TH:317

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Bisogna aspettare, per tutto.
Aspetti per l'autobus quando è in ritardo, aspetti che la cena sia pronta quando cala a sera. Aspetti che ti baci, aspetti l'estate per mettere i pantaloncini e caramellare la pelle. Io non avevo aspettato.
Impaziente.

Mi ero aperto. Letteralmente.
Appena ti avevo visto la temperatura del mio corpo si era alzata, e tra le cosce il fuoco s'era accesso.
Mi avevi invitato a ballare, Kim NamJoon, e le tue mani non stavano mai ferme.
Da un momento all'altro le tue labbra erano sulle mie e la tua lingua cercava rudemente la mia. Ero nudo, nudo delle paure, dei vestiti, dell'ansia. E tu mi avevi spogliato.

L'avevamo fatto, ero davanti a te a quattro zampe. Avevo capito quanto mi volevi e non avevo aspettato, mi ero messo in ginocchio.
Stavi fumando, io tra le tue coperte. La luce della luna illuminava la mia pelle abbronzata.
Una leggera coperta mi copriva la schiena nuda e lasciava in bella vista il mio sedere, che scrutavo con interesse. Aveva fatto male, certo, ma era stato dannatemente bello. E passionale.
Avevo i tuoi segni sul corpo: iniziavano sul collo, poi scendevano sulle clavicole e riempivano alcuni angoli del mio petto, c'erano anche sulla pelle dei fianchi e su quella delle cosce. Mi sentivo strano, un po' tuo forse.
Tu mi guardavi ridacchiando, la sigaretta tra le dita e poi tra le labbra che avevo assaggiato.
Si vede, che è la prima volta, avevi detto avvicinandoti, non fai altro che guardarti per vedere se è cambiato qualcosa.
Poi avevi spento la sigaretta e m'avevi lasciato un veloce bacio sulle labbra, poi t'eri chinato sulla schiena e l'avevi baciata. Da su fino a giù, da giù fino a su.
Mi facevi venire i brividi.
Profumi di talco, sorridevi.

Il mio telefono, sul tuo comodino, vibrava. L'avevo preso e m'ero trovato davanti una decina di messaggi di YoonGi.
Mi guardavi, ero girato sulla schiena e tu mordicchiavi la pelle dei fianchi.
Chi è? affondavi la pelle nella mia pancia, troppo morbida per i miei gusti.
Mi ero schiarito la voce, «il mio ragazzo»

Aveva alzato lo sguardo ancora, un movimento invisibile della spalle e avevi ripreso a baciare ogni centimetro di pelle. Gli serve qualcosa? la tua voce mi faceva un effetto strano, devo portarti a casa?
Scuotevo la testa, rimanendo in silenzio. Le mie guance rosse come quelle di un bambino che trattiene il fiato.
Ti avvicinasti, mi baciasti e le tue dita bruciavano quasi sui miei fianchi.
Il telefono era finito di nuovo sul comodino, su un libro che, con curiosità avevo afferrato.
«Norwegian Wood» c'era un fiammifero che spuntava tra le pagine. Il segno era alla 317.
Leggevo le prime righe con l'improvviso presentimento che quello fosse un libro impprtante, che una ragazzino come me non avrebbe sopportato.

Tae, guardami, fai l'amore con me. Dai.
«poi mi dici di cosa parla?»
Avevi annuito, mi baciavi ancora e ancora. «dai, seriamente»
«anche la fine!»
ridevi, okay okay.
Poi lo facemmo ancora e io mi sentii così giusto incastrato tra le tue braccia.

BAMBINI VIZIATIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora