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"McCartney?"

"Uh? Eh? Ja."

"Signor McCartney, questa, prima di tutto, è lezione di spagnolo. E secondo, la pregherei di seguirla con attenzione."

Non poteva credere di essersi nuovamente perso tra i suoi pensieri a causa di quel Lennon. Erano ormai passati cinque giorni, cinque giorni che a Paul sembrava di stare ad un passo da ciò che l'avrebbe fatto stare bene, ma non capiva cosa avrebbe potuto essere.

Forse parlarne con George? Lo avrebbe ascoltato, ma davvero il peso delle parole di John sarebbe risultato più leggero? La cosa che gli parve più strana era che, effettivamente, a lui non interessava niente e nessuno, però sono bastate poche parole per tenerlo sveglio qualche minuto in più la notte o per farlo incantare durante le ore di lezione.

Fortunatamente la campanella suonò. George, Pete e Paul si riunirono per fare i soliti piani del pomeriggio.

"...E alla fine potremmo anche fare un salto a casa mia. Mi hanno regalato una chitarra, roba forte. Vorrei la vedeste." Disse George esaltato.

Paul, nel mentre, stava arrivando ad una soluzione.

"Una chitarra? Cavoli! Io ci sto."

Forse aveva trovato la soluzione.

"E tu, Paul?"

"Eh? No. Io... Mia madre ha una brutta influenza, preferirei rimanere a casa oggi."

"Ah... D-d'accordo. Dille di rimettersi." balbettò George, un po' sorpreso.

"Certamente." Paul si alzò, prese la sua borsa e scappò via, salutando i due ragazzi con un semplice cenno.

A Pete e George scappò un sorriso e guardandosi si intesero all'istante: sicuramente sua madre stava bene, ma Paul... Lui, non l'avevano mai visto così.


***


John addentò la sua mela, alternandola ad un tiro di sigaretta.

Sdraiato, alzava il suo braccio al cielo e lo sgranchiva, fingeva di toccare le nuvole dalle forme più assurde.

Mi sembra Brigitte, quella nuvola. Pensò. Ma calcolando che a John, talmente la sognava, sembrava di vedere Brigitte Bardot ovunque, quella nuvola avrebbe potuto avere anche la forma di un topo.

Sentì dei passi, lenti e un po' cauti. Immaginò dovesse essere uno dei suoi amici  e invece, chi si ritrovò alle spalle, scatenò il suo più totale stupore. Si alzò goffamente per vedere chi era arrivato.

"Paul?"

Dopo un momento di esitazione, Paul riuscì a parlare.

"Non sono un oggetto. Men che meno un gioco."

John continuò a fissarlo con occhi increduli, gettando a terra la sua sigaretta con non curanza.

"Uhm, pardon?"

"L'ultima volta che ci siamo visti mi hai praticamente dato dell'oggetto inanimato. Volevo solo tu sapessi che non è così."

"Ah, sì. Dico un sacco di stronzate di cui poi nemmeno mi ricordo più, io."

Paul iniziò ad avvicinarsi. Vacillava, ma stringeva i pugni per provare a controllarsi un minimo. Appena fu abbastanza vicino a John,  sferrò il primo e probabilmente anche il miglior gancio sinistro che avrebbe mai dato. John barcollò fino a finire con il sedere a terra.

"Io reagisco." disse infine, allontanandosi però di qualche passo, pronto ad affrontare il peggio.

John stava lì, seduto sul prato, ancora un po' attonito e accompagnato da un'espressione stupita che si tramutò rapidamente in risata. Paul non disse nulla, ma, certo, ne rimase sorpreso.

Paint It Black || McLennonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora