Normale/paranormale

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"Per quanto possano dire gli scettici,  fatti paranormali esistono, ma sono solo i tramiti che ci possono indicare una realtà più vasta di quella che normalmente viene inquadrata nel vivere quotidiano.
(l'Ectoplasma)"


Pov.s Ryan

Oggi, 21 Ottobre, dovrebbe essere un gran giorno per me, considerato che è il mio compleanno, ma non sono poi così entusiasta.
Sono ancora deluso e allo stesso tempo shockato dalla notizia di mio padre, o meglio di quello che pensavo fosse mio padre.
Non mi va minimamente l'idea di vederlo ne tanto meno di parlargli, quindi decido di vestirmi e lavarmi in fretta per raggiungere scuola.

Non l'avrei mai fatto in passato, ma oggi arrivare in anticipo a scuola significa migliorarmi la giornata evitando di incontrare con mio padre anzi, Raffaello. Oramai non è più mio padre, è solo l'uomo che dice d'avermi adottato sotto il volere del mio vero padre.
Ancora non so bene se credere o meno a questa storia, so solo però che questo segno sul braccio non è un qualcosa di naturale o di comune e che le lacrime di ieri sera, erano reali.

A proposito del tatuaggio l'immagine ora è chiara e completa, si è completata nella notte.
Lo osservo per bene. Ci sono raffigurati il sole e la luna, intrecciati a formare un cerchio. È una bella immagine, tutto sommato. Almeno ora posso mostrare al mondo di avere anch'io un tatuaggio, anche se in realtà sul mio braccio non ci sono mai stati né aghi né inchiostri.

Raffaello ancora dorme, così ne approfitto per uscire alla svelta di casa. La scuola è a 10 minuti da casa mia, quindi non ci impiego molto ad arrivare. Entro e vicino al mio armadietto aspetto il suono della campanella. Devo e ho il bisogno di raccontare tutto all'unica persona che mi capisce e sa consigliarmi: Alex.

Entro in classe e la lezione comincia. Mi guardo intorno per cercarla e con lo sguardo salutarla, ma non c'è. Subito penso a un pò di febbre, però ricordo che Alex non si assenta quasi mai quindi comincio a preoccuparmi che possa essere qualcosa di più grave. Sono agitato, così penso di chiamarla ma subito mi arriva un messaggio:

"Tanti auguri amico per la pelle. Oggi non vengo a scuola perché sono fuori con mia madre"

Subito il mio petto si rilassa e tiro fuori un sospiro. Spero solo che la professoressa non si accorga che sto usando il cellulare, però, come si dice, questi sono casi eccezionali.

"Grazie Alex! Ci vediamo nel pomeriggio, ti offro qualcosa dopo la scuola"
"Va bene, allora alle due al parco!"

«Signor Roosvelt, mi dia il cellulare ed esca fuori»

Ecco.
Ci mancava solo questa oggi.
Senza replicare mi alzo dalla mia sedia, pongo il cellulare sulla cattedra ed esco fuori. Ci resto per tutta l'ora ed ho il tempo per riflettere su tutto quello che mi sta accadendo.

-14:05-
«Allora? Com'è essere sedicenni?»
«Per come sto oggi, una me... MERAVIGLIA»
«Ah-ah, È successo qualcosa?»
«Si, diciamo che sto un pò come quando, boh, tanto per fare un esempio ti dicono che sei stato adottato»
«Che?»

Okay, è il momento. Dovevo raccontare tutto ad Alex, ne ho abbastanza.

«Vedi Alex, ieri sera mio padre, se così si può definire, mi ha raccontato di non essere davvero mio vero padre, oh, e tra l'altro pare che io sia l'erede al trono di un mondo parallelo e lui invece era una sorta di cavaliere a cui hanno affidato il compito di prendersi cura di me. L'unico problema è che sto anche cominciando a crederci.»
«Ma cosa?                                                                                                                                                                                 Erede al trono? Mondo parallelo? Ryan, sicuro di sentirti bene?»

La vedo decisamente scettica, me l'aspettavo; piano B:

«Questo come te lo spieghi allora (indico il tatuaggio)? Alex io sono allergico, non posso farmeli. E poi quei sogni, mi perseguitano e ogni volta mi sembrano sempre più reali. E poi ieri sera mio padre ha pianto davanti ai miei occhi, c'è un limite allo scherzo. Tutto questo è assurdamente paranormale!»

Non posso pretendere che mi creda, ma ne ho bisogno.

«Va bene, non so se credere a questa storia ma credo in te, Ryan. E non mi importa cosa ti prometto che io ci sarò.»

Alex, la mia migliore amica. Solo lei potrebbe dire qualcosa così. Solo lei riesce a farmi sorridere anche quando il mondo va in frantumi. Lei è unica. La abbraccio, stringendola forte a me e lei ricambia.
«Non mi va di discutere con mio padre di questo, quindi ti andrebbe di venire a casa mia? Se ci sarai tu, sicuramente non accennerà alla cosa..»
«Si, certo»

Mi faccio coraggio e apro la porta di casa. Mi aspettavo tutto tranne che questo: la casa è completamente sottosopra, le sedie per terra, la credenza rovesciata, piatti rotti, finestre spalancate,sembra ci sia passato un uragano. Chiamo mio padre per tutta la casa ma non ho risposta. Decido di chiamarlo al telefono, ma anche da questo ricevo solo inutili squilli.

«Papà, dove sei?!» grido in preda al panico.
«Signor Roosvelt!» 
«Andiamo a cercarlo, oppure chiamiamo la polizia.                                                                                         No aspetta Alex, c'è un biglietto per terra!»
«Leggilo, avanti!»

«Ciao Ryan, ti lascio questo biglietto, so che non vuoi parlarmi. Oggi come sai è il tuo compleanno, tanti auguri. Ti scrivo per dirti che il portale che collega i mondi si è aperto oggi e si chiuderà tra 24 ore. SE qualcosa dovesse andare storto cercarlo, è qui. (Ps. non chiamare la polizia) »

«Tutto qui? Cioè sparisce e mi lascia solo un cazzo di post-it?! Dio mio, (sospiro) cerchiamo questo dannato portale»                                                                       

«Va bene, ti do una mano»

Detto questo giro impazzito per casa per cercare questo portale. Sono al limite e stanco di tutto questo: voglio e ho bisogno sapere.
Dietro i mobili niente, nessun segno che faccia pensare ad un portale. Nella mia stanza nulla, l'ho messa sotto sopra e non c'è niente di niente.

Mi ritrovo in bagno, del portale non c'è traccia e il tempo scorre. Appoggio le mani sul lavandino e mi guardo allo specchio.
Ho il viso spento, gli occhi lucidi.
No. Non sto piangendo, non ne ho il tempo. Però le lacrime cadono giù incuranti. Sfioro lo specchio per toccare il mio riflesso; ma invece di toccare vetro, materiale solido, tocco acqua. Il dito affonda e lo ritiro sorpreso. Ho trovato il portale. Un misto di paura e curiosità nasce dentro di me. Voglio passare oltre, devo scoprire la verità e devo trovare mio padre. Salgo sul lavandino, prendo aria fino a riempirmi i polmoni e mi tuffo dolcemente nello specchio.

Comincio a cadere per metri e metri, quasi fluttuo. Poi un botto e più nulla...

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