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Clarisse scese dal taxi e si osservò intorno.
Il vialetto, che portava all'enorme villa, era illuminato da curiosi lampioncini, intagliati a forma di rami intrecciati. Il suo sguardo si soffermò sull'immensità del giardino e il modo in cui ogni dettaglio era curato, ci volle tutto il suo impegno per non tirare fuori la macchina fotografica dalla borsa. Si incamminò, incantata da un salice che immergeva i suoi esili rami in un laghetto artificiale. 

Svoltò l'angolo e si fermò di colpo. La villa dei Price si ergeva imponente davanti ai suoi occhi, così simile alla casa dei suoi sogni. Peccato che non fosse una ricca sfondata come loro. 
Era la tipica dimora vittoriana, una struttura armoniosa con elementi neogotici e una veranda con un colonnato mozzafiato.

"Suppongo che sia una vista spettacolare, in effetti non ho mai fatto caso a quanto fosse bella, ma la sua espressione denota un'ammirazione che non ho mai visto in nessun ospite".

Clarisse sobbalzò sorpresa al suono di quella voce, voltò lo sguardo verso l'uomo e lo studiò di sottecchi. Aveva uno sguardo dolce e trasognato mentre osservava la dimora, come se quella visione gli ricordasse qualcosa di piacevole. Le sue sopracciglia grigie ed arcuate nascondevano degli occhi limpidi come il cielo primaverile mentre le labbra carnose erano dipinte in un lieve sorriso. Le rughe che costeggiavano il suo volto, gli donavano un certo fasciano. Clarisse constatò che probabilmente era stato un uomo molto bello durante la giovinezza.

"Lei signorina si intende di arte?" chiese lui, distogliendo lo sguardo dalla villa.

"Abbastanza, sono una fotografa".

"Spero che non sia un'infiltrata. Non vorrei mai che qualcuno rovinasse questa splendida serata".

Clarisse scosse la testa e impercepibilmente sfiorò la borsa che conteneva la macchina fotografica. Era lì solo per una foto, una semplice foto da scattare allo scapolo più ambito di Londra, e poi se ne sarebbe andata senza scatenare il pandemonio tipico dei giornalisti. 

"Qual è il suo nome, signorina?"

"Clary. Clarisse Mitchelle."

"Ma certo! Finalmente ho l'onore di conoscerla, mio figlio non ha fatto altro che parlare di lei questa settimana" esclamò.

La ragazza sbatté gli occhi, confusa da quella calorosa confidenza. Probabilmente l'aveva scambiata per un'altra ragazza, lei non doveva trovarsi nemmeno in quel posto. Ma prima che potesse spiegarsi, l'uomo la afferrò sotto il braccio e si incamminò con lei, sorridendo entusiasta.

"Signore..." tentò di spiegarsi Clary, ma l'entusiasmo dell'uomo non lasciava spazio a nessuna sua replica.

"Chiamami Patrick. Mi aveva detto che eri molto carina, ma non immaginavo fino a questo punto. Non vedevo l'ora che arrivasse questa serata, solo per avere l'occasione di conoscerti" disse con enfasi l'anziano uomo.

Clarisse si fermò sul primo gradino e osservò Patrick con curiosità, quasi le dispiaceva non essere la ragazza che tanto agognava di conoscere. Doveva essere davvero una persona splendida quella Clarisse con cui lui l'aveva scambiata, per un breve momento provò invidia per quella sua omonima.

"Signore, Patrick volevo dire, temo che lei abbia...".

"Papà, gli ospiti iniziano a chiedersi che fine tu abbia fatto".

Mark Price uscì dall'ombra del colonnato con in mano un calice di vino rosso. Clarisse non poté fare a meno di fissare i suoi bei lineamenti, messi in evidenza da un accenno di barba. Il suo sguardo si soffermò sulle labbra piene, così simili a quelli dell'uomo che le stava accanto.
Sentì il rossore tingerle le guance quando il suo sguardo si soffermò su di lei. La sua espressione mutò repentinamente e Clarisse vi lesse confusione mischiata all'incredulità. Mark Price la stava fissando allo stesso modo in cui si guarda un oggetto tanto desiderato e ambito. Non era un desiderio fisico, era qualcosa di più.

L'inferno degli innamoratiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora