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(ᴅᴏɴ'ᴛ) ᴡᴀᴋᴇ ᴍᴇ ᴜᴘ
ᴡʜᴇɴ sᴇᴘᴛᴇᴍʙᴇʀ ᴇɴᴅs

Tom è il mio nuovo fidanzato.

Tom. Fidanzato.

Quelle parole rimbombarono nella sua testa come l'eco di un ordigno appena esploso, diventando sempre più raccapriccianti man mano che ne comprendeva il senso. Nel frattempo, il silenzio imbarazzante si protraeva nel piccolo ingresso di casa Trumper, attutito solo dal mormorare inconsistente della tv.

Simone aveva il viso contratto dall'ansia, ma non mostrava nessuna traccia dei sensi di colpa colossali che avrebbero dovuto annientarla. Figuriamoci, temeva solo che suo figlio facesse una sceneggiata, non si vergognava certo delle proprie azioni.

Tom invece assisteva alla scena imperterrito, come se non lo riguardasse e non lo interessasse neppure; Bill non si sarebbe stupito se lo avesse sorpreso a sbadigliare. Si era reso conto almeno di quanto fosse grave la situazione o doveva dedurre che fosse un perfetto idiota?

C'è un limite ben preciso a quello che una persona può sopportare, e Bill pensò con determinazione che il suo fosse stato raggiunto e superato abbondantemente. Avrebbe potuto spiattellare a sua madre tutto quello che pensava di lei, anche se in quel momento non aveva un solo pensiero coerente nel proprio cervello, solo un'accozzaglia di insulti, ma qualcosa lo trattenne: il modo in cui lo guardava quello. Non solo era del tutto indifferente al fatto di aver appena causato un dramma familiare, ma sembrava non vedesse l'ora di assistere a una siparietto di quel tipo. L'ultima cosa che voleva era dargli quella soddisfazione, ma alla fine non ce la fece più e pur di non andare in escandescenze lì ed ora fece dietro front e corse via, su per le scale. Non è possibile, si ripeteva, calpestando rabbioso un gradino dopo l'altro, con l'urgenza di chiudersi nella propria stanza per non uscirne mai più.

Era quasi morto dalla preoccupazione per sua madre, e lei che faceva? Se la spassava alla grande e si presentava, fresca come se fosse appena tornata da una gita in spa, con il suo nuovo fidanzato!

Sarebbe stato meglio se non fosse tornata affatto. Avrebbe preferito addirittura che si rimettesse con quello stronzo di suo padre - sarebbe stata una barzelletta di certo più credibile - ma non questo. A questo non era per niente preparato, e non capiva come lei avesse potuto decidere che fosse una buona idea sbatterglielo in faccia senza alcun preavviso!

Non è possibile.

«Bill!» si sentì chiamare da una voce non troppo convinta. Ma lui aveva già sbattuto con violenza la porta della sua camera, quasi sradicandola dai cardini. Il boato riecheggiò per tutto l'appartamento con un messaggio chiarissimo, scritto a caratteri cubitali su un segnale di pericolo: "attenzione, mordo".

Si schiacciò contro la superficie di legno come se volesse fondersi con essa, fissando il vuoto senza vedere realmente nulla a della collera che occludeva la sua vista come una cappa di fumo. Poi, la rabbia compressa e ibernata dentro di sé, andò a sedersi sul fondo del letto, rivolto alla porta che sapeva di lì a poco si sarebbe aperta; aspettava solo quello per esplodere.

Infatti, dopo neanche un minuto, avvertì dei passi affrettati lungo il corridoio. Se non lo avesse saputo avrebbe pensato che quello scalpiccio appartenesse a un cavallo ferito, invece era solo sua madre, che entrò nella stanza e accese la luce.

La prima cosa che Bill notò fu lo sguardo: sembrava accusarlo e chiedergli scusa insieme. Lo odiava.

Era lo sguardo che metteva su ogni volta che trovava qualcosa da criticare ai numerosi uomini che si era portata a letto, e sembrava dirgli: "perché mi fai questo?"; passava sempre lei per la vittima, non lo sopportava. Come se fosse colpa sua se poi alla fine ognuno di questi si era rivelato un cerebroleso senza spina dorsale.

WRONG FOR YOUDove le storie prendono vita. Scoprilo ora