Capitolo 11

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Diego

Ebbi un vuoto allo stomaco, e mi sembrò impossibile. Ebbi un vuoto allo stomaco, come se la spina dorsale lo avesse richiamato a sé. Vertebre che abbracciano lepidotteri. Mi venne da ridere dinanzi alla paradossalità di quella situazione. Era impossibile che io provassi una cosa simile. Eppure, alla fine mi arresi all'evidenza: dopo quattordici anni, Enola suscitava ancora in me lo stesso effetto. Né di più, né di meno.

Non appena l'infermiera se ne andò, guardai la mia fidanzata con più insistenza, come se volessi mangiarla con gli occhi. Sembrava che dormisse, trasmetteva serenità, la sua immobilità parlava e sembrava dire 'non preoccuparti, passa tutto'.

Presi posto accanto a lei, le afferrai la mano e avvicinai il naso alla sua pelle bianca per sentirne l'odore di latte e mandorle. Rimasi in quella posizione cinque minuti buoni, con le palpebre abbassate e sperando che, una volta sollevate, Enola fosse sveglia e pronta a insultarmi.

«Diego. »

Milena e Nadia entrarono nella stanza, erano stanche e avevano l'aria di chi non ha la forza di litigare.

«Come stai?» domandò Milena, sedendosi in un angolo del letto.

«Bene, ho dormito e mangiato. Sono anche andato dal barbiere e ho chiamato la signora delle pulizie per rimettere a posto casa.» le aggiornai.

Nadia si avvicinò a Enola e le diede un bacio sulla fronte. Ebbi un fremito. Mia madre diceva sempre che i baci in fronte si danno ai morti, ma Enola ancora respirava, e il bip che faceva da colonna sonora a quella scena ne era la conferma. Stavo per protestare, ma Nadia mi anticipò.

« C'è anche Beatrice, è di là a parlare con Iavarone.»

Deglutii e annuii piano. La madre di Enola era lì, a poca distanza da me, non appena avesse terminato di chiedere notizie all'ematologo sarebbe giunta in stanza e mi avrebbe ucciso. Le avevo tenuto nascosta la condizione della figlia per due giorni, non avevo giustificazioni. Solo allora notai una borsa di Prima Classe bianca che dondolava da un appendiabiti a muro.

Scommetto un occhio che è la sua.

« Sa la verità? Sa che per due giorni non ho chiamato nessuno?»

Divennero in un solo colpo ostili, ancora non mi avevano perdonato.

«No.» rispose Nadia.

«Hai fatto quello che ti abbiamo chiesto, ovvero sparire da qui il tempo necessario per riprendere il controllo di te, quindi non avevamo motivo di metterti nei guai. Non ci servono litigi di alcun tipo, non in questo momento...»

«E cosa gli avete detto? Come giustifico la mia presenza qui?»

Fu Milena a spiegare con voce pacata. Aveva ancora la maglietta al contrario, l'etichetta le graffiava il braccio e ogni tanto per alleviare il fastidio lo grattava.

«Le abbiamo riferito la storia delle questioni in sospeso e come sei entrato in scena. Abbiamo mentito dicendo che Enola non si è sentita bene e che da sola è andata in ospedale, abbiamo detto che è rimasta due giorni qui da sola, ancora cosciente, che ha chiamato me, te e Nadia il secondo giorno e che quando siamo arrivati qui era già in coma. Ci siamo accordate con il dottor Iavarone, lo abbiamo supplicato di assecondarci o la tua stupidità avrebbe creato solo scompiglio.» concluse Milena sprezzante.

Mi avevano coperto, eppure non riuscivo a sopportare il loro odio nei miei confronti; già dovevo sopportare il peso di Enola in coma, non potevo sopportare anche quello dell'astio delle sue migliori amiche.

«Non odiatemi, per favore...» le parole uscirono da sole assieme a una lacrima. Cadde sulle coperte di Enola lasciandovi una piccola e tondeggiante chiazza più scura.

Ogni attimo rubato ( Ex ANCHE ORA- Il Castello Del Rancore)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora