Ancora...no...vi prego.
Non ho forze...non ce la faccio.
Come sempre, non riesco a resistere più di qualche ora al giorno.
La razione di cibo che mi danno non è sufficiente, non riesco a resistere dalla sveglia delle campane fino al buio totale di quella che verebbe chiamata notte.Le campane suonano, no anzi, stridono, urlano, si lamentano.
E noi, piano, apriamo gli occhi.
Ecco questo è quello chiamatosi mattino.
Quello che noi riconosciamo con le voci umane, con l'aprirsi di gabbie e cancelli, con i rumori di passi, i nostri simili, in libertà, riconoscerebbero quella luce luminosa come "Sole".Ma noi, non sappiamo neanche come sia questo "Sole".
Solo le anziane avevano potuto ammirare quello splendore e raccontarlo a noi, giovani creature, che mai avevamo visto il mondo là fuori. Ma dove sono ora le anziane? Ormai non sono altro che polvere e lacrime sparse nel cielo.
Ma tutti ricordano i loro racconti tramandati nel tempo: il Sole era quella compagnia su cui potevi sempre contare, se dopo le tenebre della notte riuscivi ad ammirarlo ancora una volta, allora eri sopravvissuta un altro giorno, eri ancora viva e potevi ancora guardare in alto, ammirare il volo degli uccelli e goderti la brezza leggera del vento mattutino.Una dolce realtà che non potremmo mai sperimentare.
E va a finire sempre così...ogni volta.
Lentamente chiudo gli occhi...mi addormento dolcemente sentendo sempre quelle fitte...quelle fitte nel mio corpo....Un campo...un campo lontano e verde...
L'aria fresca che mi libera delle catene, il Sole che mi scalda.
Il Sole...ma..come posso vedere il Sole?
Mi avevano liberata? Lasciata libera?
Sì finalmente potevo correre libera sentendo il vento corrermi incontro...queste sensazioni...mai provate...Ma io non conosco il Sole.Stump.Stump.Stump.
Passi...sempre più vicini...più vicini...
Il mio cuore accelera, mi guardo intorno e il paesaggio intorno a me scompare lentamente.
Quella che credevo erba fresca e verde, non era altro che il fieno giallo e rinsecchito sotto il mio corpo.
Il vento e il Sole erano solo puri e innocenti sogni di una prigioniera.
Una prigioniera come me.
Sapevo cos'era successo.Mi svegliai di soprassalto poco dopo.
Il buio mi accolse di nuovo ed io mi rintanai ancora di più nel mio angolo accanto al freddo muro di pietra.Sapevo di essere in pericolo.
Sapevo chi stava arrivando e perché.Stump.Stump.Stump.
Clack,clack,clack...
La chiave girò veloce e l'ombra di un uomo apparve sulla soglia. Un odore di sporco e sudore raggiunse le mie narici. Il mio naso si arricciò istintivamente.
Alzai lo sguardo, ma non c'era nulla da vedere...solo il buio più totale. Il volto era coperto da un denso strato nero, impossibile da oltrepassare.
Aveva mani grandi e sporche di fango, catrame e sangue.
Rimase in silenzio per alcuni minuti, poi lo sentii urlare in quella lingua a me così sconosciuta. Trasalii in preda al panico e mi spinsi più indietro possibile fino a toccare la parete dietro di me. Gocce di sudore scesero velocemente dalla mia schiena e un brivido mi attraversò tutta.Strinsi gli occhi.
Non adesso, non adesso, non sono pronta!- pensavo, pregando che qualcuno venisse a salvarmi.Stavo ancora tremando per la paura quando sentii gridare un'altra prigioniera affianco a me.
Aprii gli occhi di scatto e vidi quell'orrenda situazione già vista un migliaio di altre volte. Non era mai successo a me e mai speravo che accadesse.Ogni giorno, nuove prigioniere arrivavano, venivano sbattute nelle celle e abbandonate come oggetti in questa sofferenza senza fine. E poi una a una venivano prese di nuovo per le gambe, il collo, i capelli e trascinate fuori dalla cella, quasi come se quelle ombre senza volto non sentissero le urla di dolore e disperazione e il rumore della pelle che sfregava sul ruvido pavimento. E come se non bastasse, se, sfinite, si fermavano a riprendere il fiato, venivano picchiate e abusate.
Chiusi di nuovo gli occhi e respirai forte.
Clack, clack, clack...
La porta si richiuse.
Da quel giorno la mia compagna, come le altre, non tornò più.
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Prigioniera n.3174
Short StoryLe campane suonano, no anzi, stridono, urlano, si lamentano. E noi, piano, apriamo gli occhi. Ecco questo è quello chiamatosi mattino. Quello che noi riconosciamo con le voci umane, con l'aprirsi di gabbie e cancelli, con i rumori di passi, i nostri...