"Siamo nel sud della Norvegia, nella contea Telemark. Qui vicino c'è una città, la capitale, Skien, la sede del branco che una volta si chiamava 'Cold Wolves'." Il verbo pronunciato da Aase richiamò la mia attenzione: "Perché hai usato un tempo passato? Cosa è successo?" L'espressione sul suo viso divenne più seria mentre rispondeva alla mia domanda. "Nessuno davvero lo sa con precisione, solo i membri che vi appartenevano e ai quali hanno imposto di non farne parola. L'unica cosa certa è che il branco è stato attaccato da un altro che non faceva parte della zona, cosiddetta ai nostri giorni, dell'Europa del Nord. Immagino sia stata una strage così ampia e sanguinolenta che sarebbe troppo impressionante, sia raccontarla che ascoltarla, ma questa è solo una mia supposizione. La cosa davvero stupefacente è che ha colpito solamente la sede del branco, in città nessuno ha avvertito nulla di strano, nessuno è riuscito a fiutare il pericolo e per questo deve essere finita tragicamente." La mia brama di conoscere, però, non era stata ancora soddisfatta, infatti domandai: "Ora c'è qualcosa lì? Oppure sono solo macerie?" Finalmente, l'espressione di Aase si rasserenò. "Sì, c'è una specie di comitato per i raduni annuali di tutti gli Alpha che si tiene il giorno del solstizio d'estate. È un obbligo prendervi parte e nessun branco può sottrarvisi." In effetti, mi ricordai che fin da bambina mia madre e mio padre verso metà giugno si assentavano per qualche giorno, ma non mi avevano mai portata con loro e non avevo mai saputo cosa andassero a fare. "Comunque, sai se c'è qualche altro branco qui vicino? Non vorrei imbattermi in brutte situazioni." "Che io sappia, in questa contea non ce ne sono altri, nelle altre probabilmente sì, ma non li conosco." Io annuii e il mio sguardo venne attirato dal panorama fuori dalla finestra nella sala. Il momento fu particolare: il sole era già tramontato, ma il cielo non era ancora abbastanza scuro da non riuscire a distinguere le sfumature del verde del prato e della vegetazione circostante. Mi vennero in mente tutte le sere passate a guardare la volta celeste dalla portafinestra della mia camera da letto, con gli auricolari nelle orecchie e nella mente le righe di un buon libro o i versi di una poesia. "Ti manca casa tua?" La voce di Aase mi riportò alla realtà. Notai che aveva tolto i dolci dal forno, poiché ora si trovavano in una ciotola davanti a me, e, per rispondere alla sua domanda, mi limitai ad abbassare il capo e ad annuire. Fu come ricevere un colpo sulla cassa toracica, tutto il dolore che avevo cercato di arginare era tornato, più forte e atroce di prima. Mi investì la consapevolezza di aver lasciato i miei genitori, anche se contro la mia volontà, dopo un litigio nel quale mi avevano invitata ad andarmene per il mio bene e quello del branco, di non essere riuscita a chiarire, di trovarmi in una situazione di stallo e di insicurezze, di non sapere dove andare, cosa fare, nulla, non sapevo nulla. Iniziarono a bruciarmi gli occhi, la gola si chiuse e le spalle si tesero nel tentativo di non far sgorgare neanche una di quelle lacrime che mi avrebbero bruciato la pelle se avessero ottenuto la possibilità di rigarmi le guance e di scendere sul collo, fino ad incontrare la loro fine, spargendosi sul tessuto della mia felpa, che le avrebbe assorbite e prosciugate. Mi impedii di muovermi e rimasi immobile anche quando Else mi salì sulle gambe e mi abbracciò forte, consolandomi con il suo calore. Poi sentii le sue manine avvicinarsi al mio volto e così chiusi gli occhi mentre lei le passava leggermente sulle mie palpebre serrate, cercando di confortarmi. Presi un gran respiro e finalmente ritrovai la forza di guardare la bambina nei suoi meravigliosi occhi, specchi della sua anima innocente e pura, così grandi che non le servivano le parole, non erano necessarie quelle futili emissioni vocali per comunicare, possedeva già quei pozzi così caldi ed espressivi. Le sorrisi, la strinsi al mio petto ed improvvisamente la voglia di piangere mi lasciò libera dalle sue catene, lasciando spazio alla tranquillità e alla fiducia in quelle due figure che erano penetrate nel mio cuore diffidente talmente facilmente e naturalmente e che, assieme a Kim ed Elías, non mi avevano giudicata in base al mio aspetto 'alternativo'. Anche Aase si unì a quell'abbraccio e dopo esserci staccate, passammo le ore seguenti a parlare e sgranocchiare biscotti, con un peso in meno sull'anima.
Mi svegliai nella stanza degli ospiti che gentilmente Aase mi aveva preparato, nonostante le avessi assicurato che dormire sul divano mi sarebbe andato benissimo. Decisi di chiedere alla padrona di casa di poter restare ancora qualche ora, poi mi sarei messa in cammino e avrei cercato un altro riparo, non era sicuro per lei, né per la bambina vivere con un lupo mannaro. Un brivido mi percorse la spina dorsale fino alle spalle al contatto con il pavimento leggermente freddo, e se io, lupo mannaro, sussultavo, immaginai Aase ed Else. Udii le loro voci in cucina e quando apparvi allo stipite della porta, venni accolta da un sonoro buongiorno di Aase e da un maldestro tentativo da parte di Else di imitare la pronuncia della madre. Risi divertita dopo troppo tempo che non riuscivo quasi nemmeno ad alzare gli angoli della bocca. Facemmo una breve colazione, poi presi in disparte la madre e le comunicai la mia decisione di lasciare l'abitazione a breve. Lei mi guardò dispiaciuta, ma comprese le mie ragioni. Così, a distanza di poche ore, mi trovai fuori dalla loro casa per salutarle e ringraziarle per tutto ciò che avevano fatto per me. Abbracciai Aase e poi mi chinai verso la piccola Else, la quale mi poggiò una mano sul cuore e mi regalò uno dei suoi dolci sorrisi. Io feci lo stesso e quello fu il nostro arrivederci. Non sapevo se ci saremmo riviste, ma volli credere a questa possibilità. Quindi, mi trasformai in lupo e Aase mi legò sulla schiena un sacco con dentro dei vestiti pesanti e un po' di provviste. Iniziai ad allontanarmi e mi imposi di non girarmi. Mi addentrai nella foresta, e solo quando fui sicura che non mi avrebbero vista, mi voltai verso la loro direzione, abbassando il capo in un muto gesto di gratitudine.
Salve a tutti!
Ecco il capitolo 18! Mi auguro che vi piaccia e ne approfitto per ricordarvi l'esistenza del mio libro sulle news che trovate sul mio profilo. Un saluto,
Blackfog
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Iceland
WerewolfAlesha Ross è stata ritrovata in una culla, coperta da strati di stoffa per proteggerla dal freddo, davanti al portone della casa del branco Woodwolf la notte del ventidue dicembre, non si sa chi l'abbia abbandonata, né come abbia fatto a sopravvive...