PROLOGO

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"Non capisci quanto tieni a qualcosa fino a che non la perdi". Banale, direte voi. Ed è vero. È vero sia che è banale, sia che non sai cos'hai tra le mani fino a che non ti sta sfuggendo. Ma la sensazione di avere la possibilità di aggrapparti all'occasione di salvare l'insalvabile, di proteggere quel qualcosa da cui dipende la tua intera vita, di stringerlo tra le braccia sapendo che sta scivolando via e forse, ma proprio forse, potresti avere l'occasione di stringere di più e non lasciarlo scappare. Quella sensazione ti tiene in vita. Cos'altro puoi fare, se non aggrapparti alla vita, non lascar cadere nell'oblio ciò che ti dà ancora modo di respirare?

Fino a che punto è giusto stringere e non lasciar scappare quello a cui tieni? Quanto e cosa sei disposto a fare? 

Un giorno, un uomo mi disse che l'andamento delle crisi economiche era di tipo sinusoidale, o meglio ciclico, secondo gli economisti. Non capii assolutamente cosa avesse appena detto, né chi fossero questi economisti, ma lo lasciai parlare. Disse che ad ogni crisi economica corrispondeva una ripresa fino allo stato "di equilibrio" e un superamento di essa con conseguente ed eccessivo benessere.
"E' solo questione di tempo, ora ci troviamo nel punto più estremo della curva negativa... mi capisca, chi dice che ci troviamo sul punto di non ritorno non ha capito nulla e mai ha studiato niente. Questa crisi è appena arrivata al suo apice, ora non potrà che migliorare. Andamento ciclico, dico io! Nell'arco di qualche anno vedremo una delle più floride riprese economiche che il mondo abbia mai visto!".
Continuavo ad annuire mentre digitavo sulla tastiera del mio scassato PC compilando il modulo su cui stavo lavorando. Dovevo dare l'autorizzazione all'uomo davanti a me per poter costruire un nuovo tubo di scarico che sfociava nel fiume Potomac. Uno dei tanti. Non avevo che frequentato un corso di preparazione al lavoro e terminato le scuole secondarie, mi limitavo alla conoscenza basilare di come le cose funzionavano secondo taciti statuti sociali. Non mi ero mai chiesto perché o come le cose avessero iniziato a funzionare così.
Avevo trent'anni quando il tutto successe. Lavoravo come impiegato in un piccolo, deprimente, noioso ufficio. La ditta per cui prestavo servizio si occupava di smaltimento rifiuti tossici. Era un lavoro orrendo, soprattutto il dover catalogare scartoffie a proposito degli ignobili modi in cui rifiuti altamente dannosi e pericolosi per la salute venivano buttati nelle acque più vicine. Quali, non importava. Ciò che importava era sbarazzarsene. Bisognava lavorare, bisognava guadagnare. Ad ogni documento che ero costretto ad approvare, sentivo il respiro interrompersi. Non tanto per me, quanto per Rose, mia figlia. Rose aveva due anni, era la mia bambina e temevo per il suo futuro. Un futuro che non potevo vedere, ineffabile, inesistente. Sua madre era morta partorendo. Un giorno così bello, ma così terribile. Un giorno che era doloroso ricordare e che ogni compleanno avrebbe costretto a farlo. Nonostante la sua tragica venuta al mondo, lei era un angelo. Il mio. Lavoravo solo per lei, pensavo solo a lei. Tornavo a casa e la vita era un po' meno brutta. Kyle era il mio collega e amico, col quale vivevo. Eravamo insieme e, per fortuna, a casa quando iniziarono i bombardamenti.

"Gli USA hanno appena iniziato a sganciare bombe su trenta diversi stati, i quali, a seguito di ricerche statistiche, si sono rivelati i più inquinati. Non è definito come dichiarazione di guerra ma come "missione depuratrice". Il presidente ha rilasciato una dichiarazione: sentiamola."

Il suono della voce del conduttore televisivo mi arrivò alle orecchie come tanti aghi conficcati lungo tutto l'apparato uditivo. Mi voltai di scatto verso il piccolo apparecchio luminoso. Era posto sopra alcuni scatoloni, in una stanza dalle pareti, in teoria, bianche, macchiate di muffa e vecchiume. Kyle era già sul divano, che teneva la testa fra le mani e gli occhi sbarrati, fissi sullo schermo tremolante. Io mi avvicinai lentamente, guardando con la coda dell'occhio Rose, seduta sul tappeto a giocare.

"...I trenta paesi colpiti sono brulli, senza alcun tipo di vegetazione. Non hanno motivo di esistere, utilizzano solo risorse provenienti da fonti estere. Le nostre fonti. La nostra sopravvivenza non verrà intralciata dalla negligenza e dall'incapacità di altri paesi di adattarsi a sistema economico vigente. Questo non è giusto. Non stiamo dichiarando guerra a nessuno, ma solo aiutando il nostro Pianeta e soprattutto la nostra grande Nazione, gli Stati Uniti d'America, a non crollare sotto i bisogni altrui. Chiedo, a chiunque si trovi nelle condizioni, ad ogni cittadino Americano, di farsi coraggio e di aspettare che, nel giro di qualche giorno, arrivino alle proprie case le tessere per il reclutamento. Queste tessere permetteranno di accedere a OxyTown; una città appositamente studiata, elaborata e costruita sotto stretto controllo di un team altamente qualificato di scienziati e architetti. Questa città si trova a Washington DC e sarà ben rifornita di ossigeno, piante, cibo e lavoro. Una città benestante, ma purtroppo non abbastanza grande per tutti. Non preoccupatevi, cari cittadini americani, chi non riceverà la tessera non sarà dimenticato. Attorno ad OxyTown sono stati costruiti diversi ... sobborghi ... grandissimi quartieri dotati di alcuni dei benefici di OxyTown. Questi quartieri ospiteranno tutti i cittadini americani non ammessi ad OxyTown. Chiedo, infine, a tutti i telespettatori, di non cedere alla tentazione di andare in panico. Non c'è nulla di cui avere paura. Grazie per l'attenzione."

Il viso sereno del presidente svanì e al suo posto comparve quello del conduttore, tutt'altro che tranquillo. La sua fronte, madida di sudore, brillava sotto i riflettori, gli occhi erano molto simili a quelli del mio amico Kyle e le mani tremavano. Lanciò un breve sguardo a qualcosa alla sua sinistra e si chiarì la gola. Iniziò a ripetere le parole del presidente e perse la mia attenzione ma non quella di Kyle.
Lui era fermo, immobile nella sua statuaria posizione di angoscia e paura. Avevo paura anch'io. Paura per Rose. Noi non saremo mai entrati nella lista dei graziatissimi americani destinati a OxyTown. Che cosa sarebbe successo alla mia bambina?
"Merda, Nate..." due flebili parole uscirono dalle labbra pallide di Kyle, "Merda, cazzo..."
"Ho capito il concetto", dissi.
"Ma ti rendi conto? Sta scoppiando una guerra e noi ci siamo in mezzo!"
"Non sono dichiarazioni di guerra" dissi ironico.
"Il cazzo di presidente è pazzo! Sobborghi? Chissà in quali lager saremo rinchiusi, porca puttana!"
"Kyle, Rose non è sorda, la puoi smettere di imprecare?"
"Ma Nate, come ca... come fai ad essere così tranquillo?!"
"Non lo sono. Non lo sono per niente" andai ad appoggiarmi all'isolotto sporco della cucina, "non possiamo fare nulla. Dobbiamo aspettare le tessere o che qualcuno ci venga a prendere per andare in questi ... sobborghi"
Kyle scosse il capo e si alzò dal divano, scavalcò Rose e mi raggiunse.
"Non abbiamo quasi nulla in frigo, dobbiamo andare a fare scorta di cibo... tutti avranno avuto la mia idea e sarà un delirio... stai qui con Rose, cercherò di tornare il prima possibile, stando a quanto detto, le tessere arriveranno tra qualche giorno"
Gli diedi una pacca leggera sulla spalla in segno di consenso e sospirai.
Erano le undici di sera e di Kyle nemmeno l'ombra. Feci cenare Rose e la misi a letto. Aspettavo il mio amico seduto sul divano a guardare la TV.

Mezz'ora dopo, un assordante fischio seguito da una forte esplosione mi fece sobbalzare. Mi levai in piedi e corsi in camera da Rose, che aveva iniziato a piangere, anche lei spaventata dal rumore.
La presi in braccio e cercai di tranquillizzarla, ma il mio cuore batteva all'impazzata. Sapevo cos'era quel rumore. Quel rumore era una b...
Prima ancora che potessi finire il pensiero, un fortissimo scoppio rintonò e il pavimento tremò leggermente, un'esplosione più forte della precedente. Le bombe erano cadute poco lontano.

"Qualche giorno... eh?" bofonchiai tra me.
Rose piangeva disperata, l'appoggiai sul letto "aspetta solo un secondo, bambina mia", dissi. Tirai giù da sopra l'armadio un borsone enorme e ci misi dentro dei pannolini, del cibo per Rose, alcuni suoi vestiti e qualche paio di ricambi per me e per Kyle. Ancora speravo di incontrarlo. M'infilai la giacca e corsi a vestire Rose. La presi in braccio e iniziai a catapultarmi fuori di casa. Il mio ultimo sguardo si posò su una vecchia foto di Rose e su una di sua madre.










Ciao a tutti, scusate la pallosa (ma breve) nota ma mi è stato detto che non avendolo specificato, c'è una cosa importante che vorrei notaste ma che purtroppo passa in secondo piano: le foto di copertina per ogni capitolo

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Ciao a tutti, scusate la pallosa (ma breve) nota ma mi è stato detto che non avendolo specificato, c'è una cosa importante che vorrei notaste ma che purtroppo passa in secondo piano: le foto di copertina per ogni capitolo. E' un dettaglio carino col quale gioco, ogni capitolo (almeno quelli importanti) hanno un piccolo "spoiler" o comunque un richiamo a quello che accadrà nel capitolo. Nulla di trascendentale o chissà quanto importante ma, se vi va, provate a notare e a cercare nel testo i riferimenti a ciò che c'è nell'immagine o almeno mi farebbe piacere se si notasse che quello che è nell'immagine tende ad essere un pezzo importante di qualche descrizione o avvenimento :) Detto ciò, scusate la piccola parentesi e buona lettura! (E grazie di essere qui a seguirmi :P )

Quel che resta di noi  (IN REVISIONE)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora