4 - Bandana e Invito

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«Evan Peters con quei capelli blu puffo, non si può vedere!» parlare di American Horror Story con Madison era esilarante. Ormai era lei a guidarmi in quel campus da circa una settimana.

«Ma che dici?! È meraviglioso anche con quei capelli!» sbottai io voltando immediatamente il capo verso di lei, con un'aria contrariata. La stavo accompagnando all'aula di Filologia Coreana poiché Madison aveva lezione mentre io avevo un'ora libera e l'avrei passata nella caffetteria dell'Università.

«Lo preferivo normale» borbottò facendomi una linguaccia. Alzai gli occhi al cielo prima di svoltare l'angolo. La sua aula era quella poco più avanti e non mi lasciai sfuggire la sua aria un po' annoiata dall'idea di dover passare due ore lì dentro.

«Ci vediamo dopo, M» la salutai con un bacio sulla guancia che lei ricambiò in fretta prima di dirigersi a passo svelto verso la porta. Sospirai annoiata all'idea di dover andare a studiare da sola, ma mi addentrai comunque in quel labirinto per arrivare in caffetteria.
Non potevo credere che fosse passato già poco più di una settimana dal trasloco; era tutto così strano. Forse la presenza di Madison al mio fianco mi aiutava a non pensare e a godermi questo cambiamento che non era stato poi così male. La vibrazione del mio cellulare mi fece fermare al centro di un corridoio, così lo afferrai per leggere un messaggio di mia madre.

Da "Madre":
Louis torna oggi, passa a prenderti lui a scuola.

Fredda, distaccata e diretta: questa era mia madre. Che donna. Risposi con un velocissimo e freddo "okay" ed immediatamente la figura di Louis balenò nella mia mente. Era tornato una settimana più tardi poiché il suo volo era saltato - Tanya non sembrava poi così triste ( avendo un figlio come lui...).
L'odore del caffè mi fece riprendere dai miei pensieri. La caffetteria era un luogo magico, di un'eleganza unica e ogni volta che entravo mi lasciava sempre a bocca aperta. Grandi vetrate davano la vista sul giardino del campus e la presenza di poltrone e divani dava l'impressione di essere in una casa di montagna.
Mi accomodai su uno dei divanetti accanto alla vetrata e poggiai sul tavolo il mio cellulare e il mio ipad dove segnavo i miei appunti. Tenerli tutti lì sopra era comodissimo, e potevo portarli con me ovunque.

«Ciao» mi salutò un ragazzo dai capelli castani che lavorava come cameriere. «Cosa ordini?» continuò con un sorriso cordiale sul volto. Il suo accento marcatissimo faceva intendere che non fosse americano.

«Un latte e caffè freddo e brownie, per favore» gli sorrisi di rimando mentre poggiavo il mio zaino per terra. Il ragazzo si allontanò velocemente andando subito alla cassa. Le sue spalle larghe e la sua bellezza mozzafiato lo facevano sembrare un modello della Calvin Klein. Possibile che in questa Università siano tutti fighi? Questo quesito continuava a vagare nella mia mente come se fosse una domanda esistenziale e, mentre facevo scorrere le mie pagine di appunti sull'ipad, mi accorsi di qualcuno che si era seduto di fronte a me solo quando mi calciò volontariamente la tibia. «Ahia!» esclamai sobbalzando e portando subito una mia mano sul punto dolente. Ma sono anche tutti matti qua dentro!

«Buongiorno anche a te, Aisha» i miei occhi schizzarono subito sulla figura dinnanzi a me. Non lo vedevo da una settimana; era partito con la squadra di basket a fare non so cosa ed erano tornati ieri. Sapevo queste informazione a causa di Mad che parlava sempre di Zayn, non per altro. O forse no.

«Questo giochetto è noioso» borbottai. Lui fece spallucce passandosi una mano tra i capelli ricci, poi dal nulla tirò fuori una bandana e se la mise tra i capelli usando il mio Ipad come specchio. «Ti hanno mai detto che sei un narcisista fuori di testa?»

«No, mai. Ma mi hanno detto tante altre cose» ridacchiò mettendo a posto il mio Ipad.

«Bene, aggiungilo alla lista delle 'altre cose' perché te lo dico io» mi fulminò con lo sguardo, ma venne subito interrotto dall'arrivo di qualcuno.

