Capitolo sette

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Ansimò. Il nero la circondava completamente provocandole una sensazione di soffocamento. Era sola in quell'oscurità. Non ricordava cosa fosse successo dopo aver visto i canini di Hiccup azzannarle famelici il collo. Non era morta, sicuramente. Non sapeva dove si trovasse e come far ad uscire da quell'abisso. Un unico pensiero le rimbombava nella mente confusa. Perché? Si era fidata di un vampiro, ed adesso non sapeva neanche se fosse morta o meno. Il risentimento le lasciava un gusto amaro in gola, il respiro era accelerato pericolosamente. Aveva un pesante mal di testa, e sentiva il corpo scosso, come se qualcun o la stesse spingendo affondo in quel nero oscuro e penetrante. Non c'era nulla intorno a lei, era completamente avvolta da quelle tenebre. Era scomparso tutto in un secondo, lasciandola in una completa confusione mentale. Forse stava diventando sul serio pazza o forse stava per morire. Sentì uno strilli acuto perforarle i timpani. Sembrava quasi un lamento disperato, un pianto, forse di uno dei suoi demoni. Il corpo stava iniziando a diventarle pesante e ad affondare sempre più profondamente in quel nulla. I capelli appiccicati alla fronte dal sudore freddo, la paura, le urla lamentose. Desiderava far smettere ogni cosa in quel preciso momento. La testa le girava vorticosamente, facendole venire la nausea. Gli strilli aumentarono, ombre apparvero intorno a lei, camminandole intorno spaventosamente, creando una barriera di corpi. Le mani viscide le afferrarono le spalle, scuotendola violentemente ed urlando il suo nome, in un canto di terrore e sofferenza. Il respiro le mancò e sentì un vuoto, poi il silenzio. Tutto era buio e silenzioso, poi d'improvviso una candida rosa bianca fiorisce ai suoi occhi, dando vita ad un cespuglio splendido di candido bianco. Era tutto tranquillo. Chiuse gli occhi, lasciando il corpo galleggiare in quel silenzio quasi rilassante. Poi lì aprì di scatto, ascoltando ancora una volta degli strilli, come fossero di anime che gridavano il suo nome, impedendole di addormentarsi. Le rose divennero nere, mani si protendevano verso di lei, come in un disperate bisogno di aiuto. Poi si rese conto che fosse lei ad avere bisogno di aiuto, e come una rosa appassita, si lasciò cadere verso quella luce bianca.

Aprì gli occhi. Una donna dagli occhi azzurri colmanti di lacrime e dai capelli biondi emise un grido soffocato.
-È SVEGLIA. È SVEGLIA, LA MIA BAMBINA È SVEGLIA.
Un uomo vestito in un camice bianco, la fissò regalandole un sorriso. Astrid si guardò intorno, venendo stretta tra le braccia di quella donna che riconobbe come sua madre.
-Hiccup, Jack. Il campeggio...
La madre si spostò di poco, guardandola negli occhi, un cipiglio di confusione negli occhi. Astrid sbattè le palpebre velocemente, provando ancora una volta una sensazione di nausea alle parole del medico al suo fianco.

-Signorina Hofferson, non c'è nessuno che si chiami Hiccup o Jack. Lei non è mai andata in campeggio. Negli ultimi due anni è stata ferma in questo letto.
Era in coma.




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Angolo autrice
Ed è finita qui :D
Grazie per aver letto questa cosa thisagiata, spero che non tentiate di ammazzarmi :D
Addeoh :D

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