C.II. Incontri notturni

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Quando andate a letto, tirate su
le coperte fino a coprire il cuore.
È lì che dormono le persone che
non potete avere accanto.
-Antonio Curnetta

«Mamma...»

Nessuna risposta.

Perché non mi risponde? È ancora arrabbiata con me?

La macchina che le hanno attaccato al letto ha iniziato a fare un rumore fastidioso, tipo un fischio acuto e senza fine.

«Mamma ti prego rispondimi. Ti prometto che non lo faccio più, d'ora in avanti sarò la figlia migliore del mondo.»

Ancora nessuna risposta.

Ad un tratto la porta della stanza si spalanca e un uomo vestito di bianco si avvicina al letto correndo, seguito da una donna con indosso gli stessi abiti.

«Porta via la bambina e chiama il reparto rianimazione. È un codice blu.» dice con tono preoccupato.

La donna mi prende in braccio cercando di rassicurarmi, ma io inizio a tirare calci nell'aria.

«No! Lasciatemi stare! Mamma! Mamma non lasciare che mi portino via! Mamma!»

Ma la donna non si muove. Non prova a fermarli, non prova a tenermi con sé.

Poi, ad un tratto, la porta si spalanca di nuovo e un uomo entra nella stanza trascinandosi dietro un grosso macchinario di metallo. Sopra c'è un cartello rosso con dei fulmini, e io provo a capire quello che c'è scritto sopra.

P-pe-r-ico... pericolo.

Perché stanno portando quella cosa dalla mia mamma?

«No! Lasciatela stare! Non fatele del male!»

L'uomo di prima mi guarda come se si fosse appena ricordato della mia presenza e si volta subito verso la donna.

«Portate via la bambina! Subito!»

Lei si avvicina a me e, purtroppo, non sono abbastanza forte per sottrarmi alla sua presa. Mi solleva fra le braccia e io inizio a piangere, cercando inutilmente di liberarmi.

«No! Mamma! Mamma ti prego!»

E poi vedo l'uomo di prima prendere due strani aggeggi piatti, tipo ferri da stiro, e collegarli alla macchina pericolosa. Col viso preoccupato lancia un'occhiata all'altro uomo e poi si avvicina a mia madre.

«Libera!» grida.

Poggia i due aggeggi sul petto della mamma e lei sobbalza, come se avesse appena preso una forte scossa.

Solo in quel momento mi rendo conto di stare urlando. Un urlo straziante, disperato. Mi aggrappo con tutte le mie forze alla schiena della donna e inizio a piangere a dirotto.

«Stai tranquilla piccola, andrà tutto bene.» mi sussurra lei cercando di rassicurarmi.

Ma io non sto tranquilla perché, anche se ho solo sei anni, ho già capito che niente va mai per il meglio.

Un rumore forte mi costrinse ad aprire gli occhi. Mi tirai subito su a sedere e mi passai una mano sul viso sudato.

Un sogno, era solo quello stupidissimo sogno.

Perché doveva tornare proprio adesso? Perché non quando Nahan poteva venire da me a consolarmi? Perché proprio ora che ero sola?

Presi un respiro profondo e mi sdraiai nuovamente sul materasso morbido. L'eco di quell'urlo straziante mi rimbombava ancora nella testa e tutto ciò che volevo era che se andasse. Accanto a me, sul comodino, il volto sorridente di mia madre mi osservava dalla fotografia incorniciata e, per un secondo, quello fu la cosa più straziante di tutte. Ma poi sentii un altro tonfo e, automaticamente, scattai a sedere. Lanciai un'occhiata al cellulare accanto a me per controllare l'ora e mi accorsi che era da poco passata la mezzanotte. Sentii altro rumore e, questa volta, mi sembrò fosse accompagnato anche da una voce. Forse era Astrid, magari si era alzata per andare in bagno o per prendere un bicchiere d'acqua. Mi morsi il labbro nervosamente, passandomi una mano fra i capelli scompigliati, e solo allora lanciai uno sguardo ai vestiti che indossavo. Mi ero addormentata senza avere neanche il tempo di mettere il pigiama. Mi alzai dal materasso e mi avvicinai alla valigia, alla ricerca di qualcosa di più comodo, quando dal corridoio si sentì arrivare un altro rumore, questo più forte degli altri.

Ethereal [DISPONIBILE CARTACEO]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora