【𝟶𝟼】

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ᴏɴ ᴛʜᴇ ᴇᴅɢᴇ
ᴏғ ᴀ ᴄʟɪғғ

Le tapparelle erano abbassate per metà, le lenzuola sfatte e aggrovigliate davano a intendere che il ragazzo moro accovacciato sul letto non avesse trascorso una nottata piacevole. Sulle ginocchia teneva poggiato un foglio di carta spiegazzato, sostenuto da un quaderno, sul quale, da almeno mezz'ora, scribacchiava furiosamente alla luce fioca dell'abat-jour, tanto da essersi macchiato le dita d'inchiostro.

La corsa della penna sul foglio si interruppe bruscamente e il ragazzo storse il naso, tagliando con una linea netta la frase appena scritta. Sbuffando, quasi ringhiando, ricominciò da capo.

Domenica mattina. E Bill non ne voleva sapere di accettare quella nuova giornata.

The storm is pulling me away,

I need help, but I don't know how to say

that I need you to drown all this pain.

You're so far away.


Continuava a scrivere la stessa cosa con parole diverse; nessuna versione gli piaceva. Ma, quel che era peggio, per la prima volta in vita sua non riconosceva alcun sentimento nei pensieri che metteva giù. Gli sembravano nient'altro che frasi fatte, prive di ogni significato. Che ne sapeva lui dell'amore, della distanza, della difficoltà dello stare insieme? Nulla, assolutamente nulla. Ed erano anni che scriveva e scriveva, riempiendosi la bocca di parole che non sapeva neanche pronunciare bene.

Si fermò a contemplare il foglio, deluso da se stesso.

Era inutile accanirsi in quella tortura. Scrivere avrebbe dovuto farlo stare meglio, invece ora si sentiva solo un poeta fallito ancora prima di iniziare la sua carriera. Aveva riempito in tutto neanche dieci righe, delle quali più della metà erano frasi sbarrate o troncate a metà, senza una conclusione.

Si arrese. Se neanche i Cure erano riusciti a salvarlo da quel blocco dello "scrittore", allora non c'era nulla che potesse fare. Sfilandosi gli auricolari con una mano, con l'altra spinse da parte quaderno, foglio e penna, desideroso di togliersi quello scempio da davanti agli occhi. Rimase immobile per alcuni secondi - la musica che giungeva attutita dalle due cuffiette - poi con un sospiro tra l'esausto e il nervoso accartocciò il foglio e lo lanciò alla cieca in direzione del cestino. Rimbalzò sul bordo e cadde fuori, non c'era neanche bisogno di dirlo; non era mai stato un asso a basket. Mise in pausa la canzone. Gli era passata anche la voglia di ascoltare musica, voleva solo restare sdraiato a letto ad autocommiserarsi e piagnucolare. Il suo umore faceva già schifo, ma era crollato a picco quando si era svegliato, sudato e ansante a causa di un incubo, e aveva cercato automaticamente il suo diario nel secondo cassetto del comodino, sotto altri vecchi quaderni, dove lo custodiva insieme a quello già finito. Quando stava molto male, scrivere era la sua unica consolazione. La sua fronte si era aggrottata mentre tastava freneticamente il fondo spoglio del cassetto, senza trovare niente oltre che una liscia tavola di legno, e c'era mancato poco che buttasse tutto all'aria, ma poi gli era sovvenuto che fine avessero fatto i suoi amati diari.

Insieme ad un sacco di altre cose alle quali non voleva pensare.

Aveva così strappato un foglio da un quaderno di scuola, desideroso di sfogarsi comunque in qualche modo, ma non gli era servito a niente. Le emozioni non erano quelle giuste: non era arrabbiato, malinconico, triste o semplicemente in uno di quei rari momenti di spensieratezza in cui si concedeva di fantasticare su terre selvagge e amori impossibili, protagonisti delle storie che leggeva sui libri quand'era un po' più piccolo e ingenuo.

WRONG FOR YOUDove le storie prendono vita. Scoprilo ora