La strana richiesta di una strana coppia

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Al mattino mi svegliai sentendo dei rumori in cucina. Mi alzai subito silenzioso, prendendo il mio arco con un paio di frecce e arrivai in pochi passi alla cucina con l'arco teso e una freccia incoccata.
-Signor Stark...- dissi piano sospirando. Mi ero completamente dimenticato di lui.
Tony si voltò con in mano la caffettiera:-scusa, non volevo svegliarti. Vuoi anche te una tazza?-
Annuii posando l'arco sul tavolino del salotto e poi lo raggiunsi sedendomi al tavolo.
-tutte le mattine ti svegli con l'arco in mano pronto a piantare frecce nelle teste di poveri malcapitati?- sorrise lui sedendosi sull'unica altra sedia della cucina.
Scossi la testa:-vivo da solo. Non c'è mai nessuno in casa. Quando ho sentito dei rumori ho pensato a degli intrusi.-
-ti sei dimenticato che c'ero anche io.-
-la forza dell'abitudine.-
-capisco.-
Mi voltai a guardare la tv, c'era il telegiornale che parlava di alcune manifestazioni.
-ho provato a vedere se parlavano del cadavere...- disse piano.
-non ti devi preoccupare. Jared avrà sistemato tutto. Non ti potranno ricollegare a niente.-
-nonostante molte persone mi abbiano visto al locale? Mi hai anche dedicato una canzone.-
Arrossii cercando di non farlo notare:-io non ricordo di aver dedicato niente a nessuno ieri sera. Non l'ho neanche vista al locale, sinceramente.-
Sorrise:-tu non mi avrai visto ma altri non ci scommetterei.-
-oh io si. Nessuno crederà alle parole di quelle persone. Sono tutti ladri, drogati, ubriachi e puttane e per quanto riguarda Coulson, non vorrà far sapere tanto in giro di essere stato in quel posto.- mi alzai per versare il caffè che aveva appena finito di uscire dalla moka.
-tu che ci facevi in un locale del genere?- mi chiese.
-io appartengo alla quarta categoria, no?- dissi con rammarico.
-non credo affatto che tu abbia ragione.-
Risi:-come vuole lei.- gli porsi la sua tazza.
-io... volevo dirti che... ecco... insomma... per questo...-
-non c'è di che.- risposi sedendomi.
-insomma... non per questo...- disse indicando intorno a se:-cioè non solo per questo.... anche per... ieri sera... ecco...-
-non c'è problema. Non sono Iron Man ma faccio quel che posso.- appena nominato il supereroe, Tony alzò la testa di scatto preoccupato ma la sua espressione poi si rasserenò.
-non credo che uno come Iron Man si preoccupi di piccoli delitti di quartieri e soprattutto di salvare la vita ad un mercante di morte.-
-Iron man è un'arma dopotutto.- risposi osservandolo attentamente.
-è un supereroe! Lui salva la gente non la uccide.-
-ma ha delle armi. E per salvare della gente deve ucciderne altre, il più delle volte.- gli feci notare.
-è diverso. Lui le usa per difendere.-
-anche gli assassini usano le armi per difendere magari un ideale; sbagliato o meno che sia.-
-ne parli come se fosse un mostro...- mi fece notare lui accigliandosi.
-non lo penso. Sto solo cercando di farle capire che, secondo me, Iron man avrebbe potuto salvare anche lei.-
-non avrebbe potuto.- fece un sorriso finto.
-ne sembra molto convinto. Perché?- chiesi curioso.
-perché è così.- troncò il discorso con uno scatto.
-ok... scusi.- abbassai lo sguardo sulla mia tazza ancora fumante, bevvi un sorso di caffè.
Lui scosse la testa e sospirò.
La musichetta del mio telefono fece sobbalzare entrambi.
Mi alzai e lo presi dal tavolino guardando chi era: Loki.
Strano, di solito lui non chiamava mai.
Risposi subito:-pronto?-
-Barton, dobbiamo vederci il prima possibile. Dobbiamo parlare. Sei libero mercoledì?-
-si, sono libero.- ero preoccupato, lui non voleva mai parlare.
-bene, allora tieniti libero per tutto il giorno, ti porterò abbastanza lontano.-
-oh, va bene.-
-bene, ciao.- chiuse la chiamata.
-quello è tutto strano...- scossi la testa.
-era Coulson?- chiese in fretta Tony fissando con uno sguardo pericoloso.
-no, un altro cliente.-
Lui annuì:-c'è una cosa che non ho mai capito.-
-cosa?- gli chiesi tornando a sedermi davanti al mio caffè.
-perché hai deciso di fare questo lavoro?-
Sorrisi aspramente:-non l'ho deciso. Il corso degli eventi mi ha buttato in questo...- non sapevo che parola usare.
-in questa merda.-
-qualcosa del genere...- incurvai le labbra.
-già. E sai una cosa? Siamo delle merde anche noi.- se era il suo modo per dire "mi dispiace" non lo sapevo, ma apprezzai quello che lui disse. Alla fine sembrava che anche lui avesse un cuore.
Nonostante avesse i soldi, pareva, ma pareva, avere veramente dei sentimenti.
-certi sono doppiamente delle merde.- finì il suo discorso stringendo un pugno sul tavolo.
Anche se non aveva detto nomi, capii che stava parlando di Coulson. Mi chiesi perché lo odiava così tanto; che avesse capito? Ma come avrebbe potuto? Dall'atteggiamento che ha avuto alla festa? E perché doveva interessargli così tanto?

