordo.

Hopeland.

L'acqua, la schiuma delle sue onde che giocherella sulla sabbia frizzante. Il tuffo del sole nel mare é silenzioso e un pittore invisibile sembra aver lanciato i primi spruzzi arancioni sul cielo per precedere i colori della notte.

Ho tanti  anni da raccontare, forse troppi; il mio sguardo, appoggiato all'orizzonte, é quasi stanco.

La sua voce giovane ancora canta nel mio cuore.
Mi guarda mentre accarezza la sua chitarra come se fosse un pezzo della mia anima che solo lui sa accordare per la melodia più bella che quella spiaggia abbia mai ascoltato: la nostra.
La sua voce innamorata. I suoi occhi azzurri come il cielo di giorno, inumiditi dal pallore della luna di quella notte d'estate. Semplicemente lui.
Cerco il punto di partenza, un ricordo sorgivo da cui posso snodare il mio racconto. Il rombo di un treno. Oh si, il mio adorato Texas lasciato per sempre alle spalle.
Il 2017. La nuova villa ad aspettarci nel Colorado Spring.
Lo scorrere rapido dei paesaggi texani sul vetro sporco del finestrino al mio fianco. Opaco come i miei occhi offuscati dalle lacrime di un'adolescenre che non capiva.

L'egoismo adulto... Che non ci diede tempo nemmeno di finire l'anno scolastico. Il lavoro di mio padre e la tediosa insoddisfazione di mia madre.
Partirò da lì.

Bevo un sorso d'acqua e guardo Egel con i suoi capelli verdi arruffati e il suo sguardo vispo da adolescente, sporgersi verso di me. Mi sento pervasa da un amore per lei che forse non avevo mai provato prima per un nipote. Vorrei dirle così tante cose.
"Nonna, me la racconti?"
"È un amore di altri tempi. Oggi dicono che non esiste più, o almeno, nessuno vuole crederci... ma l'amore non verrà mai meno su questa terra"
"Io credo nell'amore"
La guardo con compassione. Crede in un amore che i giovani di oggi mescolano a confusione
"Parlo dell'amore eterno. Ho amato solo un uomo, Egel"
"Dimmelo ti prego! Mi avevi promesso di raccontarmi anche la storia del diamante..."
"D'accordo"
"Dunque... cercavo il punto di partenza, dove ero rimasta? Ah si... su quel dannato treno! Allora credevo mi stesse rovinando l'esistenza. Avevo sedici anni, Lizzy ne aveva diciassette. Arrivammo a 4040 Saunderton Grave all'inizio dell'inverno.
Era una villa grande, immersa nel verde e mia madre ci iscrisse subito nella scuola più ricca del luogo. Mia sorella non impiegò molto a crearsi un gruppo di amici non appena vi mettemmo piede.
Io rimasi lì, nel mio guscio protettivo, fatto di romanzi e sogni ad occhi aperti, coperto da un cordiale sorriso e decorato da un carattere vivace.
Parlavo poco dentro casa, almeno i primi tempi. Mi ero convinta che nessuno potesse davvero capirmi. Ma presto mi riappropriai di quella serenità tipica del mio carattere spensierato.
Dopotutto, in quell'inverno grigio e annebiato dal cambiamento improvviso, bastava tendere un po' l'orecchio al suono dell'inaspettato, perché le cose più belle la vita le regala là dove non ci aspetteremo mai di essere o di arrivare.

Oh si, se invece di piangere in quelle prime notti nella grande camera nuova, avessi teso un po' l'orecchio del cuore, avrei sentito in lontananza una melodia primaverile, profumata di quei sogni che credevo nessuno, oltre Dio, leggesse.

***

Hope Where stories live. Discover now