Capitolo 12

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I giorni passarono tranquillamente, senza avere notizie di Giuseppe Salvatore.
Il bacio, anzi, i baci, tra me e Damon rimasero il nostro segreto, e ogni giorno facevamo come se nulla fosse, anche se appena ci sfioravamo venivo scossa da mille brividi.
Finalmente era arrivata la domenica e, dopo una settimana di "controllo forzato" da parte dei ragazzi, soprattutto di Stefan, potevo rilassarmi.
Il mio programma per la giornata era: dormire fino tardi, mangiare, stare per qualche ora sul divano, disegnare un po', ascoltare musica, mangiare di nuovo e tornarmene sul divano fino all'ora di andare a dormire.
La prospettiva di una giornata di dolce far niente, mi fece arrivare a colazione/pranzo con un sorriso smagliante.
-Buongiorno!-, esordii.
-Buongiorno!-, mi rispose Stefan con un dolce sorriso.
-Ben svegliata, rossa-, mi rispose Damon con fare sarcastico.
Gli risposi con una linguaccia mentre mi sedevo a tavola.
- Cos'hai intenzione di fare oggi?-, mi chiese dolcemente Stefan, cercando di fare conversazione.
-Dunque... stare sdraiata sul divano, disegnare ascoltando un po' di musica, mangiare e tornare a sdraiarmi sul divano fino all'ora riandare a dormire...-, risposi soddisfatta.
-Mi dispiace rovinare il tuo programma così movimentato-, iniziò Damon sarcastico. –ma dobbiamo andare al pic-nic per i fondatori, purtroppo, e tu a casa da sola non ci stai.
-E perché scusa?-, gli chiesi sconvolta.
Mi stava trattando come una bambinetta. Ci rimasi male, perché di solito quando mi parlava come se fossi una bambina, lo faceva con una punta di ironia nella voce, mentre in quel momento mi appariva freddo e distaccato. Rimasi spiazzata, incapace di capire il perché di tutto quel suo distacco.
-Perché è passata la settimana di tempo che ti ha concesso Giuseppe e potrebbe presentarsi qui...-, mi rispose ovvio, quasi scocciato.
-Non mi sembra che ti stia preoccupando più di tanto...-, gli risposi ferita dal suo comportamento.
-Non voglio ritrovarmi la casa mezza distrutta..-, disse semplicemente, senza nemmeno guardarmi in faccia.
Rimasi con la bocca spalancata, stupita. Certo, non era la prima volta che mi rispondeva con frasi poco carine nei miei confronti, ma non era mai stato così freddo con me, di solito nei suoi occhi leggevo una luce d'ironia, ma in quel momento l'azzurro era ghiaccio impenetrabile.
Sentii gli occhi pizzicarmi per colpa delle lacrime che cercavano di uscire per accarezzarmi il viso al posto suo. Non gli avrei mai dato la soddisfazione di vedermi debole ai suoi occhi, così mi alzai di scatto e salii in camera mia.

POV. DAMON
-Perché l'hai trattata così?-, mi riproverò mio fratello, appena sentimmo la porta della camera di Nora sbattere.
-Così come?-, gli risposi, facendo il finto tonto.
Sapevo perfettamente di essermi comportato da stronzo con lei. Quando l'avevo vista con gli occhi lucidi, stavo per alzarmi per abbracciarla, ma mi ero trattenuto. Perché?
Perché sono un idiota e perché non so gestire i sentimenti.
Anche se non volevo ammetterlo, sapevo che iniziavo a provare qualcosa per Nora: ormai, quando mi addormentavo, nei miei sogni comparivano sempre meno i volti di Katherine o Elena, sostituiti dal sorriso dolce e luminoso di Nora. Starle lontano mi faceva sentire incompleto e da quando avevo assaggiato il sapore delle sue labbra, ogni volta che me la trovavo davanti facevo una fatica incredibile a trattenermi dall'afferrarla per baciarla con passione. Ogni volta che mi ero lasciato andare ai sentimenti era sempre finita male: non avrei retto un'altra delusione, così pensai fosse meglio allontanarla. Ma appena l'avevo vista pronta a piangere, avevo provato ancora più dolore rispetto ad una delusione d'amore.
-Damon, non fare il finto tonto: l'hai quasi fatta piangere!
Lo ignorai, così come ignorai la stretta che sentii al centro del petto.
Mi alzai e mi avviai verso la mia stanza. Mentre attraversavo il corridoio, passai davanti alla camera di Nora, da cui provenivano dei singhiozzi soffocati.
Mi sentii un vero mostro.
Appoggiai la fronte alla sua porta, sentendomi malissimo.
-Ragazzi, sbrigatevi, o faremo tardi!-, ci chiamò Stefan dalla cucina.
Mi allontanai in silenzio...

POV. NORA
Mi asciugai le guance, e ancora scossa dai singhiozzi, mi alzai dal letto dirigendomi in bagno per rinfrescarmi e cancellare ogni traccia di dolore dal mio viso con un bel po' di trucco, anche se l'idea non mi rendeva molto entusiasta: odio truccarmi tanto!
Dopo 5 minuti scesi al piano inferiore, con addosso un vestitino leggero bianco e il mio miglior sorriso tra quelli falsi.
-Tutto bene?-, mi chiese Stefan con cautela, avvolgendomi le spalle in un abbraccio dolce e vagamente fraterno che mi fece sorridere.
-Certo.
Salimmo in macchina e Damon guidò in assoluto silenzio ad una velocità molto oltre al limite consentito, che ci permise di raggiungere il parco in pochissimi minuti.
Dovetti passare quasi due ore a sorridere gentilmente a tutti, nonostante dentro mi sentissi morire.
Il modo in cui Damon mi aveva parlato quella mattina mi aveva profondamente ferita, soprattutto perché dopo tutta la dolcezza che mi aveva dimostrato, avevo del tutto eliminato la possibilità che potesse trattarmi con freddezza: evidentemente Caroline aveva ragione.
Avevamo appena finito di mangiare i dolci, così mi alzai e mi allontanai, approfittando del fatto che tutti erano distratti a parlare tra loro. Raggiunsi un salice, sotto al quale mi sedetti, sperando di trovare finalmente un po' di pace.
-Damon...
Sollevai di colpo lo sguardo, sentendo poco lontano la voce di una ragazza che mormorava il nome del maggiore dei Salvatore. Sgranai gli occhi quando vidi a qualche metro di distanza Damon in compagnia di Elena: non mi ero accorta che anche loro si erano allontanati.
Erano in piedi e i loro corpi si sfioravano, così come i loro nasi, le labbra vicinissime. Non ebbi il coraggio di guardare oltre, quando vidi le loro labbra sfiorarsi: mi alzai e mi misi a correre, ma inciampai e caddi rovinosamente a terra.
-Nora!
Sentii la voce di Damon che mi chiamava allarmato.
-Lasciami stare!-, gli ordinai, scansando la mano che mi porgeva per aiutarmi ad alzare.
-Non fare la bambina...!-, mi ammonì con tono severo.
-Per te sono solo questo: una bambina!
Senza rendermene conto le lacrime iniziarono a scendermi lungo le guance.
Senza dire una parola, mi prese in braccio ed iniziò a camminare, fino a raggiungere il salice sotto il quale mi ero seduta pochi istanti prima.
-Lasciami stare!-, esclamai, prendendo lo a pugni contro il petto.
Ma lui fece finta di non sentirmi e si sedette sul prato tenendomi sulle sue gambe.
-Damon, lasciami...-, lo implorai con un filo di voce.
-Adesso mi spieghi perché ti sei messa a correre sapendo perfettamente che non sei in grado di camminare su una superficie piana senza inciampare, figuriamoci correre...-, mi rispose con ironia.
Ormai mi ero arresa all'idea che non mi avrebbe lasciata andare, così stetti con le braccia conserte sotto il seno e mi voltai dalla parte opposta rispetto al suo viso, rifiutandomi di rispondere.
Io ero testarda, ma lui lo era ancora di più. Mi afferrò delicatamente il mento per farmi voltare a guardarlo in faccia.
-Nora...-, mi ammonì con dolcezza.
I suoi occhi non erano più il ghiaccio impenetrabile di quella mattina, ma un mare calmo in cui immergersi. Stavo per cedere dicendogli che vederlo baciare Elena era stato come una pugnalata al cuore, ma...
-Nora!
Stefan ci venne in contro di corsa, con un'espressione visibilmente preoccupata.
In quel momento, il dolore che provavo per colpa di Damon, mi fece parlare senza pensare.
-Diglielo, Damon...-, gli dissi, guardandolo dritto negli occhi, facendogli vedere tutto il dolore che provavo.
Stefan ci fissava senza capire. –Cosa mi devi dire? Che è successo?
Damon rimase zitto, continuando a fissarmi negli occhi. Sospirò rumorosamente. –Io ed Elena ci siamo baciati...-, mormorò infine.
-Cosa vuol dire...?
-Devo farti il disegnino?-, gli rispose con amaro sarcasmo.
-Nora-, mi chiamò Stefan, visibilmente confuso e allarmato.
-Mi dispiace, Stefan...-, mormorai, abbassando lo sguardo.
Mi faceva una pena tremenda, ma aveva il diritto di sapere.
Mi alzai senza trovare la minima resistenza da parte di Damon, e raggiunsi Stefan che era rimasto in piedi immobile. Lo abbracciai senza dire una parola e dopo pochi secondi rispose con disperazione al mio gesto.
-Io ti ammazzo...!-, esclamò Stefan staccandosi da me, ringhiando contro al fratello maggiore ancora seduto a terra.
-Stefan, non fare stronzate! Le cose si fanno in due: prenditela anche con Elena!-, gli urlai dietro, mentre si avvicinava a Damon sempre di più.
-Intanto me la prendo con lui!
-Stefan: è tuo fratello!
Stupidamente con quella frase pensavo di giustificare ogni sua azione. Invece Damon non disse nulla per discolparsi, con mia sorpresa.
-Perché?-, gli ringhiò contro Stefan.
-Lo sai...
-No, non lo so! O meglio, lo so, ma speravo che non sarebbe mai successo!-, esclamò Stefan, disperato.
-Avevo bisogno di capire una cosa...-, rispose vago.
-E dovevi baciare la MIA ragazza?!
-A lei non è affatto dispiaciuto...
E riecco il tono strafottente di Damon, che faceva capolino nel momento più inappropriato.
Per risposta Stefan tirò un ringhio che mi fece accapponare la pelle.
-Amore mio!
Elena si avvicinò a noi con un sorriso tanto luminoso quanto falso, ignorando i canini affilati del suo ragazzo che, appena lo sfiorò, si scansò come se avesse preso la scossa.
-Che succede?-, gli chiese innocentemente.
Mi sentivo di troppo,così mi allontanai, avviandomi verso la riva del laghetto.
-Stellina, sei contenta di vedermi?
Mi voltai, trovandomi il viso sorridente di Giuseppe Salvatore. Quella fu l'ultima cosa che vidi, prima di finire nel buio, perdendo i sensi.

Salvatore's cousinDove le storie prendono vita. Scoprilo ora