il tramonto dei ricordi

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Così pensavo,
mai così vano, inutile,
non si formava.
Non vi era attrito,
ma neanche scivolava.
Ero fermo,
inerte nella forma
che non lambiva.
La montagna era crollata,
pestilenza nauseabonda.
L'ultima fermata
prima ancora di salire.
Incespicavano le parole
sulle dita tremanti
a leccarmi le ferite.
Una marea oleosa,
un brodo primordiale
dentro ad un anfratto.
Era così che mi fingevo,
senza che lo sguardo si sollevasse,
incredulo, costernato.
C'erano volti e sorrisi,
che ritornavano,
come scatti
da una vecchia Polaroid.
Scatti patiti dal tempo,
su lineamenti ormai svaniti.
Ora più che mai
si celavano le ore al crepuscolo,
appena dietro l'orizzonte.
Ora c'erano le lunghe ombre,
un sodalizio che la tetra sera
faticava a dissuadere.
Perennemente, gli angoli bui
si smussavano, come pustole
e piaghe mai lavate.
Era l'ora che non portava,
ne conduceva, ne frenava
o districava.
Era un grigio lamento
che l'anima a stento trasudava.

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