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Riuscii ad aprire gli occhi dopo alcuni minuti in stato di dormiveglia, cominciato con la sensazione di una mano che mi accarezzava i capelli.

Non avevo mai ricevuto un risveglio così dolce, nemmeno dai miei genitori. I gesti d'affetto, soprattutto da parte di mia madre, non mancavano affatto, ma da che ne avevo memoria, al mattino mi alzavo da sola e i baci e gli abbracci li ricevevo come buongiorno a colazione.

Quando la vista si fu rischiarata abbastanza, mi accorsi che la penombra dominava nell'ambiente. "Ehi, Alesha." Un sussurro ruppe il silenzio pacifico nel quale ero immersa e mi riportò gradualmente alla realtà.

"Ehi." Mi limitai a dire, guardando Gael per la prima volta in quella nuova giornata.

Mi staccai dalla sua spalla, sorpresa dal fatto che durante la notte fossimo rimasti nella stessa identica posizione nella quale ci eravamo addormentati. Poi, mi stiracchiai, facendo scrocchiare schiena, collo e spalle, un'abitudine che sanciva l'inizio di ogni mia giornata.

"Come hai dormito?" Fu la domanda di Gael, che ormai si era alzato.

"Bene. Tu?" Dissi mentre assunsi anche io la posizione eretta.

"Anche io." La barca cominciò a rallentare, segno che stavamo per raggiungere la nostra meta, quindi io e Gael ci appostammo nel punto coperto più vicino all'uscita dell'imbarcazione e, non appena il ponte fu aperto, attendemmo che gli uomini si allontanassero per cominciare a sollevare le casse ed uscimmo velocemente, cercando di confonderci com le persone, che già a quell'ora del mattino, lavoravano al porto.

Inspirai l'aria della mia città, e feci mente locale per capire quale strada ci avrebbe portato alla casa del branco.

Purtroppo, quella portuale non era un'area molto frequentata da me o dal branco in generale, ma, conoscendo l'indirizzo della casa e anche quello della mia scuola, dovevamo trovare solo qualcuno che vi ci portasse.

Non avevamo soldi, quindi, dissi a Gael: "Allora, dobbiamo trovare un modo per arrivare alla mia scuola. Non abbiamo denaro, quindi, come facciamo?"

Il ragazzo mi guardò confuso: "Alla tua scuola? Perché?"

Al che risposi: "Beh, questa è una città nella quale vivono per la maggior parte esseri umani. La zona residenziale in cui vivo non è accessibile a loro se non tramite permessi speciali e solo a coloro che conoscono della nostra esistenza. La mia scuola, invece, si trova in un altro quartiere ed è abbastanza conosciuta come una scuola privata molto esclusiva. Se chiedessimo di accompagnarci lì non susciteremmo sospetti, perché siamo ragazzi, e poi si tratta di un luogo pubblico."

Gael annuì alla mia spiegazione e disse: "Wow, non ci avevo pensato. Sarà che a Heimaey eravamo quasi tutti lupi mannari e gli umani erano a conoscenza di noi. Comunque, tornando al discorso di prima, l'unica soluzione che mi viene in mente è fare l'autostop. Dobbiamo essere fortunati e trovare qualcuno disponibile."

Forse aveva ragione. Mi guardai intorno mentre ci allontanavamo dal porto, quando alcuni parecchi camion parcheggiati.

Probabilmente si recavano alle industrie dall'altra parte della città, ma avrebbero preso le strade periferiche, poiché la circolazione di mezzi pesanti nel centro della città era vietata.

Purtroppo quelli non potevano fare al caso nostro. Io e Gael dovevamo avere delle espressioni davvero perse, perché ad un certo punto un taxi si fermò sul ciglio della strada, vicino a noi.

Un finestrino si abbassò e potei scorgere il volto di una donna bionda, piuttosto famigliare. Sgranai gli occhi: "Maya!" Lei era un componente del mio branco che però lavorava con gli umani e viveva nel loro mondo poiché il suo compagno era umano.

"Alesha, da quanto tempo!" Non doveva essere al corrente di ciò che mi era successo, ma meglio così, in quel modo potevamo farci portare direttamente a casa. "Maya, potresti portarci alla casa del branco? Però non abbiamo soldi."

"Tranquilli, non fa nulla, posso fare un'eccezione per voi." Guardai Gael e gli annuii.

Maya parlò di nuovo: "E tu? Come ti chiami?"

"Gael, signora."

"Piacere Gael, chiamami pure Maya."

In seguito a questo breve scambio di battute, salimmo nell'automobile fino alla nostra destinazione.

Non appena scendemmo dal veicolo e ringraziammo Maya, sentimmo il rumore delle mandate di una porta.

Mi girai nella direzione del suono e, quando vidi il volto di mia madre, che doveva aver percepito la mia scia, mi fiondai a correrle incontro e ad avvolgerla in un abbraccio talmente stretto da far fatica a respirare: non mi interessava però in quel momento.

In seguito, un peso si unì al nostro incastro e riconobbi mio padre. Li strinsi a me il più forte possibile, beandomi di quel profumo di famiglia, sicurezza ed amore.

Potei finalmente l'odore dolce dei capelli biondi di mia mamma e la sensazione delle mani calde e forti di mio papà accarezzarmi le gote, diventando delicate e leggere come una farfalla che, con tutta la sua grazia, si posava su un fiore variopinto per pochi secondi per poi lasciarlo e fermarsi su un altro e in questo modo ancora ed ancora. Così erano anche le mie coccole paterne, brevi contatti, ma ripetitivi e leggeri, per non mettermi a disagio.

Ci staccammo e quando vidi gli occhi lucidi di lacrime di mio padre, lo riattirai a me.

"Bambina mia." Disse semplicemente, la voce arrochita e profonda dallo sforzo di trattenere il pianto.

"Papà, mi siete mancati così tanto." Lui, mi sorrise e lo stesso fece anche mia madre.

Lo lasciai andare e l'attenzione venne spostata su Gael, che solo in quel momento si girò nella nostra direzione. "Mamma, papà, questo è Gael." Non volli specificare cosa fosse per me, perché non lo sapevo nemmeno io.

Mi accorgevo solo che con il passare del tempo, lo cercavo sempre di più con lo sguardo e che mi faceva stare bene. "Piacere, signori."

Mio padre, stranamente, fu subito amichevole. "Oh, non essere così formale con noi. Chiamami pure Ísarr."

Mia madre, pure, si mostrò disponibile per farsi dare del tu e trattare in modo confidenziale, ma in una maniera che non era da lei, avrei investigato in seguito su questo aspetto. "Io sono Lysa, piacere Gael."

Il ragazzo annuì, probabilmente non si sentiva molto a suo agio con i miei genitori, forse glia aveva richiamato alla memoria i ricordi con la sua famiglia, che non poteva dirsi tale, dato che lo aveva rifiutato.

Poi, dopo aver deciso di parlare dell'intera situazione, entrammo in casa e venni sommersa da abbracci e strette varie, che ricambiai abbastanza volentieri, ma mi resi conto che l'atmosfera era diversa e che il numero dei membri era drasticamente diminuito.

Infatti, quando tutti insieme ci recammo nell'ufficio di mio padre, chiesi: "Ma cosa è successo? C'è molta meno gente, mancano un sacco di persone."

Intanto, io e Gael ci eravamo accomodati sulle poltrone davanti alla scrivania, mentre mia madre e mio padre stavano dal lato opposto, nella stessa posizione di quando mi avevano consegnato il libro alcuni mesi prima.

"Ecco, era anche di questo che volevamo parlare, sono stati fatti prigionieri."

Fece una pausa ed in quel momento una strana tensione si impossessò del mio corpo.

"Da Ígor."

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