Capitolo 5 (Parte 1)

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Passò all'incirca una settimana da quando Bonnie si rese conto di non potersi affidare alle forze dell'ordine. Tutto era stata una noiosa routine. La bionda si faceva reggere dal letto malandato, due volte al giorno le veniva portato un modesto pasto, Adam di tanto in tanto faceva irruzione nel suo piccolo angolo di solitudine e la provocava cercando motivazioni per lanciarle qualche minaccia di morte.

Nonostante ormai sapesse elencare a memoria ogni sua frecciatina, continuava a provare timore per le azioni di quell'uomo. Le sue convinzioni sul fatto che non l'avrebbe uccisa con tanta facilità, rimanevano salde, ma niente vietava che Adam potesse farle del male. Non sapeva più cosa aspettarsi da tanta insensibilità. Caleb era venuto un paio di volte ad avvisare Bonnie di stare zitta e evitare di rispondere a suo padre per prevenire un secondo cadavere sul pavimento di quella stanza. Ma lei non gli credeva.

Il cigolio della porta in metallo fece rabbrividire la ragazza seduta sul letto, che ormai era diventata la sua seconda casa. Quell'ammasso di vergogna umana avanzò verso Bonnie con un sorriso soddisfatto sul viso. Che cosa voleva adesso da lei? Quando, la sera prima, era venuto per darle una gentile buonanotte, si era trattenuta dal rispondergli malamente, perciò, perché avere quello sguardo da "ti farò soffrire quanto tu hai fatto soffrire me"?

«Buongiorno tesoro.» la sua voce riecheggiò all'interno della stanza.

L'unica cosa che ottenne come risposta, fu una smorfia irritata da parte della ragazza, che non aveva alcuna intenzione di dimostrargli quanto in realtà, dentro di sé, avesse paura di ciò che sarebbe successo.

«Non sei contenta? Oggi potrai uscire di qui.» finse una gentilezza che a Bonnie parve inquietante.

Per un attimo il suo corpo si riempì di calore, speranza. L'avrebbero finalmente lasciata libera? Questi pensieri le occuparono la mente per poco. Perché avrebbero dovuto lasciarla andare se ancora non le avevano fatto niente? Insomma, qualcosa avrebbero pur dovuto farle: tante minacce, tanto mistero. Dovevano avere un fine.

«Cosa vuoi dire?» domandò non degnandolo di uno sguardo, semplicemente perché i suoi occhi avrebbero tradito la sua corazza dura.

«Non sei curiosa di sapere cosa ci fai qui?»

«Dovrei?» si ritrovò a chiedere.

«Certo che dovresti, anche perché curiosa o meno, il tuo compito dovrai svolgerlo ugualmente.» rispose incupendosi.

Si alzò dal letto rassegnata all'idea di poter evitare ulteriori minacce o imposizioni da parte di Adam.

«Ma prima dovrai farti una doccia, non hai un'odore molto piacevole.» impose prima che Bonnie potesse raggiungere la porta.

«Oh, scusa se non ho usato la doccia che c'è nell'immenso bagno. Davvero, proprio non ci ho pensato.» fu la sua risposta.

«Bastava chiedere tesoro.»

Il fatto che lui la chiamasse "tesoro" la irritava parecchio: conosceva il suo nome, quindi perché non usarlo?

La condusse al di là della stanza che ormai conosceva fin troppo. Ebbe modo di vedere un locale, come già aveva ipotizzato. I muri erano scuri e riflettevano le luci. Dal soffitto scendevano dei tubi in metallo che andavano a toccare dei cilindri rialzati rispetto al pavimento. A prima vista sembravano essere una decina. Sulla destra, c'era un bancone, il classico dove vendevano alcolici, anche ai ragazzini che ancora non avevano raggiunto l'età adatta per bere. Sulla sinistra, invece, una tenda argentata fungeva da ingresso, non dava però modo di vedere luce illuminare la stanza, per questo motivo Bonnie pensò che ci fosse una seconda entrata. Il locale era vuoto, questo perché era solo mattina e questo tipo di locali, era aperto esclusivamente la sera.

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