Quella sera prometteva bene, se tutto fosse effettivamente andato come le prove generali appena terminate. In quel momento tutti gli artisti dello spettacolo si erano riuniti per cena, una grande cena, a giudicare dalla quantità di cibo sul quale erano riusciti a mettere le loro mani. Un clima generale di allegrai pervadeva la compagnia; le prove generali per lo spettacolo che si sarebbe svolto fra due giorni, si erano svolte magnificamente, a parere di Costanza. La loro fama stava crescendo, e un flusso sempre maggiore di persone veniva ad ammirare i frutti di tutti i loro sacrifici. Sì, Costanza si sentiva finalmente bene dopo tanto tempo. Non credeva addirittura di poter provare così tanta pace nel suo esile corpo tormentato. Ma quella sera l'allegria era contagiosa; dopo una cena degna di un re, a base di oca ripiena, verdure grigliate e una torta più grande della faccia di Costanza, i tre giocolieri, Mark, Illem e Law, avevano tirato capovolto dei secchi della spazzatura e con delle posate avevano improvvisato un ritmo travolgente. E Costanza, con le dita che tamburellavano impazienti, piacevolmente percosse da tremiti, corse a prendere il violino che suo nonno, molto tempo prima le aveva donato dopo che lei era riuscita a suonare un brano che lui non riusciva proprio a svolgere. Il tenerlo di nuovo in mano, la fece sorridere, mentre chiudendo gli occhi si abbandonava ai ricordi. E mentre le dita suonavano qualcosa di improvvisato sul ritmo dei tre ragazzi, il profumo di legno, fece ritornare in mente a Costanza la bianca barba del nonno, la sua pelle bruciata dal sole, il suo cappellino. Le pareva di sentirlo ancora cianciare di come lui fosse stato un grande e famoso violinista all'epoca; ma soprattutto le raccontava di come lui, dopo i concerti in luoghi importanti, si mettesse all'ingresso dello stesso posto nel quale aveva suonato per svolgere alcuni brani in modo da raccimolare soldi, come un qualsiasi poveraccio dotato. Costanza sorrise e lasciò scivolare il ricordo via dalla sua mente. Vide che nel frattempo anche gli altri compagni si erano attrezzati: Vik, il trapezista aveva tirato fuori una tromba da chissà dove e ora gonfiava le guance come un criceto, soffiando aria come se non ci fosse un domani, August aveva preso la sua amatissima chitarra, ognuno di loro lontanissimo dal seguire un qualsiasi spartito, ma lasciandosi trasportare dal ritmo. Annette si era messa a volteggiare leggiadra, il vestitino lilla punteggiato da piccoli fiori che le svolazzava attorno, insieme a tutte le persone che rimanevano. Fu così che Luke lì trovò, un caos di suoni trascinanti, un volteggiare di colori svolazzanti; il cuore di Costanza si riempì di pura gioia, l'archetto ormai una parte di sé e i piedi che si rifiutavano di stare fermi. Fu così che, ballando un qualcosa di simile alla Pizzica, e saltellando confusamente, si avvicinò a Luke, che le regalò il suo sorriso malandrino che le aveva rubato il cuore. Costanza si sentiva leggera, senza peso, le pareva quasi di fluttuare. Sorrise a sua volta e proseguì con lo spettacolo di suoni che stavano offrendo ai loro compagni. Danzarono tutta la notte, fra luci, suoni e colori, e non un'anima venne a disturbare la loro baldoria.
Erano ormai sette ore che Gabriel cercava ininterrottamente informazioni per scoprire qualcosa di più sull'assassino; stava spulciando ogni archivio per trovare qualcosa di interessante dalle persone sull'elenco che era riuscito ad ottenere da gli abitanti della comunità, ma fino a quel momento la fortuna che li aveva miracolosamente assistiti, sembrava volersene fregare di loro e lasciarli di nuovo in balia di un crudele destino. Ritornò con la mente a ciò che si erano detti lui e Donovan dopo l'incontro con la comunità; entrambi erano concordi con il fatto che molti di loro, se non quasi tutti, sapessero l'inglese, e avessero delegato quella bambina magari per intenerire altri eventuali Alex Lanning. Il fatto che comunque mentre traduceva per loro il lungo discorso del vecchio capo non avesse commesso alcun errore come aveva precedentemente fatto, era già di per sé una prova piuttosto chiara del meccanismo di difesa che col tempo quei nomadi erano stati costretti ad adottare: fingere di non capire la lingua come una sorta di protezione. E loro due si erano nuovamente trovati concordi nel formulare un'ipotesi che, finché non avevano tentato di dimostrarne la veridicità, era risultata ottima, ovvero che l'assassino era stato probabilmente uno dei membri della comunità che era andato via per cercare di costruirsi una vita migliore, poiché il campo dove ora la comunità si trovava era distante dai luoghi degli omicidi, inoltre non avrebbero avuto i mezzi necessari per gli spostamenti; il colpo di genio era venuto da Gabriel, che aveva espresso la sua idea ad un Donovan piacevolmente impressionato. L'assassino poteva essere uno degli schiavi portati da Hansen, l'altra vittima. Con questa teoria i moventi per gli omicidi coincidevano alla perfezione. Ma dopo aver quasi finito la lunga lista di nomi fornitagli dal vecchio capo, ancora non aveva trovato nessuno corrispondente al profilo dell'ipotetico assassino. Gli bruciavano gli occhi, e un fastidioso martellare alla testa non gli permetteva di concentrarsi come avrebbe dovuto. "Stupida stanchezza..." borbottò fra sé e sé, mentre appoggiava un attimo la testa sul bancone, nella speranza di far cessare almeno per un attimo quel fastidioso rumore. Gabriel si svegliò un paio di ore dopo, come constatò da una rapida occhiata all'orologio; un esame veloce gli dimostrò che tutti i fastidiosi rumori che lo infastidivano prima, se ne erano andati, e si sentiva di nuovo lucido. Con questa consapevolezza, si rimise al lavoro e, come guidato da un sesto senso, il suo occhio cadde su uno dei nomi che si trovavano sulla fine della lista: Costanza Mayflower. Notò subito come la presenza di un cognome all'apparenza inglese, stonasse con tutta quella sfilza di cognomi italiani. Iniziò a cercare informazioni su di lei, e quando lesse il suo nome in un verbale sul processo tenutosi contro Anton Hansen, quasi saltò in piedi dalla gioi. Era questo il collegamento che cercavano, finalmente! Per scrupolo decise di cercare anche su Internet qualche informazione aggiuntiva, ma appena aprì il primo link, il link di un circo, a quanto pareva, Donovan entrò nel suo studio, per informarsi sugli eventuali aggiornamenti. Gabriel saltò in piedi con l'agilità di un grillo ed euforicamente gli spiegò ciò che aveva scoperto. I due agenti uscirono dallo studio, mentre sul computer rimasto aperto, il nome di Costanza Mayflower, veniva accostato al suo nome d'arte, "La Rosa di Halfeti".
![](https://img.wattpad.com/cover/124147267-288-k666269.jpg)
STAI LEGGENDO
La Rosa di Halfeti
Short StoryIn un' Inghilterra degli anni '60, un misterioso assassino passa indisturbato da una vittima all'altra, con un unico segno di riconoscimento: una rosa nera.