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"Ecco, Paul, ho meditato per giorni il modo in cui dirtelo" la rossa continuava a tormentarsi i capelli, tirandoli, giocandoci, come palese segno di nervosismo. Paul si limitava a camminare di fianco a lei con passi pigri e lenti che non si abbinavano per niente all'andatura leggiadra e più lesta della ragazza.

"Non nego che tu sia un bel ragazzo, intelligente... Ma non ti so dire altro. Non riesco a conoscerti più di così. Perciò, perdonami, chiudiamola qui. In realtà non so se è nemmeno iniziata, sai..." Continuò Jane, con una risatina triste. Aspettò qualche minuto, ma nessuna parola o nessun cenno arrivò da Paul "Hai... Hai intenzione di dire qualcosa?"

"Non saprei..." Rispose semplicemente lui, anche se lo fece in un sussurro.

"Va bene." Rispose la povera Jane, che non aveva effettivamente nessun torto.

Ma nulla se non il silenzio.

La ragazza si morse le labbra e sospirò, boccheggiando un paio di volte come tentativi di prendere ancora parola, ma quelle parole - Jane lo sapeva - erano destinate ad aleggiare nell'aria e sparire.

"Capisco. Non ti voglio assolutamente serbare rancore, Paul. Sei fatto così, sei un po' buio. Mi ricordi il nero."

Paul alzò un attimo lo sguardo verso di lei e si ricordò delle pennellate violente che aveva dato ai muri della sua camera in un rapido flashback. Tutto nero, non un angolo che si fosse salvato. Accortosi di aver catturato l'attenzione di Jane ricominciò a guardare a terra, sperando di non destare domande.


"Ho detto forse qualcosa che non va?" Chiese lei, arrossendo. Paul fece cenno di no con la testa.

"Bene... Grazie per avermi ascoltato, Paul. E grazie anche per avermi assecondato quando ti ho chiesto di uscire. Spero solo tu riesca a tirar fuori un sorriso ogni tanto, d'ora in avanti. Ci vediamo." Jane accennò un sorriso, gli lasciò un leggero bacio sulla guancia e iniziò a camminare più velocemente abbassando il capo, sotto lo sguardo assente del ragazzo.

Paul si sedette, pensando a cosa accidenti fosse appena successo. Beh, la ragazza con cui uscivi ti ha appena lasciato, si diceva. Infondo avrebbe desiderato che gliene importasse di più di quanto effettivamente gliene importava, cioè zero.


Oh, beh, non importa, continuò tra sé e sé, allora.


Tornò a casa e la giornata proseguì nella più nauseante quotidianità: studio, cena con i genitori e letto dopo una breve doccia. Non che avesse qualcosa di meglio da fare.


***


"Allora, ho saputo che la Asher ti ha lasciato." lo soprese alle spalle Pete Best, il biondino dei tre.

Paul non replicò, continuando a consumare il suo sandwich in silenzio.

"Ma guardalo com'è triste, il nostro Pete!" Disse in modo ironico George Harrison, un ragazzo alto e magro, con un ciuffo abbastanza alto da renderlo fiero del look da teddy boy che gli conferiva "In realtà lui non vedeva l'ora di mettere le zampacce su Jane." continuò ridendo, beccandosi una pacca da Pete, imbarazzato.

"Non è un problema." Disse Paul.

"C-cosa? Guarda... Guarda che Geo scherzava..." balbettò Pete, in tutta risposta.

"Certo" replicò Paul in un sussurro "Non sarebbe un problema in ogni caso."

"Grazie." Rispose allora Pete, con voce bassa e un sospiro di sollievo un po' troppo rumoroso.


Fortunatamente per Paul non era davvero un problema, anzi, molto probabilmente Pete le avrebbe rivolto più attenzioni ed era giusto così. Infondo, per lui, essere in una relazione era una cosa come un'altra e certamente non occupava un posto speciale nella sua mente. Nulla lo stimolava, nulla riusciva ad accenderlo e nessuno capiva mai cosa gli passasse per la testa.

Nemmeno Paul lo sapeva per la precisione; era come l'ombra di sé stesso, era buio, Jane ci aveva azzeccato in pieno. Quelle parole sembrarono l'unica fonte di interesse di Paul in quei giorni. Le aveva ripetute così tante volte nella sua mente che ormai il tono di Jane andò perso e chi diceva quella frase era lui stesso.


"Paul?"

Eh? Era stato, proprio in quel momento, catturato da quelle parole maledette. Si rivolse verso suo padre che lo stava richiamando da quello che ormai era almeno mezzo minuto.

"Tua madre ti ha fatto una domanda, hai intenzione di rispondere?" Continuò lui, acido. Paul si rivolse verso Mary, la madre.

"Jim, non c'è bisogno che ti scaldi. A questa età i giovani hanno sempre la testa da un'altra parte." Mary, in tutta la sua solita dolcezza, prese le difese di Paul.

"Certo, noi lo sappiamo a cosa pensa!" Disse Mike, il fratellino, alludendo a solo Dio sa cosa.

"Mike!" lo richiamò la madre e lui tornò a mangiare in silenzio, continuando però a sghignazzare tra se e se.

"In ogni caso..." continuò Mary "Ti avevo semplicemente chiesto come fosse andata a scuola, amore."

"Ah... Bene" Rispose semplicemente Paul.

"Come al solito, insomma" sospirò Jim, il padre, rivolgendo poi uno sguardo rassegnato alla moglie.


Con quello sguardo riconfermarono i discorsi che ormai facevano da tempo, discorsi in cui non si faceva altro che parlare di quanto Paul fosse strano.

Strano a non interessarsi a niente, strano a non divertirsi e strano anche a non arrabbiarsi, intristirsi, impaurirsi notevolmente. Sembrava privo di emozioni e certamente quando ne provava di forti faceva di tutto per nasconderle; i due si chiedevano costantemente dove avevano sbagliato... E allora perché con il fratellino era diverso? Non era certo la più terribile delle anime irrequiete, lui, ma nemmeno un angioletto... Parlava molto, aveva un caratterino!, e puntualmente gli chiedevano di intrattenere Paul; fare con lui due tiri al pallone e così via. Non che il fratello maggiore si tirasse indietro, solo, nessuna emozione in corso.





Ciò che Jim, Mary e Mike non si sarebbero mai aspettati, è che di lì a poco la situazione sarebbe cambiata per loro figlio... E chissà; il suo triste colore nero si sarebbe anche potuto ravvivare di una tinta più chiara.





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HENLO FELLAS

Sono tornata con una nuova McLennon, perché con John e Paul non si smette mai di sognare, no?

Avrete - spero - intuito dal titolo che questa fanfiction si basa su Paint It, Black dei Rolling Stones, canzone nota che amo e che mi sono sentita di impiegare. Sarà un'idea assurda, provare a spiegare il vuoto di Paul? Il suo sentirsi nero? Questo lo scoprirò solo andando avanti. Fatemi sapere cosa ne pensate e se siete giunti fino a qui vi ringrazio per aver letto.

Al prossimo capitolo,

- Yasmine

Paint It Black || McLennonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora