Capitolo 6

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Si guardò allo specchio reggendo l'abito davanti a sé. Inclinò la testa di lato e socchiuse gli occhi cercando di immaginarselo addosso. Quella tonalità azzurrina si sarebbe intonata con il suo incarnato? Sbuffando Elena si lasciò cadere all'indietro, atterrando di schiena sul letto. Non vedeva l'ora che arrivasse sabato sera ma allo stesso tempo era tremendamente spaventata. Al solo pensiero sentiva l'ansia crescerle nello stomaco per poi estendersi in tutto il resto del corpo. Dopo il loro incontro non sapeva più cosa aspettarsi. –Niente Elena, non ti devi aspettare nulla. Sei già fidanzata, punto. Smettila di pensarci.- Si rigirò sul fianco destro e si rannicchiò. –Ma chi voglio prendere in giro...- sussurrò. Ogni volta che chiudeva gli occhi ritornava di nuovo lì, seduta sulla banchina con i piedi nell'acqua, con lui. Non riusciva proprio a capire. Lei, la donna più bella, la promessa sposa di Menelao, ricca, giovane, famosa, perché si sentiva così? Perché sentiva la necessità di abbandonare Menelao? Elena sospirò nuovamente, abbandonandosi di nuovo al ricordo di quella sera.

Lei stava tornando da una noiosa riunione di famiglia. Non ne poteva più di sentirsi dire "Attenta quando esci, sempre con qualcuno, mai da sola!" oppure "Tieniti stretta Menelao, mi raccomando! Sai quanti bei bambini farete!" . Ogni volta che sentiva quelle vecchie oche delle sue zie e delle amiche di sua madre fare questi discorsi, le si accapponava la pelle. Che cos'era lei, una bella bambola pronta a sfornare figli? Be', sì certo, il lusso e il non dover lavorare la attraevano ma voleva anche essere libera.

Mentre le donne stavano tessendo insieme bevendo idromele nel gineceo, lei era riuscita ad introdursi nel lato della casa proibita, dove suo padre e gli altri uomini discutevano di affari. Con l'aiuto di qualche cameriere era riuscita a raggiungere l'uscita secondaria, quella che dava al magazzino. Velocemente si mise a correre, non curandosi del chitone che ad ogni passo si inzuppava di fango. Una volta giunta nel bosco slegò il foulard che le copriva il capo. Lo arrotolò e riuscì a ricavarne una sorta di fascia per capelli. Era stanca. Aveva corso per chissà quanto tempo e il sudore le colava sul collo. Dopo essersi riposata all'ombra di un albero decise di percorrere il sentiero che portava al litorale orientale dell'isola, che era la zona meno frequentata e quindi più rustica e selvaggia. Una volta arrivata slacciò i sandali e si avvicinò all'acqua. Il sole stava tramontando e tutto aveva assunto una tonalità tra il rosato e l'aranciato. Bagnò i piedi nella spuma del mare. L'acqua fredda e il soffio di vento leggero ma continuo la rigenerarono.

Stava cominciando a pensare ad una possibile fuga, a come prendere una nave e non tornare mai più, quando da lontano vide una figura seduta sulla banchina. Aguzzò la vista e fu lì che lo vide.

Il ragazzo stava guardando il cielo con aria stanca, i piedi in acqua, le braccia dritte dietro la schiena che sostenevano il suo peso, la schiena curva.

Elena non sapeva quello che stava facendo. –Fallo e basta- si disse. Cominciò a dirigersi verso di lui. Più si avvicinava più poteva notare le numerose lentiggini che gli coprivano il volto, le folte sopracciglia e gli zigomi alti.

Quando si sedette accanto a lui, il ragazzo non sembrò nemmeno essersi accorto della sua presenza. –Ho fatto una cavolata.- pensò Elena. Però sentiva che doveva farlo. Anzi, capì dal profondo che non era stata una sua scelta. Era come se una forza invisibile l'avesse trascinata là, che tutto si doveva compiere perché questo era il Fato.

Fu lui a parlare per primo. –Perché hai il vestito sgualcito?- -Ho corso fin qui passando per il bosco. Dovevo scappare, non avevo tempo per cambiarmi.- Il giovane si girò verso di lei e la fissò. Solo allora Elena si accorse dei suoi occhi: erano celesti e verdi, a tratti dorati e nocciola, un tripudio di colori insomma. Il tutto era contornato da ciglia lunghissime. –Hai dei bei occhi, sai?- Il ragazzo si mise a ridere scuotendo la testa –È inutile che ricambi il complimento, no?-

Elena riprese a fissare il mare.

–Grazie comunque.- Momento di silenzio. L'aria salmastra cominciò ad unirsi con altro profumo. Profumo di cibo. A quell'ora era solito preparare la cena. –Carne allo spiedo.- pensò Elena.

-Non ti ho mai visto qui. Sei nuovo?- chiese lei. L'altro annuì –Sì, sono arrivato qualche settimana fa.- Il giovane raddrizzò la schiena –Comunque ho notato che non esci mai. Vai a scuola e poi torni subito a casa. Come mai? Cioè, non sono fatti miei quindi puoi anche non rispondermi, però mi sembra strano... Non hai amiche?-

-Sì che ho amiche.- rispose. Bugia. Il ragazzo continuò a fissarla –No, non lei hai.-

-Sì che le ho! Ma tu che ne sai? Sei nuovo, no?-  -Io intendo amiche vere! Non quelle quattro ochette che ti girano attorno.-  Elena si girò verso di lui e iniziò a dire cose che non avrebbe mai pensato di raccontare, tantomeno ad uno sconosciuto.

-No, hai ragione. Non ho amiche. Tutte mi seguono, mi imitano, vengono a casa mia per la piscina, per le feste, per le barche di lusso, ma nessuna si è mai presa la briga di chiedermi come stessi veramente. Capisci che a lungo andare ho assunto il loro stesso atteggiamento. Ho pensato che forse il modo migliore per vivere senza tanti problemi fosse quello di essere frivola. Così ho cominciato ad essere e a comportarmi come un'oca con tutti, persino con mia cugina Penelope. Per un po' di tempo ho finito addirittura per crederci, cioè, credevo veramente di essere il personaggio che mi ero creata. Poi i panni della stupida hanno incominciato a starmi stretti, però era troppo tardi per cambiare. Ormai il mio destino era stato scelto. Devo sposarmi con il figlio dell'uomo più potente dell'isola, sfornare marmocchi, bere vino in coppe d'oro e guai a me se voglio fare qualcosa che comporti mischiarmi tra la plebe!

La mia pelle deve rimanere bianca  quindi non devo prendere il sole. Devo rimanere a casa e imparare a tessere. Ah, devo anche finire il mio corredo nuziale e gli abiti dei miei figli! Una volta sposata dovrò sempre essere dietro mio marito, mai al suo fianco. Non potrò mai dare il mio parere perché l'unico che conterà sarà quello di mio marito. Di essere libera non se ne parla proprio, stiamo scherzando? Non posso nemmeno andare fuori a prendere un gelato che già quattro uomini mi sono addosso: due con cattive intenzioni e gli altri due che mi devono proteggere perché pagati da mio padre, e dico quattro per darti un'idea ma in realtà sono molti di più.

Quindi no, non ho amiche. Forse l'unica persona che mi interessa è Penelope ma vedo come mi guarda, anzi, come non mi guarda. Mi considera, giustamente, una tale idiota che non mi ascolta nemmeno, sorride e annuisce. Lo so che è più intelligente di me, basta guardare la sua media scolastica, però anch'io merito di essere ascoltata, no? –

Quando finì di parlare si rese conto di non aver più fiato. Chiuse gli occhi e si maledisse. –Che cosa ho appena fatto?- pensò.

-Insomma, questa tua bellezza non è altro che una maledizione.- disse l'altro. Lei sorrise amaramente. Il mare iniziò ad agitarsi leggermente. L'acqua le arrivava fino alle caviglie e ogni tanto riusciva persino a sentire qualche pesciolino sfiorarle i piedi.

-Be'- riprese lui –allora che ne dici di fare i superficiali insieme?- . Elena alzò il voltò e lo guardò dritto negli occhi. Qualcuno, per la prima volta, l'aveva ascoltata veramente.

-Sai quanto è bello prendere in giro gli altri? Credono di essere superiori ma alla fine sei a tu prenderli in giro. Facendo così anch'io ho imparato un po' di cose. Se vuoi posso raccontarti qualche aneddoto.- Elena continuava a fissarlo. Lui sorrise e lei sentì un vuoto fortissimo nello stomaco. –Che cosa sta succedendo?- pensò.

-Ah! Comunque io sono Paride Alessandro, piacere di conoscerti.-

Una volta tornata a casa scoprì che anche Paride, in quanto figlio di Priamo, era stato invitato al simposio. Anzi, che il simposio stesso era stato organizzato per introdurlo nell' èlite dell' isola.

Era la prima volta che si sentiva così euforica per un simposio.

Quando riaprì gli occhi e ritornò alla realtà capì quello che le stava succedendo, capì la causa del suo malessere e il motivo per il quale pensava sempre a quel giovane.

Con una nuova speranza si alzò dal letto e provò il vestito azzuro.

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