«Liam!» ovviamente lui conosceva tutti, era popolare, cosa mi aspettavo?

«Harry! Allora? Com'è andato il ritiro? Spero davvero voi siate carichi e non facciate fiasco come l'anno scorso» lo salutò entusiasta battendogli il cinque e un pugno. Parlarono per un po' di basket, delle partite di quest'anno e di una festa a casa di non so chi, non so dove, si salutarono ed il riccio tornò  puntare i suoi occhi verdi su di me.

«Dicevamo?»

«Che sei un coglione» risposi facendo una smorfia mentre afferravo metà del mio brownie.

«Bada a ciò che dici, elfo, tu non mi conosci» ribatté assumendo improvvisamente un'aria seria. Mi bloccai col dolce a mezz'aria a causa dello stupore provocato da quel suo cambiamento di umore. «Scherzo, raggio di sole! Un paio di giorni e mi amerai alla follia» esclamò con un sorriso sbarazzino mentre si agitava leggermente sul posto. Lo fulminai con lo sguardo dando un morso al mio brownie. Convinto lui...

«Sarà sicuramente così, stai tranquillo e sereno» risposi noncurante ancora con la bocca leggermente piena. I suoi occhi verdi si posarono nei miei rapendoli completamente, e quelle maledette fossette tornarono di nuovo in bella vista.

«Tu mi piaci, raggio di sole» disse mantenendo il suo sguardo nel mio. Mi si fermò il respiro a causa della sorpresa. Cosa voleva dire? In che senso? Perché aveva detto una cosa del genere? Cosa voleva da me?  «Sabato sera c'è una festa, dovresti davvero ven...»

«Odio le feste delle Università» mi ripresi immediatamente. Odiavo sul serio quelle feste, le trovavo di una bassezza unica e soprattutto non volevo addentrarmi in un contesto dove al minimo sbaglio, sarei stata additata per tutti i miei anni in università. Non me lo potevo permettere. «Preferisco i locali, sai com'è, c'è un concetto chiamato 'dignità' ma non sono sicura che tu lo conosca»

«Frecciatine odiose» lo sentii borbottare mentre si lasciava scappare un piccolo sbuffo. «Non ti facevo neanche una tipa da feste. Hai un po' quest'aria di ragazzina della High School» mi prese in giro. Allungò una mano per afferrare l'altra metà del brownie ma io gliela schiaffeggiai prontamente.

«Fermo tu! Brutto bamboccione» sbottai fulminandolo, ancora una volta, con lo sguardo. Non condividevo cibo con gli sconosciuti. Anzi, non condividevo cibo e basta.

«Bamboccione?» scoppiò a ridere piegandosi in due e tenendosi la pancia. Dal mio canto io lo guardavo battendo più volte le palpebre. Durerà ancora per molto? Ma non si affoga se ride così tanto? Però che cavolo, è così carino...

«Senti, mi hai rotto le scatole, perché non ritorni da dove sei venuto?» sbottai spazientita. Ero furiosa. Furiosa perché aveva interrotto la mia pausa, furiosa perché avevamo discusso, furiosa perché avrei dovuto studiare e furiosa perché era così maledettamente bello che mi faceva provare sensazioni strane.

«Oh andiamo, Audrey!» esclamò ricomponendosi ed aggiustandosi la bandana che gli era calata di poco sulla fronte. Afferrai l'altra metà del dolce per poi portarmelo alla bocca, non avevo più voglia di parlare. «Va bene, va bene. Sono venuto solo perché ti ho vista qui da sola e poi perché volevo che tu venissi alla festa di sabato. La notizia l'ho avuta poco fa, quindi sei una delle prime a saperlo; neanche Madison lo sa ancora» mi sorrise incrociando le sue mani sul tavolo, ed i miei occhi caddero proprio su di esse. Bellissime. Non potevo credere al fatto che, dopo una settimana, si ricordasse ancora di me e del mio nome. Ma cosa cazzo sto pensando?! Sciò pensieri ambigui.

«Non funzionano con me questi giochetti»

«Non sto facendo nessun giochetto, Audrey. Ci vediamo sabato alla festa, so che ci sarai!» esclamò facendomi un occhialino, poi si alzò e si allontanò dal tavolo uscendo dal locale lasciandomi lì impalata.

Limerence [h.s]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora