L'unica persona che mi fa piacere incontrare

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Pioveva, anzi diluviava e io non avevo l'ombrello e la sigaretta che avevo tra le labbra ormai era da buttare perché era tutta bagnata. Maledizione alle piogge improvvise.
Riuscii ad arrivare nel palazzo dove abitavo, il portinaio non c'era, probabilmente era nell'appartamento della mia vicina che gli faceva vedere i documentari degli accoppiamenti dei tori.
Mi scrollai un po' cercando di non bagnare per terra, Rudolph mi avrebbe ucciso se avessi bagnato l'ingresso del palazzo. Cercai di riaccendere la sigaretta ma era troppo bagnata allora la buttai e ne presi un'altra dal portasigarette che mi aveva regalato uno dei miei clienti più affezionati.
"All'unica persona che mi fa piacere incontrare. T. S."
L'accesi e inspirai profondamente, riempiendo di tabacco i polmoni ed espirai venendo subito circondato da una nuvoletta biancastra di fumo e profumo di vaniglia della carta nera come la notte della Black Devil tra le mie dita.
Rimisi apposto il portasigarette e salii le scale cercando le chiavi di casa nelle tasche del giubbino, ormai fradicio.
Raggiunsi l'ultimo piano, l'ascensore era fuori uso, e infilai la chiave nella toppa sentendo i gemiti della mia vicina e i movimenti del letto contro il muro.
Si preannunciava una mattinata difficile, non sarei riuscito a dormire, come al solito.
Entrai in casa chiudendo la porta dietro di me con un leggero calcio e poi mi tolsi le scarpe lanciandole contro il muro accanto alla porta, sotto il termosifone, per farle asciugare.
Andai in bagno e aprii l'acqua calda della vasca, dopo quella nottata avevo davvero bisogno di una doccia. Tornai in sala, posai la sigaretta sul portacenere e iniziai a spogliarmi mettendo i vestiti nella lavatrice.
-oh cazzo.- i boxer, da bianchi, erano diventati rossi.
Tirai un calcio al mobile incazzato con tutto il mondo e li misi in candeggina.
Ripresi la mia sigaretta e la finii, portandomi una birra in bagno.
Mi immersi nella vasca e li rimasi per un po', pensieroso ripensando a quello che era la mia vita, sorseggiando la mia birra.

Mi chiamo Clinton Francis Barton, chiamato Clint e conosciuto come Occhio di Falco al liceo perché riuscivo a vedere un culo ben fatto da un kilometro di distanza e sapevo dire a tutte le ragazze chi lo aveva più grosso tra quelli che gli andavano dietro.
Chiamato checca da quelli più grandi perché se la tiravano, ma rispettato e simpatico ai ragazzi della mia età e quelli più giovani.
Sarà stato per il fatto che non potevo fare un passo senza essere circondato dalle ragazze.
Non crediate che ero un ragazzo popolare, anzi, le ragazze mi cercavano solo per la mia capacità.
A loro interessava soltanto sapere con chi era stata tizia e se lui era stato bravo. Già, perché questo era quello che vedevo. Riuscivo a capire dalle espressioni delle persone quello che provavano. Ci avevano fatto anche un telefilm su questa capacità.
Ed era per questo che non me la prendevo se mi davano della checca; sapevo che erano invidiosi perché avevo sempre una nuvola di ragazze intorno.
L'unica ragazza che non mi cercava per queste cose era la mia migliore amica, Natasha Romanoff.
Quando ero accanto a lei, nessuno, né quei palloni gonfiati che mi insultavano, né quelle ochette da strapazzo che volevano gli ultimi aggiornamenti sui pettegolezzi, mi stavano intorno e mi dicevano qualcosa.
Appena entrava nella loro visuale, io ero sempre il primo a vederla ma non dicevo mai niente, sgusciavano via meglio che le anguille.
Natasha Romanoff, vita sconosciuta. Si sa solo che è russa, conosce un sacco di lingue e picchia forte.
Quando era appena arrivata si diceva che avesse ucciso un uomo, in Russia.
Quando gliel'ho chiesto si è messa a ridere e mi ha detto:"se ti rispondessi dovrei ucciderti."
Be, non so se ha mai ucciso qualcuno o no, ma sinceramente non mi interessava e non mi interessa tutt'ora. È l'unica persona che ho ancora vicina, l'unica vera amica.
Abbiamo 23 anni e finito il liceo abbiamo smesso entrambi di studiare, anche se io passo parecchio tempo a leggere qualsiasi libro mi capiti a tiro. Di qualsiasi argomento.
Lei fa un lavoro un po' particolare, non l'ha proprio scelto, diciamo che se l'è andata a cercare.
Ha salvato la vita ad un bambino e ora la madre di questo l'ha praticamente rapita per farle fare la tata.
E non una tata come tutti pensano, no, la tata di tipo C. come ho detto, se l'è proprio andata a cercare.
Ma almeno la pagano bene anche se dovrebbero pagarla molto di più, per quello che fa.
Ci sono tre tipi di tate. Quelle di tipo A danno il tempo per la coppia, qualche sera a settimana per chi lavora
tutto il giorno e bada ai figli la sera. Le classiche tate che tutti conoscono in pratica.
Quelle di tipo B chiedono la tata per avere del tempo per l'amante di turno, per donne che fanno mamme di mattino e di sera se la vogliono spassare. E anche su questo non ci sarebbe niente di strano, niente di troppo impegnativo. E poi ci sono quelle di tipo C, come lei.
Tate 24 ore su 24 per dare il tempo a donne che non vanno a lavorare e neanche fanno le madri. Quelle della parte importante della città, quelle dei quartieri alti, ricche sfondate e abbandonate dal marito che si scopa la segretaria. La specie più sviluppata di madri nell'Upper East Side dell'isola di Manhattan.
Io invece? Be, io ho una specie di doppio lavoro, se così possiamo dire.
Il primo lavoro, anche qua non sono io che l'ho cercato ma è lui che mi è venuto addosso.
E quando dico venuto addosso intendo nel vero senso del termine.
Stavo cercando un lavoro, quasi due anni fa, e quindi giravo per l'isola di Manhattan consegnando curriculum e varie richieste di lavoro. Mi ero iscritto a tutte le associazioni che aiutavano giovani ragazzi a trovarne uno, prendevo sempre il giornale alla ricerca di qualcosa che potessi fare, ma la fortuna non girava dalla mia parte, fino a che un pomeriggio mentre mi stavo riposando un po' tutto cambiò.
Ero sdraiato sul prato di un piccolo parco dove praticamente nessuno andava, a petto nudo e stavo assaporando il sole che mi riscaldava e mi dava sollievo dopo tutte quelle ore passate a camminare, quando qualcosa mi bagnò il petto. Mi alzai a sedere di scatto brontolando, forse qualche ragazzaccio mi aveva versato la bibita addosso, ma quando mi osservai, notai che non era un liquido normale.
Mi guardai intorno e sull'albero, praticamente sopra di me, vidi un uomo che mi osservava.
-che cazzo stai facendo?!- gli urlai cercando di pulirmi schifato.
-secondo te?- disse lui scendendo dall'albero e avvicinandosi.
Aveva occhi azzurri e capelli biondi, molto muscoloso e abbastanza pericoloso, da quello che potevo vedere.
-potevi trovarti un altro posto!- mi lamentai.
-era l'unico da cui potevo vederti.- si mise davanti a me e mi infilò qualcosa nella tasca dei pantaloni e poi si allontanò facendomi l'occhiolino.
-alla prossima.- mi salutò.
-ma anche no. - dissi piano, infilando la mano nella tasca ed estraendone 5 bigliettoni da 100 dollari e un biglietto da visita: il grande e potente Thor, figlio di Odino. Il wrestler più forte di Asgard.
Ah, non ve lo detto, vero? Gli alieni esistono. Già, Thor ne era la conferma.
Da pochi anni, da quando Thor è caduto dal cielo, precisamente, sulla Terra si è aperto un nuovo mondo.
Quello degli dei, se così vogliamo chiamarli. C'è una specie di patto tra i terrestri e gli asgardiani. Non so i particolari perché quelli li conoscono solo i capi dei governi della Terra, ma una cosa è certa. Non sono nostri nemici. E loro entrano tranquillamente, senza bisogno di passare per la dogana o cose simili, hanno solo un documento di identità, per sapere chi sono, ovviamente, nulla di strano e tutto giusto a mio parere.
Nessuno ha osato mettersi contro di loro, forse perché sono 100 mila volte più forti di noi, ma questa è un'altra storia.
Come vi stavo dicendo il lavoro stava trovando me, ma la prima volta che lavorai consapevole del fatto che poi mi avrebbero pagato è stata quella sera stessa.
Ero entrato in un bar per prendere qualcosa da mangiare, quando un ragazzone biondo, tutti biondi li trovo io, mi si avvicinò.
Era parecchio brillo ma non era quello che mi sorprese, lo erano i suoi vestiti: era un soldato americano appena rientrato dall'Afghanistan.
Sul petto aveva scritto: Rogers, era un capitano.
-Ehi, bellezza? Ti piacciono gli uomini in divisa?- rise guardandomi.
-ecco.. io...- non sapevo che fare, lui mi si era avvicinato tanto che sentivo il puzzo di alcool che mi faceva venire voglia di vomitare.
-quanto prendi all'ora?- mi chiese.
Lo fissai sconvolto:-come scusi?-
Lui non mi rispose e mi portò nel bagno del locale, dove mi costrinse a fargli un pompino.
Fu la prima volta dopo anni che vomitai anche l'anima. In cambio dei miei servigi, però, l'uomo mi diede 700 dollari, in pratica tutta la sua paga di un mese; questo stava borbottando mentre se ne andava.
E così feci ben 1200 dollari in un giorno solo.
Da quel giorno la mia clientela aumentò e non so neanche come, il mio numero di telefono passava di mano in mano a gente potente che mi chiamava e voleva appuntamenti e mi dava un sacco di soldi.
Mi ritrovai ad essere l'uomo più ricercato dell'alta società.
Natasha, a cui raccontavo tutto, rimase scioccata dal fatto che ero diventato uno gigolò.
Ma non l'ho cercato io e poi, sinceramente, non era così male.
Certo non avevo un ragazzo e neanche una vita normale ma non me ne dispiaceva molto.
Di notte stavo nel letto di un uomo, il mattino nel mio e il pomeriggio andavo in palestra e al poligono a fare qualche tiro con il mio fidato arco. L'unica vera passione che avevo fin da quando ero piccolo.
Non vi ho parlato della mia vita prima di andare al liceo, vero? Be, non c'è molto da dire. Sono sempre stato solo. I miei non so neanche se sono vivi, spero di no, spero che siano all'inferno a bruciare.
Ho vissuto in un orfanotrofio, poi sono scappato e mi sono unito ad un circo. Loro si sono preoccupati di farmi andare a scuola. Erano loro la mia famiglia, mi sono stati vicini e io con loro stavo bene.
Purtroppo però quel circo ora non esisteva più. Era bruciato uccidendo chiunque al suo interno. Ora ero davvero solo, bé, c'era Nat ma per il resto ero davvero solo.

Uscii dalla vasca svuotandola. Mi guardai allo specchio vedendo che tutta la matita sotto gli occhi era sbavata e ora sembravo un panda. Sbuffai e mi pulii gli occhi dal nero e mi asciugai mettendomi l'asciugamano in vita, poi tornai in cucina buttando la bottiglia e mettendo via i soldi di quella sera, 1000 bigliettoni.
Mi accesi un'altra sigaretta e mi sedetti sul divano prendendo il telefono e chiamando Nat.
-ehi, bel frocetto, che stai facendo?- mi salutò lei.
-ciao anche a te, zoccoletta.- risi sdraiandomi:-sto fumando la mia ultima sigaretta della nottata. Te?-
-sto preparando la colazione per la piccola peste.-
-come va? Ha smesso di bruciarti i capelli con l'accendino?- aspirai il tabacco e poi lo sbuffai fuori.
-oh si, siamo riusciti a diventare amici.-
-congratulazioni!- sorrisi:-vedi di non affezionarti troppo.-
-lo so, stai tranquillo. Con chi sei stato stanotte?- mi chiese.
Non risposi subito. Buttai la cenere nel piattino e quando feci per aprire bocca per risponderle, fu lei a parlare.
- Coulson, vero? Clint, dovresti smetterla di vederlo. Se solo lo incontrassi lo ucciderei a mani nude.-
-è per questo che ringrazio che il tuo lavoro ti tenga lontana da certi luoghi.- ridacchiai.
-non sto ridendo Clint. Dovresti...- cercò di parlare.
-lo sai che non posso e per due motivi.- tagliai corto.
-tutti e due motivi stupidi!- reclamò.
-stupidi? Se lo mando al diavolo mi impedirà di avere qualsiasi altro lavoro e potrei addirittura perdere questo.-
-non mi sembra una gran perdita, alla fine.-
-lo so, sto continuando a cercare altro ma sembra che non mi calcolino neanche.-
-e sai precisamente per quale motivo.- mi rispose saggia.
-per colpa del mio secondo lavoro...- sussurrai sospirando.
-esatto.-

Già, mi ero dimenticato di dirvi qual'era il mio secondo lavoro.
Be, un'associazione segreta, lo S.H.I.E.L.D., venuto a conoscenza della mia esistenza e del mio rapporto con i miei clienti, mi ha chiesto di diventare una spia per loro. Non era una cosa molto divertente, dovevo fare quello che facevo sempre e in più, cercare di estrapolare loro informazioni mentre gemevano sopra di me senza sembrare troppo interessato.
Tutti io li vado a trovare, anzi sono loro che hanno trovato me!
Al diavolo quando risposi a quelle chiamate.
La prima fu da parte di un certo Phil Coulson, un magnate petrolifero molto potente negli Stati Uniti.
Da quello che questa organizzazione mi aveva detto, faceva affari loschi con alcuni Cartelli messicani e anche con alcune fazioni terroristiche israelitiche e islamiche.
La seconda chiamata arrivò da parte del celeberrimo magnate, genio, miliardario, playboy, filantropo Tony Stark. Quello che mi aveva regalato il portasigarette.
Lui, be, lui costruiva armi per lo stato e sembrava che conoscesse a fondo un eroe che girovagava per l'America sotto il nome di Iron Man. Si diceva che era stato lui a costruire quell'armatura fantascientifica e meravigliosa. Io dovevo scoprire proprio questo e sapere chi c'era al suo interno. Alcuni sostenevano che ci fosse una delle sue guardie del corpo, ma, a parte Happy, io non avevo visto nessuno. Altri ancora dicevano che c'era proprio lui lì dentro. Io l'ho conosciuto e Tony Stark non fa altro che pensare a se stesso, mi sembra proprio strano che si metta a salvare la vita a dei poveri disgraziati distrutti da una guerra stupida.
E per finire c'era un alieno. Ebbene si, scopavo con un alieno e non uno qualsiasi ma con Loki, da Asgard.
È venuto sulla Terra e si è messo a dare la caccia ad importanti e perdute reliquie che poi rivendeva ai privati e ai grandi magnati a prezzi esorbitanti. Lo S.H.I.E.L.D. credeva che oltre a ricercare reliquie storiche portava con se altre cose non proprio di vecchia data, sembrava essere anche un abile ladro di opere protette nei musei. Insomma è una combinazione di Lupin il ladro e Sydney Fox la cacciatrice di reliquie.

-riuscirò ad uscirne. Se riesco ad avere delle prove...- sospirai.
-stai parlando di Coulson. È già un miracolo che sei vivo, secondo me. Soprattutto per quello che ti fa. -
-è solo un po'... rude.- risposi spegnendo la sigaretta.
-rude? Ancora un po' e ti ammazza appena te lo mette.-
Risi appena:-sei dolcemente ridicola quando parli di queste cose cercando di non essere volgare.-
La sentii sorridere:-stavo facendo un discorso serio. L'ultima volta che ti ho visto avevi lividi dovunque e anche Stark se n'è accorto.-
-si, ma gli ho detto che sono caduto e ci ha creduto. Bruce è bravo a trovare scuse plausibili.-
-già, l'unico uomo ad avere un po' di cervello in quella branca di pazzi che vedono complotti ovunque.-
- bé, è laureato ed è uno scienziato e un ottimo dottore.- annuii.
-e prima o poi dovrò ringraziarlo perché ti da una sistemata ogni mese. -
Risi:-ti comprerò una lingerie carina per fare colpo.-
-ringraziarlo non vuol dire andarci a letto.- brontolò lei.
-oh lo so, ma sai com'è... sono una spia e certe cose le capisco.- risi di gusto.
-sei uno stronzo! Se gli hai detto qualcosa ti fucilo!- mi minacciò.
-ma secondo te! Non lo farei mai, lo sai. - sorrisi.
-si, lo so. Ora dormi, che sarai stanchissimo.-
-in effetti...- sbadigliai.
-buonanotte, dongiovanni.-
-buongiorno, tata. - sorrisi e chiusi la chiamata e poi andai a dormire e per fortuna la mia vicina e il portinaio avevano smesso di vedere documentari educativi.

Gigolò - amore in venditaWhere stories live. Discover now