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"Paul."

Il ragazzo si girò di scatto, trovandosi di fronte un George infastidito che non poteva fare a meno di torturarsi le labbra come segno di chiaro nervosismo.

"Cosa succede?" rispose, incurante.

"...Cosa... Cosa succede? Te lo dovrei chiedere io, Paul!" George si mise le mani sui fianchi ricordando, a tratti, una madre nel bel mezzo di una predica al figlio.

"Uhm... Ragazzi, possiamo uscire?" Pete si intromise; erano gli ultimi rimasti in classe.

"Cinque minuti, Pete." rispose George, che seguì Pete uscire dall'aula con lo sguardo.

Si rivolse nuovamente a Paul "Non far finta di niente. Ti ho visto con quel James Lennon e più di una volta."

"E' John, il suo nome." è tutto ciò che Paul riuscì a dire.

"James, John, quello che vuoi."

"Senti, ma qual è il problema?" Timidamente chiese Paul. Nelle due ultime settimane aveva speso molto tempo in compagnia di John che non si risparmiava dal trascinarlo da ogni parte possibile ed inimmaginabile della sua città, portandolo in zone sconosciute, facendogli capire quanto non conoscesse la sua Liverpool. Nonostante tutto, Paul aveva iniziato ad aprirsi e a godersi le piccole avventure che viveva con John quasi ogni giorno.

"Ma quello ti ha pestato nuovamente fino a farti perdere il cervello?"

George si stava spingendo fin troppo oltre. Paul riconosceva che l'amico avesse un cuore grande quanto una casa e che naturalmente gli volesse bene, ma stavolta stava esagerando e non sapeva per quanto ancora sarebbe riuscito a tollerarlo.

George continuò "Non posso credere che tu stia passando del tempo con quello nonostante il modo in cui ti ha trattato; devi essere stupido, cazzo."

Basta. Pensò Paul, pronto a ribattere, cosa che fece dopo aver preso un respiro "Ascolta. Potrò essere stupido quanto vuoi, ma John non è pessimo come credi e... Non riesci nemmeno a cambiare opinione su di lui." Paul avvampò, avendo come l'impressione di essersi esposto un po' troppo. Questo perché stava difendendo a spada tratta una persona di cui, lo ammetteva, diffidava ancora un po'.

"Come puoi credere sia una brava persona?" ribatté George senza pensarci due volte.

"E tu come puoi credere che non lo sia?" Paul alzò il tono di voce "Non sei tu quello che passa tempo con lui, o sbaglio? E non sei nemmeno tu quello che lo ascolta e tenta di comprenderlo."

Dopo l'audace affermazione l'aula sprofondò nel silenzio finché George non prese la sua borsa - strattonandola - e uscì dall'aula, sbattendo la porta. Ciò che Paul provò in quel momento non sarebbe mai riuscito a metterlo a parole, ma poteva assaporare un misto di orgoglio e timore. Le sue mani tremavano.

Affacciandosi alla finestra, scorse George e Pete allontanarsi sempre di più e, chissà, forse non solo nel senso concreto dell'azione.

La frustrazione, in ogni caso, sembrava tirare i suoi vestiti fino a farlo soffocare e le mani grondavano di sudore; per non parlare del colorito rossastro che il suo volto aveva acquisito.

Probabilmente John di litigi così ne affronta ogni giorno, pensò però Paul, quasi per rassicurarsi.





***





"L'ennesima litigata col professore, oggi" esordì il maggiore "Solo perché ho un fatto un commento su Brigitte Bardot, perché ho detto che è una figa. E quello si è incazzato per il mio linguaggio scurrile come se lui non lo sapesse che è una gran figa!"

Paint It Black || McLennonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora