Diego
57 minuti e 25 secondi. Quello fu il tempo che Nadia e Milena impiegarono per arrivare al policlinico.
Capii che erano lì quando sentii la porta del corridoio che dava sul reparto sbattere con forza e dei passi veloci e sconnessi piantati con furore sul pavimento. Sembrava che stesse passando la cavalleria d'assalto di qualche esercito.
La prima a entrare nella stanza fu Nadia. Il caschetto biondo disordinato, il volto tondo arrossato per lo sforzo e gli occhi iniettati di sangue. Dietro di lei Milena era bianca come un lenzuolo e sembrava non respirasse, gli occhi a mandorla erano sbarrati e i capelli corvini tirati in una coda alta fatta in fretta e furia.
Entrambe si voltarono immediatamente verso l'unico letto presente lì dentro e fissarono Enola, senza proferire parola o lasciar trapelare emozioni. Dopo qualche istante, Milena si avvicinò a Enola e si chinò su di lei, piangendo. Fronte a fronte, le lacrime scivolavano sulle labbra aride dell'amica in coma e le inumidivano dando l'impressione che Enola ci avesse appena passato sopra la lingua.
Nadia invece puntò me, mi rivolse uno sguardo truce, carico di odio e risentimento. Con due falcate mi raggiunse e mi tirò uno schiaffo così forte da stordirmi più di quello che già ero. Mi prese in pieno l'orecchio che iniziò a fischiare. Non mi diede il tempo di riprendermi dal colpo che me ne assestò un altro sul lato sano della faccia. La pelle iniziò a bruciare.
«Come hai potuto?» sibilò denti strettissimi.
«Come hai potuto?» ripeté urlando.
Pregai che quel frastuono facesse svegliare Enola.
«Nadia...»
«Come hai potuto per due giorni non dire nulla? Come ti sei permesso? Come hai osato?»
Provai a interromperla ma lei non me lo permise.
«Non hai pensato a sua madre? A me e a Milena? Agli altri che le vogliono bene? Sei un maledetto egoista, ecco perché tu e lei vi siete ridotti all'ultimo per essere felici. PERCHÉ SEI UN MALEDETTO EGOISTA!»
Aveva fatto centro, non potevo ribattere in alcun modo.
« Non hai pensato che, anche se in coma, altre persone oltre te avrebbero desiderato stare al suo capezzale? Dimmelo!» gridava come una forsennata e a quello si univa il pianto di Milena.
« Se fosse morta? Cosa avresti detto a Beatrice? Non ti stacco la testa perché te la staccherà sua madre appena lo scoprirà!»
Aveva le vene del collo gonfie e una trasversale le solcava la fronte imperlata di sudore.
Nadia fece una pausa e si avvicinò a Enola che dormiva. Chiuse gli occhi e si limitò a toccarle il dorso di una mano con l'indice, come a voler rimuovere una macchia di sporco. Era incredula e arrabbiata con il mondo: l'uragano che era la sua migliore amica si era trasformato in una brezza leggera e presto anche l'ultimo soffio di vento sarebbe svanito nel nulla.
Si voltò di nuovo verso di me, mi squadrò da capo a piedi e il disgusto fece capolino sul suo viso.
Camminò lenta nella mia direzione, come un felino pronto a saltare addosso alla preda. Osservavo i suoi gesti attonito. Nadia sporse la testa nella mia direzione e mi annusò.
«Fai schifo, sei qui da due giorni. Non ti sei lavato, ti sei abbandonato alla disperazione.» commentò sottovoce.
Avevo ancora indosso lo smoking. Ero sudato e lercio.
Anche Milena mi fece una radiografia. Nadia si scambiò uno sguardo di intesa con lei per poi decretare il verdetto finale.
«Vattene, Diego. Non ti permetteremo di stare ancora qui.»
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Ogni attimo rubato ( Ex ANCHE ORA- Il Castello Del Rancore)
ChickLitSei una vigliacca, Enola. È facile così, vero? Fai calare il sipario e poi lasci gli spettatori a graffiarsi il viso per la disperazione. Il loro sangue si mescola al velluto del sipario. Scarlatto su scarlatto. E tu, lì dietro, ridi. Asciughi il su...