DRIIIIN

Feci un salto.
Tony rise:-sei sempre sul chi va la?-
-si, soprattutto quando succedono cose che non dovrebbero.- andai alla porta e vidi Happy che si dondolava da un piede all'altro aspettando impaziente.
-è Happy.- dissi girando la chiave nella toppa.
-oh mi ha già trovato?-
Appena aprii la porta mi venne addosso e mi fece cadere col sedere per terra e una pistola puntata sul naso.
-ma che cazzo!?- fissai Happy spaventato.
-Happy! Lascialo! Non mi ha rapito!- urlò Tony mettendosi tra noi due.
-oh no! la sindrome di Stoccolma!- la guardia del corpo lo scosse per le spalle come per farlo rinsavire.
Tony sospirò:-nessuna sindrome, sono sano come un pesce e sono fuori dai casini grazie a lui.- e mi indicò.
-oh, capisco capo.- annuì e lo lasciò mettendo via la pistola e chiudendo la porta.
-dovremo uscire dal retro per evitare che la vedano, capo.-
-va bene si, come vuoi.- rispose lui e si girò verso di me, ancora immobilizzato per terra.
-tutto ok?- mi chiese.
-credo di si. Sono ancora vivo almeno.- mi alzai osservando l'uomo che girava per la casa curiosando.
Qualcosa in me si stava muovendo pericolosamente. Sentivo che stava sbagliando, che stava dimenticando di controllare qualcosa di importante. Mi avvicinai come un automa alla finestra e, senza farmi vedere, controllai di sotto.
Una macchina nera era parcheggiata proprio dietro a quella di Happy, che conoscevo grazie ai rapporti dello S.H.I.E.L.D. .
-ti hanno seguito.- sussurrai prendendo il telefono e mandando un messaggio con il numero di targa alla base seguito da un breve appunto: segue pacchetto rosso.
-non è possibile. Sono stato ben attento a non farmi seguire.- sibilò lui risentito dalle mie parole.
-come fai a vedere da qua?- mi chiese invece Tony.
Sorrisi:-ecco perché mi chiamano Occhio di Falco.- presi il mio arco con le due frecce e aprii la finestra più piccola e con la visuale migliore.
-non farai mai centro, sbruffone.- sentii Happy borbottare ma non gli risposi concentrandomi.
Silenzio, calma, i muscoli si tendono, inspiro, espiro e BAM.
Centrai in pieno la ruota di dietro della macchina senza che loro se ne accorgessero.
Incocco l'altra freccia e BAM
Beccai un punto preciso del motore che fece incendiare la macchina ma non in modo grave da ferire loro e le persone attorno.
-non avrete problemi. Non vi vedranno arrivare, sono troppo impegnati a spegnere il fuoco e a scappare a piedi.- mi voltai a guardarli.
-che mira...- esclamò Tony.
Mi strinsi nelle spalle.
-be, grazie di tutto.- disse Happy e spinse fuori Tony che ebbe solo il tempo di dire:-mi farò sentire!- che la porta si chiuse.
Dopo pochi minuti li vidi salire in fretta in macchina e fuggire senza essere visti da nessuno.
Ancora dopo poco due macchinoni dello S.H.I.E.L.D. arrivarono e prelevarono gli uomini, che non erano riusciti a scappare, per farli parlare.
La porta fu aperta, non mi voltai neanche.
-chi sono?-
-sicari mandati da un uomo di cui non conoscono neanche il nome.- l'agente Stear si mise accanto a me.
-te lo do io il nome: Phil Coulson.-
-non ci sono prove.- rispose lui.
-l'ho visto mentre dava l'ordine all'uomo ieri sera di ucciderlo.-
-non puoi sapere che è lui.-
-oh ma io lo so. È geloso e non ne capisco il motivo. Per questo lo vuole morto.-
-ci deve essere qualcos'altro sotto.-
-può darsi. Ma è lui il mandante.- lo fissai serio.
-ti credo ma questo non basta.-
-be siete un'organizzazione di spionaggio, se le prove non le trovate voi, chi le trova?-
-non è così semplice.-
-non è mai così semplice.- sbuffai.


La domenica passò tra un rapporto e un altro, tra una telefonata e un'altra con Nat.
Riportai la moto a Jared, ma lui non era al locale quindi diedi le chiavi al fratello Shannon.
Andai a letto tardi quella sera perché noleggiai un film che durò parecchio e così all'una mi addormentai sul divano.
Mi svegliai tardi il mattino poiché non avevo appuntamenti quella mattina, ma dovevo prepararmi per la serata. La strana coppia richiedeva i miei servigi e dovevo essere preparato a tutto.
Feci un'abbondante colazione con bacon e un uovo, una tazza di caffè e un bicchierone di spremuta.
Indossai la tuta e feci jogging nel parco sotto casa e un paio di flessioni.
Tornai poco prima di pranzo per fare una doccia e poi scappai da Nat, nel centro dove i bambini potevano giocare, con del sushi da asporto che dividemmo affamati.
Alla sera, tutto bello profumato, mi diressi all'hotel che mi era stato indicato senza farmi seguire.
Una volta nella hall mi chiesi cosa avrei dovuto fare, ma forse avevano già provveduto loro dato che un uomo, un maggiordomo, mi si avvicinò:-signor Barton?- chiese.
-si?- risposi fissandolo.
-mi segua, la prego.- si incamminò verso una delle camere dell'albergo ed io lo seguii ansioso.
La camera era all'ultimo piano, una meravigliosa suite che non mi sarei mai potuto permettere.
Era una stanza enorme, con un letto rotondo, le lenzuola blu notte di seta, il pavimento ricoperto di parquet di legno chiaro. Accanto al letto una poltrona molto comoda e di velluto rosso.
-attenda qui.- disse il maggiordomo uscendo dalla camera.
Sospirai e mi sedetti sul bordo del letto.
Il tempo passò e mi sdraiai completamente, sperando che arrivassero in fretta.


Un rumore fuori dalla porta, una chiave che gira nella toppa.
Mi alzai a sedere in fretta, la porta si aprì e spuntarono fuori loro due.
Lei, l'attrice più in vista degli ultimi anni, una delle donne più brave secondo la rivista Vanity Fair: Maria Hill.
Lui, il marito, il regista più famoso al mondo. L'uomo che l'ha resa la donna più ricercata per i film d'azione e spionaggio. Il regista dall'occhio solo: Nick Fury.
-buonasera.- mi alzai salutandoli e porgendo la mano prima alla signora e poi a lui.
-buonasera.- risposero e mi fissarono.
-che ne pensi tesoro?- chiese Fury alla moglie.
-oh, è molto carino!- sorrise.
-bene, è deciso allora. Sapevamo di poterci fidare del giudizio di Phil. Quel vecchio volpone ha occhio! Lo dico sempre che lui è il mio unico occhio buono.- rise della sua battuta.
Sorrisi fingendomi cordiale. Se sei contento tu, pensai.
-per cosa mi avete chiamato?- chiesi pregando che non fosse nulla di eccentrico.
-be, noi abbiamo un piccolo problema.- disse la Hill.
-più che noi, la colpa è mia.- disse Nick posando una mano sulle spalle della donna.
-già, lui... non può avere figli.- rispose Maria.
Capii dove volessero arrivare.
-oh... oh... ma ci sono altri metodi, che ne so... adottarne uno!- esclamai.
Nick rise:-vedi il problema qua è che non possiamo permetterci di andare a dire in giro che non posso avere figli. Soprattutto se lo scoprissero i suoi.- indicò con la testa la moglie.
I genitori di lei erano cattolici praticanti, ma molto ligi nelle regole della chiesa e, si sa, se non puoi adempiere al tuo dovere di procreare, si può considerare nullo il matrimonio.
Scossi appena la testa.
-Barton, la pagheremo bene.-
-non è per quello...- iniziai ma lui mi interruppe ridendo.
-è sempre per i soldi.-
-non per me.-
-peccato, Coulson diceva che avresti accettato.- disse risentito.
Maledizione, vuol dire che se non accetto sono nei guai... maledetto Coulson.
Sospirai:-va bene.-
-perfetto, allora fate con comodo. Io mi metto qui e aspetto.- sorrise Fury sedendosi sulla poltroncina rossa.
Ingoiai a vuoto:-ok...- sussurrai e mi avvicinai a Maria che stava aspettando.
Mi sentivo in imbarazzo, non so se era per colpa di Fury che ci osservava o per il fatto che stavo per far sesso con una donna, per la prima volta nella mia vita.
Cercai quindi di trovare un escamotage: pensai che fosse Tony, forse così il mio amico sotto avrebbe funzionato.
Le sfiorai il viso iniziando poi a spogliarla piano.
Lei spogliò me con foga, sembrava quasi che il marito si interessasse poco di quel particolare dovere coniugale. La cosa mi faceva stare un po' meglio.
Una volta spogliata del tutto, l'avvicinai fino a sfiorare con il mio corpo ogni lembo di pelle del suo, stringendola per i glutei.
Gemette appena strusciando il basso ventre contro la mia erezione facendomi gemere.
Portò le labbra al mio orecchio e mi sussurrò:-scopami, è da mesi che aspetto un'occasione del genere.- e mi morse il lobo.
La sollevai buttandola sul letto e mettendomi su di lei:-quindi non te lo ha mai dato?- sperai che lui non ci sentisse.
-no, ci ha provato ma... non si eccita un gran che con le donne.- mi morse il labbro inferiore e terminò:-si diverte di più a guardare.-
Che cosa... perversa, pensai.
-fai piano, per favore.- la sentii aggiungere un po' timorosa.
-ti tratterò come si trattano le regine.- sorrisi guardandola negli occhi e scesi sul suo seno tormentandone i capezzoli turgidi tra i denti.
-oh... mmm...- mugolò l'attrice carezzandomi i capelli e scompigliandoli.
Scesi più in basso lasciando baci sul ventre, sull'ombelico.
La sentii ridere:-mi fai il solletico.-
Sorrisi:-chiedo scusa.-
-era piacevole.- mi carezzò le spalle.
Andai ancora più giù, tra le sue gambe, carezzandole il clitoride con la lingua.
-ahhh!- mi strinse le ciocche di capelli e si inarcò.
Era una bella donna, non quanto Nat anche se era molto più alta. Aveva un fisico ben fatto e una voce delicata e seducente. Tutto il contrario del bel corpo mascolino, muscoloso e sodo di Tony, della sua voce roca che gemeva oscenità eccitanti. Mugolai eccitato al solo pensiero della voce di Tony l'ultima volta che sono stato a casa sua, di come gemeva quando glielo maneggiavo con la lingua o quando lo cavalcavo, sentendolo duro dentro di me.

