Capitolo 13

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Non sapevo per quanto tempo rimasi bloccata tra le tenebre, ma mi sembrò un'eternità. Le palpebre sembravano pesarmi cento quintali, ma con uno sforzo immenso riuscii ad aprire gli occhi, trovandomi in penombra.
Provai a muovermi, ma una fitta al petto mi tolse il respiro. Abbassai lo sguardo e vidi una chiazza rossa di sangue inzupparmi il corpetto dell'abito bianco. Alla vista di tutto quel sangue mi scappò un urlo.
-No, stellina, non urlare, ti prego...!
Giuseppe fece capolino davanti a me, parlandomi con dolcezza, mentre mi accarezzava gentilmente il volto.
Mi allontanai dal suo tocco di colpo, ma non potei mettere molta distanza tra noi, visto che in quel momento mi accorsi di essere saldamente incatenata ad una sedia.
-Su su. Non fare la difficile...!-, mi ammonì bonariamente.
-Cosa mi è successo?
-Ti riferisci al sangue? Mi dispiace, cara, ma è necessario morire per essere trasformati...
Sbarrai gli occhi terrorizzata. –Stai scherzando, vero? Ti prego: dimmi che è uno scherzo!-, urlai isterica.
-Ma come, i miei amati figli non ti hanno spiegato come avviene la trasformazione?
-Tu sei un pazzo! Mi hai trasformata in un mostro!
Ormai stavo urlando preda del panico più totale. Ero diventata una creatura delle tenebre. Un demone. Un mostro. Un VAMPIRO...
Iniziai a piangere disperata. Potrà sembrare assurdo: tutti vorrebbero poter vivere in eterno, senza mai invecchiare, dotati di velocità, forza e bellezza sovrannaturali, ma non io. Io avevo paura del tempo: non del suo scorrere inesorabile, ma che potesse restare immobile! Il poter vivere in eterno, lo vedevo come una sorta di congelamento del tempo: qualsiasi errore che avessi fatto in futuro, qualsiasi delusione o dolore che avrei provato, sarebbero rimasti con me in eterno e la cosa mi terrorizzava in un modo inimmaginabile.
-No, ti prego, no...!-, mormorai sconvolta.
-Non fare i capricci e bevi, altrimenti morirai!-, mi ordinò l'uomo che avevo amata di più in tutta la mia vita.
Mi stava mettendo davanti un calice che conteneva un liquido dall'aspetto denso, scuro, che odorava di metallo, di cibo: sangue.
-No!-, dissi risoluta.
-Vuoi morire?
- Senz'altro è meglio che dover convivere in eterno con i propri errori e i propri dolori!
-Non fare l'idiota, Nora!-, mi sgridò severo.
-Mi dispiace, padre, ma solo io posso darle dell'idiota!
Mi voltai di scatto e un sorriso mi si formò sulle labbra: nonostante il dolore che mi aveva causato, ero felice di vederlo lì in piedi, pronto a salvarmi. Ed ero anche sollevata dal fatto che fosse ancora tutto intero, segno che Stefan era riuscito a ragionare.
-Damon...-, lo salutò Giuseppe. –Mi dispiace, ma sei arrivato troppo tardi: è già in transizione.
Damon mi guardò e nei suoi occhi lessi un senso di colpa immenso. Avrei voluto accarezzargli il viso e dirgli che non era colpa, che lui aveva fatto tutto il possibile.
- L'hai fatta nutrire?-, domandò Damon con tono piatto, senza smettere di guardarmi negli occhi.
-Si rifiuta: preferisce morire!
Damon mi si avvicino e s'inginocchiò ai miei piedi. Prese delicatamente il mio viso tra le mani e mi accarezzò con dolcezza le guance.
-Nora, non morire...-, mi sussurrò.
-Non voglio vivere in eterno..,
Sorrise senza allegria. –Sei la prima persona che lo dice...
-Non voglio vivere in eterno con le conseguenze dei miei errori e con il mio dolore...-, cercai di fargli capire.
-Ma non sarai sola: io starò sempre con te, e anche Stefan, lo sai.
Prese il calice dalle mani di suo padre e me lo mise davanti.
–Vivi.
Una sola parola che detta da lui suonava come una supplica, così come ad una promessa di fedeltà, protezione, felicità.
Con la mano libera spezzò le catene che mi tenevano bloccata sulla sedia. Afferrai il calice con una mano tremante e lo portai alle labbra.
-Per sempre?-, gli chiesi.
-Per sempre.
Il sangue colò lungo la mia gola, caldo, denso, corposo, l'essenza di vita. Appena ne sentii il dolce sapore, fui presa da una frenesia incontrollabile, come se avessi paura che potessero strapparmi il calice dalle mani prima che avessi finito tutto il sangue, fino all'ultima goccia.
Dopo pochi secondi porsi la coppa vuota a Damon che mi si avvicinò con uno sguardo ardente di sete e mi baciò dolcemente un angolo sella bocca. Rimase con la bocca immobile a contatto con la mia pelle per poco più di un secondo, dopo di che tirò fuori la punta della lingua e leccò via il sangue che mi era colato agli angoli della bocca. Chiusi gli occhi e sospirai.
-Brava, stellina!-, si congratulò Giuseppe.
Damon mi fece alzare, senza dire una parola.
-Scusate, padre...
Stefan era comparso all'improvviso alle spalle di Giuseppe Salvatore e dopo essersi "scusato" gli spezzò l'osso del colo con una rapidità tale che l'uomo non ebbe il tempo di reagire.
Mi sfuggì un urletto spaventato.
-Sbrighiamoci: si riprenderà tra pochi minuti-, ci esortò Stefan ad uscire.
Damon mi prese in braccio ed iniziò a correre seguito a breve distanza dal fratello. In pochi secondi entrammo nel soggiorno di casa Salvatore, per poi salire al piano superiore fino alla mia stanza.
Damon mi adagiò delicatamente sul letto, per poi spalancare il mio armadio dove iniziò a frugare sotto al mio sguardo sconvolto.
-Che diavolo stai facendo? Mi stai incasinando tutto l'armadio!
- Shh!-, mi zittì con poca delicatezza.
Incrociai le braccia offesa e gli voltai le spalle.
Un secondo dopo due bracci forti e muscolose mi cinsero la vita da dietro. –Scusa...-, mi sussurrò all'orecchio.
Il suo fiato caldo mi provocò centinaia di brividi lungo la schiena, per poi disperdesi in tutto il corpo, costringendomi ad appoggiare la schiena contro il suo petto, incapace di reggermi.
Mi fece voltare per potermi guardare dritta negli occhi, continuando però a tenermi tra le sue braccia.
-Mi dispiace di averti trattato come uno stronzo stamattina: ero spaventato all'idea di farti soffrire e non mi sono reso conto che così facevo molto peggio.
Cercai di intervenire ma appoggiò un dito sulle mie labbra zittendomi.
-Mi dispiace averti lasciata in balia di mio padre e mi dispiace anche aver baciato Elena-, concluse.
Non sapevo come rispondere, così decisi di rimanere zitta e di azzerare la distanza dolorosa tra le nostre labbra.
Lo baciai con passione, urgenza e con una nuova consapevolezza che mi stava nascendo nel petto: se dovevo vivere in eterno, Damon sarebbe dovuto restare al mio fianco per altrettanto tempo.
Ci trascinammo sul letto e continuammo a baciarci, senza sentire il bisogno di riprendere fiato. Le bocche si muovevano voraci una sull'altra: era un bacio passionale, feroce, quasi animale,fatto di labbra, lingua e denti.
Le mani iniziarono ad esplorare il corpo dell'altro con una lentezza quasi dolorosa.
-Mmm... questo vestito è un po' sporco, forse dovremmo toglierlo, che ne dici?-, mi mormorò Damon all'orecchio con voce più roca e sexy del solito, per quanto potesse essere possibile.
Mi fece sdraiare e mi sfilò lentamente il vestito, accarezzandomi tutto il corpo. Inarcai la schiena per aiutarlo, finendo col far aderire del tutto i nostri corpi. Sentii i suoi muscoli contrarsi e tendersi sotto il sottile strato di tessuto della maglietta.
Ricominciammo a baciarci con dolcezza, assaporandoci lentamente. Si staccò di nuovo dalle mie labbra per appoggiare il viso sopra lo squarcio che i attraversava il petto.
-Mi dispiace: è tutta colpa mia...-, mormorò addolorato.
Non l'avevo mai sentito così sofferente e cercai di confortarlo accarezzandogli i capelli dolcemente. Avevano la stessa consistenza della soffice pelliccia di un felino e anche i suoi occhi assomigliavano a quelli di un gatto, quando spostò lo sguardo nei miei: acuti e attenti, sembravano scrutarmi l'anima.
-Mi sa che qualcuno deve farsi una bella doccia-, mormorò con un sorriso sornione, prendendomi in braccio.
D'istinto incrociai la gambe intorno alla sua vita e mi aggrappai al collo, dove notai per la prima volta il pulsare delle sue vene. La cosa mi fece inorridire, ricordandomi che anch'io ero diventata un vampiro.
Damon, notando che mi ero irrigidita, intercettò il mio sguardo e capì istantaneamente cosa stavo pensando: ero terribilmente attratta da quella vena che gli attraversava il collo come un ruscello palpitante, ma allo stesso tempo ero terrorizzata da me stessa.
-Tranquilla: è normale provare un' attrazione fatale verso il sangue in momenti così, come dire, intensi...-, mi spiegò. –Per noi vampiri è il massimo dell'erotismo.
Lo guardai e mi leccai le labbra lentamente con fare malizioso, rielaborando in un secondo la sua spiegazione: massimo dell'erotismo, eh?
Avvicinai la bocca al suo collo e iniziai a baciarlo lentamente. Nel frattempo avevamo raggiunto il bagno e Damon, senza lasciarmi andare, aprì l'acqua della vasca, per farla riempire, cosa che fu completata in mezzo minuto.
-Non vorrai farci fare il bagno vestiti...-, gli sussurrai all'orecchio con voce bassa e volutamente roca.
-Rimedio subito...!
In 2 secondi era rimasto in boxer e, baciandomi lentamente il collo, mi sganciò il reggiseno, per poi entrare nella vasca.
-Ma abbiamo ancora le mutande!-, esclamai. –Queste sono di pizzo francese: si rovinano!
Lui ignorò del tutto e s'immerse trascinandomi con lui.
-Sei un'idiota...-, brontolai.
-Mmm mmm...-, mugugnò in risposta, mentre ricominciava a baciarmi il collo.
Ci stavamo lasciando nuovamente travolgere dalla passione, quando sentimmo bussare violentemente alla porta.
-Ragazzi, scendete: riunione in corso!-, ci urlò Stefan da dietro alla porta.
-Cosa?! Se il tuo modo per vendicarti, fratellino, sappi che non è divertente!-, gli rispose Damon seccato.
-Damon...!-, lo ammonii, staccandomi di malavoglia da lui.
Dopo più di 5 minuti riuscii a convincere Damon a rivestirsi e scendemmo in soggiorno.
-Finalmente!-, esclamò Alaric dal divano.
Gli feci un sorriso timido ed imbarazzato e mi rivolsi a Stefan. –Allora, che succede?
-Beh, Giuseppe è ancora in circolazione ed ora che è riuscito a trasformarti farà di tutto per convincerti a stare con lui...
-Ormai ha raggiunto il suo scopo: non può venire a stare qui con noi? Perché dobbiamo comportarci come dei nemici?-, chiesi.
-Ma non lo odi per quello che ti ha fatto?-, mi chiese Caroline, sconvolta.
-Odiarlo non mi farà tornare umana...-, sussurrai.
-Vivere sotto lo stesso tetto di mio padre?-, mi chiese sconvolto Damon.
-Perché no? Ormai il passato è passato, dobbiamo solo cercare di vivere al meglio l'eternità che abbiamo davanti...-, gli dissi, guardandolo intensamente negli occhi.
Lui mi guardò in silenzio per qualche istante. Poi fece una smorfia, cercando di nascondere il mezzo sorriso che gli stava nascendo sulle labbra. –Lo facciamo?
-Sì, noi tre insieme...-, gli risposi con dolcezza afferrandogli la mano, per poi voltarmi a guardare Stefan.
-Proviamoci...-, acconsentì Stefan, prendendomi per mano.
-Bene, ora che abbiamo preso una decisione, noi torniamo in camera-, decretò Damon, prendendomi in braccio per poi correre con la sua super velocità fino in camera.
-Damon!

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