Parte 4

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Il periodo successivo fu quello della ricostruzione.

Come dopo un terremoto si dovevano radunare pezzi di cuore trovati sotto alle macerie, cosi dovetti fare io per sopravvivere.

Ed è proprio lo spirito che alberga in ognuno di noi, che mi fece rinascere e risollevare dalla cenere.

Avevo trentadue anni ed ero nel pieno della maturità sessuale e dopo sei mesi di torpore nei quali cercavo di capire dove passasse le serate il mio ex marito, cominciai ad uscire a folleggiare con la mia migliore amica a suon di musica, kaypiroska alla fragola, vertiginosi e scomodi tacchi a spillo.

Nel frattempo, avevo smesso di correre su e giù dai treni come pendolare e nel nuovo ufficio vicino a casa, incontrai un collega, sentimentalmente impegnato ma chiaramente ingolosito dall'idea ch'io fossi sola, che mi stuzzicò e provocò con una richiesta dal sapore di sfida che io colsi prontamente per la voglia di sentirmi apprezzata e desiderata come una volta.

"Sai distinguere il sesso dai sentimenti?"

Dopo tredici anni mi accorgo di quanto sia stata squallida la domanda, ma allora, gli conferii un significato piccante e lussurioso; mi provocò infatti un fremito lungo la schiena e mi fece asserire nella risposta senza alcun dubbio di esserne capace.

Iniziarono quindi nove mesi assidui dedicati alla trasgressione, al puro sesso senza fronzoli e smancerie; misi da parte i sentimenti, sfoggiai tutta la mia sensualità ed iniziai a ragionare come un uomo.

La punta del suo membro aveva la forma di un cuore e per questo dettaglio e per le sue battaglie tra le lenzuola fu soprannominato il gladiatore.

Indossai i panni della geisha per servirlo e compiacerlo.

Il nostro primo incontro fu nel mio appartamento.

Erano le cinque di pomeriggio ed io, lasciando la porta di casa accostata, mi feci trovare legata alla spalliera in ferro del letto con una sciarpina di seta nera che mi stringeva i polsi.

Ero vestita con una sottoveste nera di tulle trasparente con piume di struzzo ai bordi, perizoma dello stesso modello, calze autoreggenti a rete piccola nera e scarpe col tacco rosse di vernice.

E come da istruzioni: niente profumo o brillantini sul corpo.

Il gladiatore pareva un gigolò di professione; era scaltro e navigato sul sesso, conosceva tutti i trucchi del perfetto fedifrago ed io ovviamente, in quel momento, ero attratta da quel mondo pieno di sotterfugi e segreti, forse proprio perché c'ero passata da vittima e volevo provare a mettermi dalla parte del carnefice.

Scopiazzai tutto ciò che avevo memorizzato sul film più erotico degli anni novanta e sfoderai tutta la mia fantasia mettendola in pratica con idee nuove ed originali.

Mi feci trovare sul tavolo agghindata solo con un perizoma tigrato per un piacevole aperitivo e tra bianche bollicine, olive e patatine lui mi allargò le cosce con prepotenza e mi penetrò selvaggiamente.

Provavo piacere quasi solo a sentirlo godere. Mi eccitava il suo modo animalesco, il suo essere così rude.

Urlavo, gemevo, mi aggrappavo ai suoi folti capelli e gli stringevo la chioma quando arrivavo al culmine dell'eccitazione.

Una sera ci incontrammo per caso in centro.

Mi diede un passaggio in auto fino a casa.

In mezzo alla circolazione, tra un semaforo rosso ed un incolonnamento, mi spinsi oltre.

Mi bastava un suo sguardo d'approvazione e mi sentivo disinibita e libera di fare qualsiasi mossa.

Mi levai la cintura di sicurezza; indossavo una maglietta nera i cui lembi delle maniche erano accostati da bottoni automatici dalla spalla al polso e presa da un momento di effervescenza, li sganciai uno dopo l'altro su entrambe le maniche, a tempo di musica, improvvisando un mini spogliarello tra il traffico, rimanendo in reggiseno.

Mi abbassai scivolando verso il suo sedile, gli aprii la cerniera dei pantaloni per farne fuoriuscire il membro e lo inghiotii.

Il suo sapore era buono e la sua forma romantica contraddiceva il suo essere insensibile e freddo.

Lavorare insieme ed essere amanti rende la relazione ancor più peccaminosa ed intima.

Scambiarsi occhiate d'intesa in mezzo a colleghi ignari di tutto e ritrovarsi in luoghi insospettabili come l'archivio o il piccolo bagno dell'ufficio è molto allettante.

Quel sabato mattina non c'era un gran movimento ed io ero sola alla reception.

Anche lui era in servizio con lo stesso turno e decise di venirmi ad istigare.

Mi scostò i capelli dal collo e mi si avvicinò soffiando delicatamente.

Poi scese con la lingua bagnata sulla spalla per poi risalire ed infilarmela nell'orecchio con un'irruenza tale come se mi stesse violentando.

Mi guardai attorno preoccupata, ma non vidi nessuno.

Mi girai e tentai di baciarlo, ma lui mi prese la testa con forza e la diresse verso il basso e ben presto mi ritrovai sotto alla scrivania con la bocca gonfia del suo membro turgido ed in pochi movimenti anche di tutto il suo seme.

Mi affascinava il potere che esercitava su di me; era un dominatore, un vero maschio Alfa.

La porta del mio appartamento aperta ed accostata oramai era un requisito indispensabile nella nostra relazione e la vasca da bagno piena di petali di velluto rossi galleggianti era la novità che l'attendeva con un massaggio rilassante, musica orientale ed il mio travestimento da vera geisha con giacca dorata, capelli raccolti e fissati con fermacapelli come veri kanzashi.

Ripensandoci oggi, credo che tutta questa atmosfera fosse più un'esigenza mia e che il gladiatore non fosse neppure a conoscenza di fermacapelli giapponesi dal nome kanzashi.

Fragole e champagne, panna montata o messinscena varie erano da lui apprezzate ma, servivano solo a distrarlo; era soddisfatto di toccare l'apice del piacere anche senza contorno, ma ammise col tempo l'unicità e la particolarità della gladiatrice.

Il pregio del gladiatore era quello di farmi sentire perfettamente a mio agio, bambola desiderata sul piedistallo da strapazzare, femmina perversa ed eccitante; ma il suo più grande difetto era la distanza e la freddezza con le quali gestiva il rapporto, manipolandomi e cercando di plasmarmi ad immagine e somiglianza di un uomo privo di emozioni.

Quel gioco infatti divenne col tempo pericoloso, perché era inevitabile che emergesse la mia parte femminile, soffocata per nove mesi, dolce, affettuosa, molto sognante e poco razionale.

Era inevitabile che una donna sola sentisse il bisogno di affezionarsi e legarsi a colui al quale offriva tutta se stessa.

Stavo iniziando a dare i primi segni di cedimento sentendo la sua mancanza durante i fine settimana o nelle vacanze.

Cominciavo a provare gelosia non per la sua compagna ma, per potenziali altre donne che potessero essere possedute da lui.

Mi fermò. Si fermò. Ci fermammo.

Sentii il vuoto, la stessa assenza che percepii dopo la separazione.

Passarono i giorni e rimensionata la sensazione d'abbandono, ripresi la mia vita di sempre.

L'UOMO CON LA VALIGETTADove le storie prendono vita. Scoprilo ora