La penetrai con la lingua, sentendo che era già bagnata dei suoi umori, lei di sopra gemeva come non l'aveva mai fatta gemere il marito non propriamente etero ma neanche gay.
Al posto della lingua infilai piano un dito, affondando finché potevo, muovendolo delicatamente preparandola alla penetrazione.
Quando fui certo che non le avrei fatto male, mi tirai su ed entrai piano in lei che, d'istinto, strinse le gambe.
Era una sensazione che non avevo mai provato, era calda, stretta e umida ed invogliava a muoversi con forza, ma mi costrinsi a tornare sul pianeta Terra.
Le lasciai dei delicati baci sulla guancia pulita e rimasi fermo:-tutto ok?- le chiesi.
Lei annuì:-continua.-
-ok.- iniziai a muovermi piano, lei gemette stringendosi alle mie spalle, conficcandomi le unghie nella carne.
Aumentai la velocità delle spinte con la stessa velocità con cui i suoi gemiti si facevano più acuti.
Mi ero completamente dimenticato del marito che ci stava fissando, fino a che non si alzò di scatto togliendosi i pantaloni. Lo persi di vista qualche istante, ma poi capii le sue intenzioni quando sentii le sue mani sui miei glutei.
Mi penetrò in un colpo solo, trattenni un gemito di dolore mordendomi quasi a sangue le labbra.
-ora va meglio.- disse muovendosi e stabilendo lui il ritmo delle spinte di entrambi.
Dovevo ammettere che così, con Fury dentro di me, almeno avevo un ulteriore stimolo a portare a termine questo strano compito.
Maria gemette raggiungendo il piacere, stringendosi intorno al mio membro.
Non resistetti oltre e venni, inondandola del mio seme.
Il marito continuò a muoversi ancora per qualche minuto e poi con un grugnito raggiunse l'orgasmo.
Lo capii grazie al grugnito perché non sentii nessun liquido dentro di me.
Posai la testa distrutto, sul cuscino. Quando Fury tornò a sedersi sulla poltrona mi sdraiai sul letto cercando di riprendere il fiato.
Una busta mi cadde sul petto facendomi spaventare.
-questi sono 5000, gli altri 5 quando sapremo se è incinta o meno.- disse Fury sistemandosi la cintura dei pantaloni.
L'attrice si stava rimettendo il vestito.
-d'accordo.- mi alzai cercando i miei vestiti.
-ci faremo vivi noi.- e senza salutare o aggiungere altro se ne andarono lasciandomi solo.
Sbuffai, mi feci una doccia e poi, vestito, me ne tornai a casa a dormire nel mio bel lettuccio cercando di non pensare a quello che sarebbe successo il giorno seguente.

Gigolò - amore in venditaWhere stories live. Discover now