Capitolo 2

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Aprii gli occhi, vedevo tutto sfuocato. Ero distesa a terra, potevo sentire il freddo cemento che stava a contatto con la mia schiena. Ero coperta da un cumulo di ceneri e sassi. Mi faceva male tutto il corpo ma un dolore si distinse tra gli altri. Qualcosa di pesante era caduto sulla mia caviglia, non riuscivo a muovermi. I miei occhi non riuscivano a mettere a fuoco, non riuscivo a capire niente. C'ero solo io viva dentro quella stanza. I miei genitori e mio fratello erano morti, schiacciati da quelle pareti che dovevano proteggerci.

Una voce rimbombò per quelle stanze vuote.

"c'è qualcuno vivo?! Vi prego, se è così fatevi sentire!".

Presi un po' di fiato.

"vi prego!".

"aiuto". Dissi fievolmente. Pensai che non fosse riuscito a sentirmi ma non fu così.

Sentii i passi veloci di una persona. Stava correndo verso di me. La identificai come la salvezza.

Si fermò accanto a me. Si abbassò e mi accarezzò il viso. Aprii gli occhi stanchi. Mi sorrise.

"La mia fami..". Faticavo a parlare.

"shh!". Disse mettendomi delicatamente una mano sulla bocca.

Un'altra voce.

"Justin! Dove sei?".

"Alfredo sono qua! Vieni a darmi una mano!". guardò tutto il mio corpo.

Si precipitò accanto alla mia caviglia. Alfredo fece lo stesso. Uno dalla parte destra e uno dalla sinistra, alzarono il pezzo di cemento che la schiacciava. Ancora non riuscivo a capire per bene ciò che stava accadendo.

Qualcosa di caloroso stringeva la mia mano. Girai la testa. Notai una mano sporgente dalle macerie che stringeva la mia. Aveva un tatuaggio sul polso ma non riuscii a capire cosa ci fosse scritto.

"J-Jake". Dissi fievolmente.

Justin mi prese in braccio. Guardò per qualche secondo la mano di Jake le sue labbra bisbigliarono qualcosa e poi uscimmo dalla colonia.

Una volta fuori cominciarono a correre più che mai. Dove mi stavano portando?

Ad un certo punto sentii il mio corpo pesante. Mi lasciai andare. Non ce la facevo più, ero stanca di tutto.

"hey, hey! Resta sveglia!".

L'ultima cosa che volevo fare era svegliarmi e vedere New York devastata.

Ero stanca, fisicamente e mentalmente. Preferivo essere morta anche io lì sotto.

Dopo una lunga corsa, entrammo in un'altra colonia più sicura che, nonostante il passaggio degli automa, non aveva ceduto.

Justin chiese se ci fosse una stanza libera con almeno due brande. Un agente gli rispose.

Ecco che ricomincia a correre per quei corridoi. Alfredo gli passò avanti in modo da aprirgli la porta. Entrammo nella stanza e Justin mi poggiò delicatamente su una branda. Avvicinò una sua guancia alla mia bocca.

"respira?".

"non molto bene".

Mise due dita sul mio collo per sentire i battiti.

"il ritmo cardiaco è apposto, deve aver respirato la polvere".

"vado a prendere dell'acqua". Uscì dalla stanza Alfredo.

"hey, hey! Andiamo, svegliati". La sua voce era dolce.

Alfredo tornò con un bottiglietta d'acqua. Justin la prese per poi bagnare un panno e cominciare a pulirmi delicatamente il viso.

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