Capitolo 2

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Un forte rumore iniziò a farsi strada nella mente di Bonnie, in poco tempo si rese conto di star sentendo della musica. «Non la sveglia! Non ancora!» pensò. Si rigirò su quel materasso che si ricordava essere più morbido e caldo. Finalmente si convinse ad aprire gli occhi. Aveva un forte mal di testa, dei frammenti di immagini cominciarono ad invaderle i pensieri. Non capiva se fossero ricordi del sogno fatto o se fossero memorie concrete di fatti realmente accaduti. Guardandosi intorno non riusciva a riconoscere la stanza in cui si trovava. Era davvero molto piccola, nemmeno quel vecchio buco della camera da letto a casa della nonna era così minuscolo. I muri erano semplice cemento, nessuno si era preoccupato di verniciarli. Il letto da cui un momento prima si era alzata era di una sola piazza, si trattava semplicemente di un materasso posto su una struttura in ferro, con un leggero copri materasso bianco e un lenzuolo del medesimo colore. Al fondo della stanza il muro sporgeva di circa mezzo metro, creando un cubo. Sulla faccia destra di questo, c'era una piccola porta di ferro. «Sembrano le porte dei bagni del mio vecchio liceo» pensò. In effetti ci assomigliavano molto: erano grigie con qualche stupida scritta che gli adolescenti trovavano divertente fare. Anche quella aveva qualche scritta, ma erano incomprensibili: sembravano solo dei semplici scarabocchi. Aprendola scoprì proprio un bagno, niente di che: una semplice latrina.

La musica ad alto volume cominciava a farle aumentare il mal di testa. Notò che sulla parete alla destra del letto era presente una seconda porta anch'essa in ferro. In alto c'era una piccola finestra rettangolare leggermente opaca. Si mise in punta di piedi per riuscire a scoprire cosa ci fosse all'aldilà. Vide solo un alternarsi di colori: viola, verde e blu. Sembravano le luci di qualche locale. Vide due ombre avvicinarsi alla porta e in un batter d'occhio tornò a coricarsi nel letto. Stava cercando di ricordare in che posizione si fosse svegliata, ma fu un tentativo invano. Si stese su un fianco con una mano sotto la testa e l'altra che le ricadeva su un fianco. La porta si aprì e Bonnie non ebbe modo di guardare chi fosse entrato dato che teneva gli occhi chiusi fingendo di dormire.

«Non avresti dovuto usare il cloroformio» una voce potente, maschile, rimbombò nella stanza e per poco non fece sobbalzare la bionda stesa sul materasso.

«Dovevo prenderla, non mi è stato detto come e questo è stato il metodo più veloce» rispose una voce che Bonnie si ricordava aver già sentito da qualche parte.

«Spero che tu non ne abbia usato una quantità esagerata»

«Non sono un'idiota, so con cosa lavoro»

«D'accordo, allora fa' si che si svegli. Non ho tempo da perdere»

La porta si chiuse nuovamente e la ragazza aveva paura ad aprire gli occhi. E se qualcuno fosse rimasto nella stanza? Sentì dei passi avvicinarsi a lei e qualcuno scuoterle la spalla.

«Mocciosa, svegliati» disse la voce familiare.

Bonnie si rigirò nel letto per rendere il tutto più realistico, si stropicciò gli occhi e infine li aprì lentamente. Si guardò intorno fingendosi confusa. In realtà lo era, ma stava cercando di ripetere al meglio i suoi gesti precedenti. «Dovrei fare l'attrice» pensò per un attimo. Come poteva pensare a certe cose in un momento del genere? Portò lo sguardo sulla persona che aveva disturbato il suo finto sonno e la osservò spalancando gli occhi.

«Tu? Ma tu chi diavolo sei?» disse con voce stridula. Proprio non si aspettava di trovarsi quel ragazzo davanti.

«Finalmente, le altre sono state più veloci di te»

Guardò schifata il ragazzo dagli occhi color ghiaccio che aveva incontrato quel pomeriggio in biblioteca.

«Cosa vuol dire? E cosa ci faccio qui?»

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